tag:blogger.com,1999:blog-86505727778462392252024-03-05T06:24:12.890+01:00Le ore dentro ai libriSu Le ore dentro ai libri potrai trovare recensioni di libri, dibattiti sulla letteratura e tanto amore per i libri.Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.comBlogger94125tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-10718393834603125752024-02-07T15:00:00.000+01:002024-02-07T15:00:00.342+01:00L'occasione sprecata della mostra su J. R. R. Tolkien<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5vLvSEGbfazumwVSzopm2x5TOr_EMR4FpRckAGHvryebIaPo3LPZP7hS5d3M5QSmlfm_lGdaqFLZg7TS0lT7p7EMVtQQt16pRF-d__GxDm65nuwj3ogiQ-CNqfEDna3VYN2-0iOLpYgqXh1LJvz9I9Q_-DI4NDB1iyhadOvaqbGx0F10JZu_hcMttrKYQ/s4032/IMG_0595_VSCO.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5vLvSEGbfazumwVSzopm2x5TOr_EMR4FpRckAGHvryebIaPo3LPZP7hS5d3M5QSmlfm_lGdaqFLZg7TS0lT7p7EMVtQQt16pRF-d__GxDm65nuwj3ogiQ-CNqfEDna3VYN2-0iOLpYgqXh1LJvz9I9Q_-DI4NDB1iyhadOvaqbGx0F10JZu_hcMttrKYQ/s16000/IMG_0595_VSCO.JPG" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">La storia della letteratura è piena di curiosità inspiegabili. Scrittori che vengono dimenticati perché il loro contributo è ritenuto poco rilevante nella storia culturale di un paese, altri che vengono fraintesi totalmente o interpretati sotto la lente sbagliata. Inspiegabile è anche il caso che riguarda J. R. R. Tolkien, scrittore, filologo, linguista inglese, padre di <i>Il signore degli anelli</i>, <i>Lo Hobbit</i> e una lunga serie di scritti sulla celebre Terra di Mezzo. Quando si tratta di Tolkien i discorsi si fanno un po’ complicati. La sua stessa figura di uomo e scrittore ci mette di fronte a questioni che intersecano la vita con la letteratura, se siamo in grado di cogliere queste sfumature. Tuttavia, <b>quando si parla di Tolkien in Italia il discorso si complica</b> ulteriormente e la letteratura viene messa quasi del tutto da parte. </div><div class="separator" style="clear: both;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Qualche settimana fa, infatti, sono stata alla mostra <b>“Tolkien. Uomo. Professore. Autore”</b> allestita alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (GNAM) di Roma, ovvero l’esempio lampante del <b>complicato rapporto che il nostro paese ha con l’autore</b> e della ormai lunga, lunghissima strumentalizzazione che una parte politica ne ha fatto dagli anni settanta a oggi. Per quel che mi riguarda, la mostra <b>presenta due problematicità molto gravi</b> che dimostrano non solo l’incapacità italiana (e dell’attuale governo) di allestire un’esposizione che tratta di letteratura, ma anche un ripetuto e perseverante sfruttamento ormai ben noto di Tolkien da parte di un ramo della nostra politica.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Partiamo dall’inizio, ignorando per un istante la direzione ideologica che si è voluto far prendere volutamente a questa mostra (costata 250.000 euro di fondi pubblici). La prima difficoltà è <b>l’effetto stordente delle sale espositive</b>, forse dovuto anche all’organizzazione concettuale della Galleria Nazionale. Le opere fisse esposte alla GNAM si adattano perfettamente alla concezione delle sale, le quali non hanno un vero e proprio percorso prestabilito e offrono un’esperienza museale totalmente diversa e contemporanea, per l’appunto, rispetto a un museo tradizionale. Tuttavia, le mostre temporanee non si adattano con la stessa facilità agli spazi espositivi perché spesso richiedono un percorso tracciato e chiaro per comprendere concettualmente ciò che viene esposto. Sfortunatamente, gli spazi espositivi della GNAM non consentono del tutto un’esperienza del genere.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Al di là della difficoltà, mi rendo conto probabilmente soggettiva, nel concepire una mostra temporanea alla Galleria Nazionale, mi appoggio alle parole di Wu Ming per cercare di capire perché la mostra non funziona. <b>Alla mostra manca un allestitore</b>. Questa raccoglie, infatti, una serie di oggetti soprattutto letterari, che sembrano essere messi lì per puro caso. Raccolte di cimeli, libri da collezione, quadri, illustrazioni e giochi (perché sì, c’è una sala dedicata al “fenomeno pop” de <i>Il signore degli anelli</i>) privi di un contesto, di una spiegazione e tantomeno di senso. <b>Le sezioni che costituiscono la mostra</b> (quelle del titolo altisonante “Uomo. Professore. Autore.”) <b>sono piuttosto sbilanciate</b> e non hanno a che vedere molto con le premesse della mostra stessa.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPr6oQ09C4H2Qto9WqJeE-79f7Q-Z7tlXhE-DDNU2uLz7cJh3FRW8cMi6SG8qnZbloVXCIpLx3_EsQbnDi-U9R7zo7AK2DzXTeGvqCuPX2rxeE8rlWh1NI7_A4zhwnRDd7mea2MvsuqbWw_ciGr_XOQVMVbhQLcfa2unO9olWetDDTuP-sq8HJ2ObhnEhv/s4032/IMG_0596_VSCO.JPG" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPr6oQ09C4H2Qto9WqJeE-79f7Q-Z7tlXhE-DDNU2uLz7cJh3FRW8cMi6SG8qnZbloVXCIpLx3_EsQbnDi-U9R7zo7AK2DzXTeGvqCuPX2rxeE8rlWh1NI7_A4zhwnRDd7mea2MvsuqbWw_ciGr_XOQVMVbhQLcfa2unO9olWetDDTuP-sq8HJ2ObhnEhv/w300-h400/IMG_0596_VSCO.JPG" width="300" /></a></div>Non si percepisce una cura dedicata all’approfondimento di parti che dovrebbero essere fondamentali</b>: lo studio filologico di Tolkien sulle lingue nella sezione “professore”, oltre ad essere stato oggetto di revisioni dopo l’inaugurazione, è quasi assente. La sezione si compone di una carrellata di ritratti degli amici letterari di Tolkien (e anche qui, ce ne sarebbe da dire, ma me lo lascio per dopo), e della scrivania di Tolkien, relegata in una saletta poco illuminata. <b>Qual è il senso di esporre tutte le traduzioni delle opere di Tolkien e le primissime edizioni nella sezione “autore” se poi non viene spiegato nemmeno un po’ la genesi creativa dei suoi scritti più famosi?</b> La mostra, in sintesi, è organizzata male e, come afferma Alessia De Antoniis su Exibart, è priva di una vera strategia espositiva.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Arriviamo, così, al secondo dato problematico di questa mostra. <b>L’incapacità di creare un allestimento che possa chiamarsi tale è dovuta anche alla direzione ideologica che gli organizzatori hanno voluto far prendere alla mostra su Tolkien</b>. Perché è indubbio che il dato su cui ci si è voluti soffermare è quello biografico, un dato che veicola una serie di messaggi cari a una specifica parte politica del nostro paese da più di quarant’anni. Non a caso, la prima sezione presa dal titolo della mostra (quella dedicata all’”Uomo Tolkien”) è la più sviluppata e dettagliata se messa a confronto con le altre due.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Questo dato cozza con <b>le parole del ministro Sangiuliano</b>, che nei confronti della mostra parla del valore “dell’alta letteratura mondiale” (qualsiasi cosa questo significhi…) e del “messaggio metafisico e universale di Tolkien”. La mostra, tuttavia, non mette in risalto niente di tutto ciò, perché di letteratura e di messaggi metafisici non c’è traccia. <b>La mostra si ferma al mero dato biografico e lo rigira a favore del messaggio che si è voluto veicolare</b>, ovvero che Tolkien sia stato fondamentalmente un buon cristiano, un buon padre ma soprattutto un devoto figlio di Dio. Non è un caso, temo, che nella prima sezione si parli quasi esclusivamente del <b>rapporto di Tolkien e della madre con il cattolicesimo</b>, e che nella seconda l’unico dato letterario che poteva essere veicolato, ovvero quello del rapporto con C. S. Lewis sia stato ridotto alla conversione al cattolicesimo di quest’ultimo tramite Tolkien.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">Nessuno mette in dubbio la profonda religiosità dell’autore, ma ritengo che esaltare il suo rapporto con la fede cattolica e la fatica di scontrarsi con il mondo brutto e cattivo dell’anglicanesimo sia una decisione che <b>rende la figura di Tolkien monolitica</b>. Come se la sua vita privata fosse legata in modo intrinseco alle sue opere e queste fossero solo il risultato della sua persona. <b>Il rischio di fermarsi al mero dato biografico è che la letteratura sparisce</b>, così come è sparita nella mostra. In più, associare in maniera unidirezionale e netta la biografia di un autore alla sua opera è l’azione più errata che si possa fare da un punto di vista critico-letterario.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVqIOn3datCIjuZlVQ6pVoa2TlwyAR3kq3SkWZsOw7pgeQ6f9-xVh7Cfg6kS53jAbGcQj_uhtjKw6nMKOw-d0fiJ4ppDk20s3xGbKBfy5ERlLN1JNg95Ep2F46_so2i4tkI1vXoEDIRYisdldBu_Xvfc88Ur7aGIECOf_lPmwwKTIXmdZrm0uZIFYlI0l3/s4032/IMG_0597_VSCO.JPG" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVqIOn3datCIjuZlVQ6pVoa2TlwyAR3kq3SkWZsOw7pgeQ6f9-xVh7Cfg6kS53jAbGcQj_uhtjKw6nMKOw-d0fiJ4ppDk20s3xGbKBfy5ERlLN1JNg95Ep2F46_so2i4tkI1vXoEDIRYisdldBu_Xvfc88Ur7aGIECOf_lPmwwKTIXmdZrm0uZIFYlI0l3/w300-h400/IMG_0597_VSCO.JPG" width="300" /></a></div>Questo è il risultato di una strumentalizzazione sistematica della destra italiana nei confronti di Tolkien</b> che è, forse, l’autore più usato e abusato a livello ideologico dalla politica. Dagli anni settanta la destra se ne è appropriata elevandolo a baluardo del conservatorismo, della tradizione e della religione cattolica. Senza ombra di dubbio Tolkien non è mai stato un progressista, anzi. Wu Ming e molti altri studiosi dell’autore (perché a loro bisognerebbe chiedere pareri) lo confermano. <b>Tuttavia, associare il conservatorismo di Tolkien all’opera e creare dei parallelismi diretti senza il contraddittorio del testo di cui si parla ha lo stesso valore di studiare l’opera solo attraverso la biografia</b>. In questo senso, l’analisi di Wu Ming è illuminante. I simboli rappresentati da Tolkien sono letti dalla destra in modo a-storico, privati cioè del loro contesto storico e narrativo ed elevati a valori universali e immutabili. Il simbolo, tuttavia, ha la capacità come tale di adattarsi al contesto storico e narrativo nel quale viene inserito e deve essere letto e interpretato di conseguenza. Non solo dal punto di vista storico, ma anche e soprattutto da quello narrativo.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">La direzione politica di questa mostra è chiara ed è resa tale anche dai contributi che le sono stati dati. Non c’è traccia dell’AIST (Associazione Italiana di Studi Tolkeniani), che da anni svolge un lavoro eccellente nella diffusione critica più affidabile possibile dell’opera di Tolkien. Non c’è traccia di studiosi di letteratura che per decenni hanno scritto e parlato di Tolkien (Piero Boitani e Loredana Lipperini sono due esempi, ma la lista è davvero lunga). Gli unici contributi che ci sono, dall’organizzazione, al mancato allestimento passando per gli interventi scritti sul catalogo mostrano chiaramente la formazione di chi ha partecipato. Quasi tutti individui politicamente e culturalmente schierati a destra se non oltre.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">La cura dedicata a questa mostra è, in sintesi, alquanto scarsa. Non c’è traccia di ciò che il ministro della cultura ha decantato presentando l’allestimento nei mesi scorsi; <b>non c’è traccia di letteratura né tantomeno viene data un'immagine completa di Tolkien</b>. La mostra “Tolkien. Uomo. Professore. Autore.” è stata la dimostrazione che anche quando si tratta di cultura in Italia non si riesca a creare un allestimento che mostri criticamente il soggetto messo sotto analisi. <b>Un’occasione sprecata di mettere su una mostra dedicata alla letteratura</b> (sì, lo so, sono una sognatrice e un’illusa) e tanti, tantissimi soldi spesi per accontentare fondamentalmente una fetta di pubblico molto precisa. Tolkien e noi lettrici e lettori meritiamo altro.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both;"><b>Riferimenti:</b></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://www.exibart.com/politica-e-opinioni/i-pericoli-dellingerenza-politica-sugli-intellettuali-della-storia-il-caso-della-mostra-di-tolkien-a-roma/" target="_blank">Alessia De Antoniis, I pericoli dell’ingerenza politica sugli intellettuali della storia: il caso della mostra di Tolkien a Roma</a></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://www.wired.it/article/tolkien-mostra-roma-2023-galleria-nazionale-date-recensione/" target="_blank">Daniele Biaggi, Siamo stati alla mostra su J.R.R. Tolkien alla Galleria Nazionale di Roma</a></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://insideart.eu/2023/11/15/la-galleria-nazionale-diventa-la-terra-di-mezzo-dellimmaginario-fantasy-di-tolkien/" target="_blank">Giulia Isola, La Galleria Nazionale diventa la Terra di Mezzo dell’immaginario fantasy di Tolkien</a></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://www.politico.eu/article/inside-giorgia-meloni-hobbit-fantasy-world-lord-of-the-rings-fratelli-italia-brothers-italy-politics/" target="_blank">Hannah Roberts, nside Giorgia Meloni’s Hobbit fantasy world</a></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://www.wired.it/article/tolkien-meloni-scrittore-destra-italiana/" target="_blank">Paolo Mossetti, Perché la destra italiana ha fatto di Tolkien il suo scrittore preferito</a></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://www.wumingfoundation.com/giap/2023/11/mostra-tolkien-2/" target="_blank">Wu Ming, La mostra di Sangiuliano e il Tolkien “né-né” de noantri</a></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://www.wumingfoundation.com/giap/2023/11/mostra-tolkien/" target="_blank">Wu Ming, Tolkien, i mostri e la mostra di Sangiuliano</a></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://soundcloud.com/wumingfoundation/wu-ming-4-le-grinfie-dei" target="_blank">Wu Ming 4, Le grinfie dei fascisti italiani su Tolkien</a></div></div></div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-87957742532933371672024-01-20T20:34:00.001+01:002024-01-20T20:35:08.892+01:00Time’s a goon, right? "Il tempo è un bastardo" di Jennifer Egan<div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHbjuB-p6BXycR3Wb6ZQ2ub1cZd8oca3i5b7EjZcOg5_5LIkZrL1iuYpCMP_6mSdimYM_jlly0Il8RBCJWSE3ZB_gQZ_SsyTnfHuauviapRDEH2PHA-qYHAjd3R5aA8uGZrokZxyltHvrYG8ABpIG0wef_uqeFH0uCSEFmRJajCTIE4aiu212KI7gTKCbh/s4032/948F8FA9-57FC-4961-B762-CCE9561D2E9F.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHbjuB-p6BXycR3Wb6ZQ2ub1cZd8oca3i5b7EjZcOg5_5LIkZrL1iuYpCMP_6mSdimYM_jlly0Il8RBCJWSE3ZB_gQZ_SsyTnfHuauviapRDEH2PHA-qYHAjd3R5aA8uGZrokZxyltHvrYG8ABpIG0wef_uqeFH0uCSEFmRJajCTIE4aiu212KI7gTKCbh/s16000/948F8FA9-57FC-4961-B762-CCE9561D2E9F.JPG" /></a></div><b>Recensione pubblicata sul <a href="https://centrostudiamericani.org/times-a-goon-right-il-tempo-e-un-bastardo-di-jennifer-egan/" target="_blank">sito del Centro Studi Americani</a> per il Bright Lights Bookclub.</b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Esistono universi narrativi inaspettati nei quali i personaggi appaiono nei modi più bizzarri con le loro ossessioni e paure. Mondi in cui la narrazione viene affidata a voci esterne, non del tutto identificate e che hanno, tuttavia, un potere enorme sulla storia che viene raccontata. Questi universi vengono maneggiati da autori di un certo calibro, che non hanno paura a sperimentare con la letteratura. Jennifer Egan è tra questi e <i>Il tempo è un bastardo</i> ne è la prova.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Strutturato come <b>un romanzo frammentario</b>, uno short story cycle in cui storie apparentemente indipendenti creano un flusso di continuità percepibile tra le righe, <i>Il tempo è un bastardo</i> si inserisce in una linea di storie tipiche del nuovo millennio. Personaggi alla deriva, narrazioni che richiamano il <b>postmoderno</b> e, allo stesso tempo, se ne fanno gioco, disturbi che prendono il sopravvento e storie bizzarre incorniciate dagli Stati Uniti più crudeli di sempre.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">I personaggi che abitano le storie di Egan sono <b>individui alla deriva, disturbati da ossessioni che non permettono loro di vivere il presente</b> perché troppo concentrati sul proprio passato o su un futuro la cui realizzazione fa paura e paralizza. <b>Sasha e Bennie sono personaggi centrali</b> nella maggior parte delle storie e sembrano essere il perno su cui gira il resto dei capitoli non dedicati direttamente a loro. Anche se non presenti in prima persona, i legami e le relazioni che gli altri personaggi intessono con loro nel passato, nel presente o nel futuro è così forte da tenere tutto legato da un filo invisibile molto sottile. Sono questi stessi personaggi che, attraverso narrazioni inaspettate, prendono la parola e danno voce al loro sbando.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><p style="text-align: left;"><span style="text-align: justify;"></span></p><blockquote><p style="text-align: left;"><span style="text-align: justify;">Stephanie lo sapeva. Le sembrava quasi di sentire lo scroscio della speranza che fluiva nel fratello. «E quindi la risposta qual è?» gli chiese.</span></p><p style="text-align: left;"><span style="text-align: justify;">«Certo, sta per finire tutto,» disse Jules «ma non ancora.»</span></p></blockquote><p style="text-align: left;"><span style="text-align: justify;"></span></p></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Si tratta, però, di <b>un’intera generazione priva di prospettive</b> e incapace di guardare al di là dei propri mostri, incapace anche solo di ammettere le proprie debolezze. Le reazioni sono svariate e diversificate. Bennie si rifugia nel lavoro, guarda coloro che una volta erano stati i propri amici (come nel caso di Scotty) con una distanza non solo sociale ma anche emotiva. Sasha scappa da casa e si rifugia in una Napoli pittoresca, dove pensa che nemmeno la sua famiglia la troverà. Il caso vuole che sia Ted Hollander a trovarla, lo zio e l’unico membro del suo nucleo familiare che non la cerca davvero. Tuttavia, le sue ossessioni non la lasceranno mai in pace davvero, perché è proprio con lei e la sua cleptomania che si apre il romanzo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Egan sembra non lasciare scampo a nessuno. <b>Uno spiraglio compare solo con le nuove generazioni</b> che animano frammentariamente questo romanzo. Capaci, forse, di adattarsi al mondo con nuovi strumenti, Ally, Lincoln, Charlene e Lulu sembrano essere gli unici personaggi ad emergere vittoriosi. Tuttavia, non è la vittoria che i loro genitori o noi lettori ci aspetteremmo: Ally riesce a raccontarsi davvero attraverso una sezione narrata sotto forma di <b>presentazione Power Point</b>; Lincoln è l’unico personaggio a dare voce e importanza ai <b>silenzi</b>, creando così un legame invisibile a livello strutturale tra le sezioni dei romanzi; Charlene parla, si esprime e racconta <b>una verità scomoda e tragica</b> che nessuno sembra voler ammettere se non in punto di morte; Lulu, infine, sembra essere l’unica capace ad ascoltare davvero.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Molti dei personaggi rincorrono ossessivamente i loro sogni, non si rendono conto del tempo che passa sotto i loro occhi perché troppo concentrati su quelli che l’autrice definisce <b>veri e propri “goons”: bastardi, scagnozzi criminali come il tempo infimo e silenzioso che deruba i personaggi della loro giovinezza</b> e innocenza, lasciandoli in una spirale di infinita insoddisfazione.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><blockquote style="border: none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px;"><div><div style="text-align: left;"><blockquote style="text-align: justify;">Riempimi la vita di roba. Documentiamo ogni cazzo di umiliazione. Perché in fondo la realtà è questa, no? In vent’anni non diventi più bello, specie se nel frattempo ti hanno tolto metà dell’intestino. Il tempo è un bastardo, giusto? Non si dice così?</blockquote></div></div></blockquote><div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il romanzo si intesse così sulle fila del tempo che scorre, passa e non risparmia nessuno. <b>La musica, in questo senso, è il legante e la rappresentazione di come le cose possano cambiare e rovinarsi</b> senza che nessuno se ne accorga. È il ritratto di un’America che non ce la fa, anche quando il romanzo si chiude su una visione di riconciliazione apocalittica in cui New York è condannata dal cambiamento climatico. La musica diventa l’unità di misura per la perdita di innocenza e dell’illusione giovanile dei protagonisti, dall’industria musicale di Bennie alla ripresa improvvisa e bizzarra nel finale che chiude circolarmente il romanzo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In questo modo si crea <b>un senso di unità</b> non solo tra i capitoli del romanzo ma nell’intero universo narrativo. Tuttavia, è una continuità che viene costantemente messa in discussione. Le sezioni sono narrate in modo diverso, ci sono piani esistenziali inaspettati (come la sezione di Rob e la sua tragica fine), forme diverse come il capitolo del Power Point che sfidano la stessa definizione di narrazione. L’ironia che pervade le storie raccontate in <i>Il tempo è un bastardo</i> rende paradossalmente tutto meno definitivo. I racconti di instabilità rimangono tali: non crollano, non decollano, non mutano più di tanto. Una fine dolce amara.</div></div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-2308139938227667102023-02-16T13:30:00.014+01:002023-02-16T13:30:00.172+01:00L'ossessione della verità. "La versione della cameriera" di Daniel Woodrell<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0ASYCyZzxUKvyBjwaWwS4scsW0h2FYbJWic5tWIwGjCnxCXvqdIWUCcFLzAccupwQ1dVDcaB0uhCHB3ZPG-X7x_bBJmnk3uikH5mKIdZgqu_szu9aozEtcROQqr35jdCf7TRSMdQ3cFC6yuPZwoUouzXIKpGcEa4LiuQyDO7q9M23VyrUf7GuCucFhg/s4032/A4655BD2-48E5-4022-9163-F10DF5ACEBC1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0ASYCyZzxUKvyBjwaWwS4scsW0h2FYbJWic5tWIwGjCnxCXvqdIWUCcFLzAccupwQ1dVDcaB0uhCHB3ZPG-X7x_bBJmnk3uikH5mKIdZgqu_szu9aozEtcROQqr35jdCf7TRSMdQ3cFC6yuPZwoUouzXIKpGcEa4LiuQyDO7q9M23VyrUf7GuCucFhg/s16000/A4655BD2-48E5-4022-9163-F10DF5ACEBC1.jpg" /></a></div><p style="text-align: justify;">Alek ha dodici anni e si ritrova a passare l'estate del 1965 in compagnia di sua nonna Alma. Alma non è una figura facile da comprendere, ha lunghi capelli grigi che spazzola con ossessione ogni mattina all'alba e fa voti di mutismo per giorni per poi ricominciare a parlare come nulla fosse. Inoltre <b>nasconde, fino a quell'estate, un passato che la tormenta ancora</b>. Un pomeriggio, con l'arrivo quasi provvidenziale di un temporale, Alma inizia a raccontare al nipote la storia che la tortura da ormai oltre trent'anni. Si tratta dell'<b>esplosione dell'Arbor Dance Hall</b> avvenuta nel 1929 in cui perse la vita, oltre alle tante vittime, anche l'amata sorella Ruby.</p><p style="text-align: justify;"><i><br /></i></p><p style="text-align: justify;"><i>La versione della cameriera </i>si apre proprio con il racconto di Alek ormai adulto, che ricorda quel pomeriggio in cui la nonna decide di raccontargli la storia dell'Arbor Dance Hall. Non c'è molto spazio per l'interpretazione dei fatti: <b>la storia dell'esplosione viene liquidata in qualche pagina all'inizio del romanzo</b>, riassunta nei pochi attimi che hanno cambiato per sempre la fittizia cittadina di West Table, in Missouri. Cosa resta dell'esplosione? Sebbene questa storia possa sembrare esaurita nelle prime pagine del libro, <b>il mistero rimane fissato al centro del romanzo</b> dall'inizio alla fine. Silenzioso e calmo come l'occhio del ciclone, il mistero intorno all'esplosione è circondato da testimonianze, racconti sconnessi e ricordi che, come un tornado, scompongono ulteriormente la realtà dei fatti quasi finendo per distruggerla. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">I fatti sono lì, depositati nella memoria dei cittadini di West Table, di Alma ed ereditati da Alek quell'estate del 1965. Definito forse un po' impropriamente <i>southern noir</i>, <i>La versione della cameriera </i>porta con sé ben poco di quelle caratteristiche che hanno reso celebre il romanzo del mistero del sud (e l'ambivalenza del Missouri come stato a metà tra il nord e il sud non aiuta la classificazione), come la stessa centralità di un mistero da risolvere. Infatti, ciò che sconquassa gli eventi e diventa centrale in questo romanzo non è tanto il mistero in sé quanto <b>l'esplorazione della psicologia di un trauma collettivo</b>, ma non solo. Sono le storie che vengono ricucite dal racconto di Alma e dalla rivisitazione di un Alek ormai adulto che mettono insieme i pezzi del romanzo.</p><p style="text-align: justify;"><b><br /></b></p><p style="text-align: justify;"><b>La struttura narrativa del romanzo</b> permette di leggere, così, una storia che viene raccontata su diversi piani: quello di Alma verso Alek, Alek dodicenne che assorbe e filtra il racconto dell'esplosione, e un Alek adulto che aggiunge dettagli sul lascito degli eventi del 1929 sulla cittadina. Ciò che, forse, rende la narrazione <b>un po' confusionaria</b> è un ulteriore livello che non sembra avere giustificazione nella storia, ovvero l'inclusione di eventi raccontati e filtrati da personaggi esterni ai due narratori principali. Sebbene venga ribadito più volte che Alek sia il narratore principale e che sia dalla sua coscienza di membro esterno ai fatti che gli eventi dell'esplosione vengono filtrati, ci vengono raccontati fatti di cui lui verosimilmente non potrebbe essere a conoscenza. Fatti che non solo riguardano altri personaggi ma che vengono proprio focalizzati da loro stessi con una narrazione in terza persona. C'è Ruby, che racconta delle sue avventure amorose ai limiti della legalità per l'epoca; c'è Arthur Glencross, una delle figure più rilevanti della cittadina, al quale vengono affidate delle piccole confessioni che confluiranno nella rivelazione finale, ormai quasi irrilevante ai fini del romanzo che l'autore costruisce. Chi è che quindi filtra tutti questi dettagli aggiuntivi?</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">La confusione, per quanto presente per una buona metà del romanzo, non toglie troppo alla costruzione di suspense e del groviglio di testimonianze che si viene a creare - anche a causa o grazie alla confusione -. <b>L'ossessione di Alma diventa quella di chi legge</b>, ma non tanto per quel che riguarda cosa sia successo realmente la sera dell'esplosione e a chi darne la responsabilità, quanto per una questione di <b>giustizia sociale </b>anche più grande dell'esplosione stessa.</p><p style="text-align: justify;"><i><br /></i></p><p style="text-align: justify;"><i>La versione della cameriera</i>, infatti, crea un'intersezione interessante tra le storie dei suoi personaggi e la loro posizione sociale nel piccolo microcosmo di West Table. Come è stato già più volte sottolineato da chi ha scritto di questo romanzo, c'è uno scontro alla base dell'ossessione di Alma per l'esplosione, ovvero quello tra le ingiustizie di chi non ha i mezzi per difendere sé stessi e i propri pari e la corruzione di un sistema che li mette ai margini, favorendo coloro che per soldi e fama possono avere la faccia salvata. <b>Lo scontro, tuttavia, si sviluppa anche in modo positivo</b>, facendo emergere non solo una compassione nei confronti di una donna ormai anziana e, nonostante tutto, determinata ad avere giustizia. Allo stesso tempo, grazie alla negatività delle ingiustizie sociali, emerge timidamente una parte positiva, <b>fatta di una gentilezza fuori dall'ordinario che non conosce differenze sociali</b>.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">È da questo bagliore di positività che vengono costruite le basi per poter raccontare nuovamente la storia dell'esplosione dell'Arbor Dance Hall. Sebbene siano passati decenni e la comunità sembri essere guarita da un trauma collettivo incalcolabile, coloro che rimangono ad ascoltare la storia e sé stessi non vengono risparmiati di quel dolore, anche a distanza di anni. L'angelo nero di West Table gli ricorda non solo l'anno dell'esplosione, ma che la verità sarà sempre lì, pronta per essere ascoltata. Con la rivelazione finale, infatti, la storia di Alma, di West Table e dell'esplosione non si esaurisce. Rimarrà lì, per chi avrà voglia di ascoltarla.</p>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.496365513.592549663821153 -22.6598845 70.213017336178837 47.652615499999996tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-31353624502167063192023-01-25T14:14:00.000+01:002023-01-25T14:14:00.158+01:00Le ore con Virginia. Un progetto di lettura<div style="text-align: justify;">Se c’è un’autrice che ha sempre ronzato nei miei scaffali da quando ero al liceo è proprio <b>Virginia Woolf</b>. Anche se è sempre stata lì, un po’ per influenze genitoriali, un po’ per una riservata e timida ammirazione che mai all’epoca si è tramutata in una lettura effettiva, il primo vero avvicinamento a Virginia Woolf è stato all’università. Da quando lessi <i>La signora Dalloway</i> ho capito che, sebbene ci fosse qualcosa che non rispondesse sempre ai miei gusti letterari, Virginia poteva far parte dei miei autori preferiti. Sarà il tipo di narrazione che chiama al modernismo più puro, sarà la sperimentazione, saranno i personaggi tormentati che fanno di tutto pur di trattenere a sé la vita fino all’ultimo – come Virginia Woolf stessa, d’altronde -, sarà la letterarietà che pervade le sue pagine.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimwAGqNd_RKXpXglQTjJPZmlVY1O6GFcANON1lDt-s5-qk-sA3zXMcGI4gf7LxsYnc2BussHWdGw9khQXaHpT15wjEoidRIIzb60owSfpW5lGGYKHOUjjG_-l_vIMw-GG4NksgGlyNkXlmhuXP0v0nM2Wqz9f_uDXccd1IU7QJ41lJbae7IyVt6-9ncg/s4032/F5480ACE-F801-4573-981D-0AF70EA1B68F.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimwAGqNd_RKXpXglQTjJPZmlVY1O6GFcANON1lDt-s5-qk-sA3zXMcGI4gf7LxsYnc2BussHWdGw9khQXaHpT15wjEoidRIIzb60owSfpW5lGGYKHOUjjG_-l_vIMw-GG4NksgGlyNkXlmhuXP0v0nM2Wqz9f_uDXccd1IU7QJ41lJbae7IyVt6-9ncg/s16000/F5480ACE-F801-4573-981D-0AF70EA1B68F.JPG" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div><div style="text-align: justify;">È per tutti questi sarà che sono anni che vorrei approfondire la lettura di romanzi e saggi nei miei spazi online. Finalmente, dopo aver trovato il tempo e il modo di farlo a mio modo, ti presento <b>Le ore con Virginia</b>, un breve percorso di lettura condivisa con approfondimenti. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Dal <b>25 gennaio al 28 marzo 2023</b> (data di nascita e di morte della scrittrice) leggerò insieme a chi si vorrà unire due libri, <i>Una stanza tutta per sé</i> e <i>Orlando</i>. La scelta è stata dettata dalla necessità di trovare due testi che rappresentassero in tutto quello che Virginia Woolf rappresenta oggi e sempre ha rappresentato. Un femminismo mai del tutto nascosto ma inserito consapevolmente tra le pagine di ciò che scriveva e che ancora oggi parla a tutte e tutti noi. Ma non solo. <i>Una stanza tutta per sé</i> è un saggio profondamente politico e allo stesso tempo letterario. <i>Orlando</i> è una dichiarazione d’amore audace verso l’amante donna e verso l’immortalità della letteratura.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In questi due mesi di letture vi proporrò contenuti di approfondimento e consigli di lettura alla portata di tutti, niente di troppo accademico ma necessario per comprendere questi due testi. I <b>contenuti aggiuntivi</b> comprenderanno anche letture dai diari della scrittrice riguardo il processo creativo dei due testi e scritti da parte di coloro che hanno vissuto Virginia Woolf da fuori, come il marito Leonard Woolf (un testo imprescindibile è <i>La mia vita con Virginia</i> pubblicato in Italia da Lindau).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Oltre ai contenuti di approfondimento ci ritroveremo su <b>Instagram con due dirette</b> in cui vi aggiornerò sulle letture principali e quelle più critiche. La prima data è fissata al <b>14 febbraio</b> in cui parleremo di <i>Una stanza tutta per sé</i>. La seconda data, invece, è il<b> 7 marzo</b> durante la quale affronteremo <i>Orlando</i>.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Un romanzo e un saggio per conoscere più approfonditamente una delle autrici più grandi del 1900. Se leggerete insieme a me fatemelo sapere e seguite l’hashtag <b>#leoreconVirginia</b> su Instagram per rimanere aggiornati.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Buona lettura!</div></div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.4963655-8.4396743591908887 -57.816134500000004 90 82.8088655tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-38254553958791615012022-12-27T12:30:00.006+01:002022-12-27T12:30:00.158+01:00Il regalo di Faulkner con "Luce d'agosto"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8T_FxBanWFIwVouj9HhMC6aEx5Sz2-RYMDrBeKbTgGvrvyOj68inUQ9vETuWMC5aZlncYmp-dikaggULzGMn2n4jRwYw-oISRce2JOza_bQxOvMPHvmcK3LSGOriBJVtp7vYOZ5S1vpvvY-cVkHSv-PkBE2XBQFUPQhg-oI2Z4N-JWT-rk-SUVF94ww/s4032/EB39E166-9351-4DF6-9860-52731A051695.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8T_FxBanWFIwVouj9HhMC6aEx5Sz2-RYMDrBeKbTgGvrvyOj68inUQ9vETuWMC5aZlncYmp-dikaggULzGMn2n4jRwYw-oISRce2JOza_bQxOvMPHvmcK3LSGOriBJVtp7vYOZ5S1vpvvY-cVkHSv-PkBE2XBQFUPQhg-oI2Z4N-JWT-rk-SUVF94ww/s16000/EB39E166-9351-4DF6-9860-52731A051695.JPG" /></a></div><br /><p> </p><blockquote style="text-align: justify;">Seduta sul bordo della strada, guardando il carro che viene su per la salita verso di lei, Lena pensa, 'Arrivata fino a qui dall'Alabama: una bella distanza. Tutto a piedi fin dall'Alabama. Una bella distanza'. Pensando non è neanche un mese che sono in viaggio e sono già in Mississippi, più distante da casa di quanto sono mai stata. Ora sono più distante dalla segheria di Doane di quanto sono mai stata da quando avevo dodici anni</blockquote><p> </p><p></p><p style="text-align: justify;">Ambientato nella fittizia contea di Yoknapatawpha, Luce d’agosto si apre con un viaggio dove il Mississippi, luogo preferito da Faulkner per ambientare le sue storie, sembra essere solo una stazione di passaggio piuttosto di quella di arrivo. Pubblicato nel 1932, il romanzo è uno dei grandi titoli dell’autore sebbene ricordi solo in parte le grandi e complicate narrazioni dei due romanzi precedenti, <i>Mentre morivo</i> (1930) e il più celebre <i>L’urlo e il furore</i> (1929). Con la seconda lettura dell’anno, il <b>Bright Lights Bookclub</b> si avventura in uno spazio non denominato con precisione né temporalmente collocato con esattezza, tra le casupole fatiscenti di contadini, pastori, e liberi cittadini di Jefferson, capoluogo della contea di Yoknapatawpha.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il romanzo, narrato in una terza persona da cui spesso si affacciano commenti diretti degli stessi personaggi, si apre con Lena Grove, una giovane ragazza incinta con una missione ben precisa: trovare un tale Lucas Burch, uomo di cui è innamorata e padre della creatura che porta in grembo. Nel “caldo, immobile silenzio del pomeriggio di agosto che sa di pino e di mosto” (15) Lena affronta con tenacia e coraggio un viaggio che si prospetta faticoso, non solo per via della percorrenza tra gli stati, ma anche a causa della sua permanenza a Jefferson. Una volta giunti in città, infatti, il lettore viene posto di fronte a una verità narrata attraverso le timide parole di Byron Bunch, che lavora alla segheria della città insieme a quello che sembra essere proprio Burch sotto un altro nome.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>La narrazione cambia di continuo punto di riferimento</b>, tornando a Lena solo nelle parti finali. Luce d’agosto è infatti un romanzo piuttosto corale da questo punto di vista, poiché cede la narrazione degli eventi, presentati solo parzialmente, a più voci e, soprattutto a occhi diversi. Veniamo così a conoscenza del passato tormentato del reverendo Hightower e della moglie adultera e poi suicida, ma soprattutto di <b>uno dei personaggi forse meglio riusciti della narrativa faulkneriana</b>. Si tratta di Joe Christmas, un uomo la cui origine è un mistero, la cui discendenza di sangue – e quindi razziale, – è in bilico tra ciò che in quel sud degli Stati Uniti provato dalle leggi segregazioniste è accettabile e ciò che non lo è. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">La storia di Christmas si intreccia a quella di Lucas Burch, ma è di fondamentale importanza in un romanzo che pone implicitamente al suo centro <b>il rapporto identitario con sé stessi</b> e quello tra comunità bianca e quella nera. <b>I rapporti razziali </b>sono rappresentati dalla lotta costante che Christmas vive dentro di sé e dalle conseguenze che un apparente omicidio ha sulla comunità tutta di Jefferson. Attraverso il personaggio di Christmas e le vicende che, come un domino, sembrano susseguirsi a catena nella sua vita, Faulkner riesce a ritrarre un quadro molto chiaro della <b>“maledizione” del razzismo nel sud</b>, un rapporto tra bianchi e neri che sembra essere dalla notte dei tempi destinato a restare subalterno.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p></p><blockquote style="text-align: justify;">Una razza condannata alla maledizione di essere in eterno per la razza bianca la maledizione e la condanna per i suoi peccati. Ricordatelo. La sua condanna e la sua maledizione. In eterno. Mia. Di tua madre. Tua, anche se sei solo una bambina. La maledizione di ogni bambino bianco, mai nato o che nascerà. Nessuno può sfuggirla</blockquote><p style="text-align: justify;"> </p><p></p><p style="text-align: justify;">La condanna subita dai neri e imposta dai bianchi raggiunge il climax verso la fine del libro, e viene raccontato quasi a sottovoce, per sentito dire, mentre Lucas Burch si dà alla fuga da Lena e dalla legge di Jefferson. Nel frattempo, Byron Bunch e il reverendo Hightower si fanno carico della bomba che sta per esplodere nella comunità. Da una parte Hightower che, reduce da una storia familiare altrettanto complessa che si intreccia con la storia della schiavitù nel sud, si eleva a moralizzatore sebbene anche lui rimanga senza risposte effettive all’omicidio. Dall’altra Bunch, finito per innamorarsi di Lena ma incapace di pronunciare non solo l’amore che prova per lei ma anche semplici parole su ciò che sta succedendo a Jefferson.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p></p><blockquote style="text-align: justify;">La pace non è così frequente. Per cui si agitavano e facevano capannello, gridavano chiedendo vendetta, convinti che le fiamme, il sangue, quel corpo che era morto tre anni prima e soltanto adesso aveva ricominciato a vivere chiedessero vendetta, non sapendo che sia la rapita intima furia delle fiamme sia l'immobilità del corpo asseveravano il raggiungimento di una regione al di là delle ferite e del male dell'uomo.</blockquote><p style="text-align: justify;"> </p><p></p><p style="text-align: justify;"><b>La complessità delle pagine di Faulkner viene mascherata da una prosa questa volta apparentemente lineare</b> – ma nemmeno troppo – e dà la possibilità a Faulkner di esplorare territori geografici, simbolici e sociali familiari da una prospettiva ancora diversa.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Per questo, <b>il grande regalo che Faulkner fa ai suoi lettori</b> riguarda proprio passato, il proprio, quello del sud, che ancora una volta viene filtrato da occhi nuovi, diversi. Per quanto tragico, controverso e orribile possa essere, il passato non può essere cancellato e il peso da portare è umano, indelebile e eterno.</p>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.4963655-28.888738413868495 -128.1286345 90 153.1213655tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-11752415120738628832022-11-22T12:00:00.027+01:002022-11-22T12:00:00.156+01:00Il Mississippi di Jesmyn Ward. "Salvare le ossa".<blockquote style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSr5O6EplB2bZ9NeCsgIThxhsVuAMw47yXuUl9EXpGnVams-VW0YU3XV01H0bWGhVpJ0WTN9g5Ly5cFBBUMK7KtuiQL3qXTo09bpkmroZqmCBa79hCfvnhpCxL2RZyBAJd0tenRabdnZ7jY7a-Dp1Tc5Qoq3M-maXA8cYfs9akyvKuE66gZuiHtsIL6Q/s4032/1F26EC90-8070-49B3-A944-114F5B4BF7B6.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><br /></a></div></blockquote><blockquote style="text-align: justify;">Sono i corpi a raccontare storie.</blockquote><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIK0mrRw5a_sqiew8c8mQyoUfY4n49c4EJLwPAYh-v6-YEShtru1q7RTHnzNm0r3MiP1YDtN7uzMFtC1IjjGaeCZ6WRoijQSFYQOrhMPltmitQsAWYcLAJP3M99_7f_CGuZ4TNxnfiLF3XIrtCbQYgt7guRnA1atMue60ZIyqyThq-7NE7OF3jHtkTbg/s4032/1F26EC90-8070-49B3-A944-114F5B4BF7B6.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIK0mrRw5a_sqiew8c8mQyoUfY4n49c4EJLwPAYh-v6-YEShtru1q7RTHnzNm0r3MiP1YDtN7uzMFtC1IjjGaeCZ6WRoijQSFYQOrhMPltmitQsAWYcLAJP3M99_7f_CGuZ4TNxnfiLF3XIrtCbQYgt7guRnA1atMue60ZIyqyThq-7NE7OF3jHtkTbg/s16000/1F26EC90-8070-49B3-A944-114F5B4BF7B6.jpg" /></a></div><br />Autrice:</b> Jesmyn Ward</div><div style="text-align: justify;"><b>Titolo:</b> Salvare le ossa</div><div style="text-align: justify;"><b>Titolo originale: </b>Salvage the Bones</div><div style="text-align: justify;"><b>Edizione:</b> NNEditore, 2018</div><div style="text-align: justify;"><b>Traduzione:</b> Monica Pareschi</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Esch è un’adolescente afroamericana, appassionata di storie e libri che legge grazie alle assegnazioni scolastiche con trasporto e una forte immedesimazione. L’estate del 2005, anno del tragico uragano Katrina, a Esch è stato assegnato <i>Mythology</i>, una raccolta di racconti della mitologia greca riadattati per i ragazzi. Esch ne rimane stregata, in particolare si interessa della storia degli Argonauti e della <b>figura di Medea</b>, audace e scaltra donna protagonista di una serie di miti tragici e d’amore e che arriva a uccidere i propri figli pur di assicurare che il suo sposo, Giasone, non possa avere discendenza. Esch si lascia trasportare dalle storie d’amore e passioni che vengono raccontate in quel libro, immaginando di poter essere amata come le donne protagoniste di quelle storie e di avere la loro audacia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La storia di <i>Salvare le ossa</i> viene raccontata proprio da Esch in prima persona e <b>si concentra nei dodici giorni precedenti al disastro dell’uragano Katrina</b> tra il Mississippi e la Louisiana. Come per tutta la trilogia di Bois Sauvage, anche <i>Salvare le ossa</i> viene ambientato, per l’appunto, nella fittizia Bois Sauvage, una cittadina con una forte comunità afroamericana di cui la famiglia di Esch e i suoi amici fanno parte.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La storia di <i>Salvare le ossa </i>si svolge in un Mississippi che Ward conosce molto bene e in una <b>realtà sociale altrettanto familiare</b>. La famiglia di Esch è povera, e si tratta di una povertà che permea silenziosamente gli eventi narrati in queste pagine. Non ingombra, ma è sempre presente, violenta a volte come la <b>potenza creatrice e distruttrice della natura</b>. Non è un caso che i due elementi naturali che incorniciano tutto il romanzo dall’inizio alla fine siano la nascita e l’uragano.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il romanzo si apre, infatti, con il parto sofferto di China, il cane del fratello di Esch, che la ragazza associa più a un combattimento, <b>rimuovendo così ogni alone di romanticismo legato a quest’atto</b>. Tuttavia, Esch non riesce a separare del tutto la nascita di una nuova vita dalla delicatezza a cui viene stereotipicamente associata. Allo stesso modo in cui racconta il parto di Junior, il più piccolo dei suoi fratelli, che “era viola e azzurro come un’ortensia: l’ultimo fiore di mamma” (10), anche China finisce per dare alla luce “un bulbo rosso-violaceo”, che Esch associa alla fioritura (12).
La prospettiva ingenua e edulcorata di Esch sul parto, la nascita e la maternità inizia a sgretolarsi nell’istante in cui, a poche pagine dall’inizio del libro, la protagonista scopre di essere incinta. Con l’imminenza dell’uragano alle porte del Bayou e della “Fossa”, l’avvallamento tra i boschi che Skeet, Esch, Junior e il padre chiamano casa, la ragazza sarà costretta a confrontarsi con un corpo in continuo cambiamento, <b>un corpo che racconta la sua storia</b>. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div><blockquote style="text-align: justify;">Sono inginocchiata sopra il lavabo. Il lavandino è di metallo duro, e dove si incassa nel mobiletto di plastica c’è un piccolo rialzo che si incide nelle mie ginocchia. Voglio controllare quanto sono ingrassata, per rendermi conto se si vede. […] devo vedermi con gli occhi, non solo con le mani, le mani che durante il sonno tengono la pancia e che quando mi sveglio trovo sempre infilate sotto l’elastico dei pantaloni. </blockquote></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La storia apparentemente silenziosa, sofferta, degli afosi giorni che precedono l’uragano viene incorniciata da tutti gli elementi appena menzionati, che riguardano <b>il rapporto con il proprio corpo, la propria femminilità</b> – e cosa questa significhi per un’adolescente afroamericana di una famiglia povera -, <b>la maternità e l’aspetto sociale</b> che tutte queste tematiche portano inevitabilmente in superficie.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Esch sembra essere alienata, distante da sé e dal proprio corpo quando inizia il romanzo. La mancanza di romanticismo e di favola nell’atto sessuale sembra essere il motivo che spinge la ragazza ad avere quei comportamenti promiscui con i ragazzi che le ronzano attorno e che finiranno per incatenarla al proprio corpo con la scoperta della gravidanza. Anche nell’ignoranza delle conseguenze di questi comportamenti, Esch rimane incastrata nella povertà economica della sua famiglia e sembra uscirne solo quando, da narratrice, <b>assume atteggiamenti quasi mistici, veggenti</b>. Elevando il suo stesso tono narrativo, Esch si mette in fuga dalla realtà che vive quotidianamente per vivere un sollievo che, anche se spesso sfocia nell’alienazione, sa di poter trovare solo nelle sue storie mitiche. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La gravidanza mette Esch in condizione di vedersi e vedere il suo corpo crescere, cambiare, assumere quelle forme tecnicamente femminili che la ragazza non aveva mai considerato. <b>La maternità</b>, anche quella mancata visto che Esch e i suoi fratelli sono orfani di madre, si fa strada nel romanzo come una presenza che non si palesa mai del tutto e che quando lo fa diventa quasi distruttiva. La madre di Esch è morta mettendo al momento Junior e a un disastro naturale la cui grandezza è solo vagamente percepibile viene dato il nome di una donna, Katrina. <b>La potenza della natura diventa così creatrice e distruttrice allo stesso tempo e culminerà proprio con l’arrivo dell’uragano</b>.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Se da una parte <i>Salvare le ossa</i> assume toni molto simili al misticismo delle pagine di <i>Mentre morivo</i> di Faulkner che Esch legge durante l’estate dell’uragano, <b>elevando così il romanzo a una sfera decisamente poetica molto forte</b>, la realtà sociale degradante di Ward non rimane in secondo piano. Il tema sociale nel romanzo è molto sottile, presentato in maniera che rimanga tra le righe letteralmente, che non venga nominato esplicitamente ma suggerito da alcuni elementi appena nominati. La fossa, il luogo dove la famiglia di Esch vive da generazioni, è il simbolo dell’<b>avvallamento sociale che la comunità nera di Bois Sauvage è costretta a vivere ogni giorno</b> e che, quasi per natura del territorio, sprofonda sempre di più verso il degrado e l’oblio. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div></div><blockquote><div style="text-align: justify;">Il giorno prima di un uragano arriva sempre una telefonata. Quando era viva mamma, rispondeva lei. Sono quelli del governo, chiamano tutti gli abitanti delle zone minacciate. […] Non ricordo cosa dice esattamente, qualcosa come: «Ordine di evacuazione. L'arrivo dell'uragano è previsto per domani. Il governo declina ogni responsabilità nel caso in cui decidiate di rimanere nelle vostre case e non abbiate ancora evacuato la zona. Siete avvertiti». Segue una lista di quelle che «potrebbero essere le conseguenze delle vostre azioni». E non so se lo dice proprio in maniera esplicita, ma il senso è questo: «Rischiate di morire». </div><div></div></blockquote><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Come giustamente afferma <b>Serena Daniele</b>, editor di NNEditore, <i>Salvare le ossa</i> è l’<b>epica degli ultimi</b>, coloro che vengono lasciati ai margini anche in situazioni tragiche nazionali come l’uragano. Non è un caso che quando il governo chiama i cittadini della zona per avvertire dell’imminente arrivo di Katrina, la responsabilità della fuga e della propria sopravvivenza sembri quasi essere addossata agli stessi abitanti della zona. Che possano permettersi o no di fuggire, di trovare un riparo, se muoiono è solo colpa loro. Come viene narrato in un altro episodio del romanzo, i bianchi a Bois Sauvage vengono solo in vacanza, i neri invece popolano la comunità e la mantengono viva, seppur in bilico tra assi di legno marce e furgoni abbandonati. <b>La mitologia del romanzo in questo senso diventa un contraltare alla parte sociale degradante</b>, ingiusta e razzializzata della realtà e eleva la narrazione quasi a un atto di purificazione dalla quotidianità.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’uragano, Katrina, forza distruttrice della natura spazza via tutto, anche l’alienazione dalla realtà del quotidiano. <b>Monica Pareschi</b>, traduttrice della trilogia di Bois Sauvage, afferma che “[u]na riconciliazione degli opposti è possibile solo in un inventario finale di ciò che è inevitabilmente rotto, perduto, frammentato, distrutto, e nessuna riparazione sarà in grado di occultare le fratture.” Niente di più vero per un romanzo che ci tiene col fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina, con la consapevolezza che qualcosa di grosso, maestoso, distruttivo sta arrivando e che scoperchierà tutto ciò che stiamo cercando disperatamente di evitare di vedere.
</div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-31423486218289623972022-09-14T12:00:00.009+02:002022-09-14T12:00:00.158+02:00L'American Housewife del nuovo millennio: "Casalinghe americane" di Helen Ellis per il Bright Lights Bookclub<p style="text-align: justify;"><b><span style="color: #6fa8dc;"></span></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><span style="color: #6fa8dc;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjwxFHRpiU-qjHoJMURp3GohTEDrFB-njoUsnCJIscX1n0-lJwBS8RBO20bgnr6eDkxOza4tfpcjsCKoG6rci8pnSGAXf3W8_byIDNujh-fKto7uOMHSYf0oc_dLOeV1tYTQ8pMQnRW0TwNQrV4iWvwmZMjd3-X2lsdZvBs7XD82Lt4taLS5TufJEotag" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjwxFHRpiU-qjHoJMURp3GohTEDrFB-njoUsnCJIscX1n0-lJwBS8RBO20bgnr6eDkxOza4tfpcjsCKoG6rci8pnSGAXf3W8_byIDNujh-fKto7uOMHSYf0oc_dLOeV1tYTQ8pMQnRW0TwNQrV4iWvwmZMjd3-X2lsdZvBs7XD82Lt4taLS5TufJEotag=s16000" /></a></span></b></div><b><span style="color: #6fa8dc;"><br />Autrice:</span> </b>Helen Ellis<p></p><p style="text-align: justify;"><b><span style="color: #6fa8dc;">Titolo:</span> </b>Casalinghe americane</p><p style="text-align: justify;"><b><span style="color: #6fa8dc;">Titolo originale:</span> </b>American Housewife</p><p style="text-align: justify;"><b><span style="color: #6fa8dc;">Edizione:</span> </b>La Tartaruga (Gruppo La Nave di Teseo), 2021</p><p style="text-align: justify;"><b><span style="color: #6fa8dc;">Traduzione:</span> </b>Chiara Spaziani</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Con l’ultima lettura del <b>Bright Lights Bookclub</b> ci si sposta non solo geograficamente e in orizzontale tra i paesaggi americani ma anche in modo verticale, attraversando la società americana per arrivare ai contesti urbani della borghesia tutta al femminile. I racconti di Helen Ellis raccolti in questo volume (<b><i>Casalinghe americane</i></b>, La Tartaruga 2021), alcuni brevi e altri ancora di più, sono legati da un filo che tiene assieme <b>le vite di queste donne americane</b>: casalinghe, scrittrici, coniugate, single, accomunate tutte da una sottilissima e dirompente insoddisfazione nei confronti di ciò che sono riuscite a raggiungere nella loro vita.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p></p><blockquote style="text-align: justify;">“Ispirandomi a Beyoncé, procedo a passi da cavalla fino al tostapane. Mostro a mio marito una bruciatura che somiglia all’isola dove siamo stati in luna di miele, gli do un bacio di saluto e gli dico a che ora essere di ritorno per il nostro party.”</blockquote><p> </p><p></p><p style="text-align: justify;">Queste prime bizzarre righe dell’incipit della raccolta di racconti di Helen Ellis riassumono in modo secco e categorico le attività quotidiane della protagonista del primo racconto, “Quello che faccio tutto il giorno”. La protagonista che apre le danze alla raccolta racconta con effetto sconvolgente quello che una buona moglie e donna di società fa, dice e pensa nell’arco di una giornata tipo. <b>L’effetto sconvolgimento</b>, in effetti, non è casuale nella raccolta di Ellis, che si presenta sin da subito come un ritratto, seppur spesso caricaturale, di ciò che le casalinghe americane di queste pagine non solo puntano disperatamente a essere ma sono, tristemente, davvero. Atteggiamenti da dive, una vita coniugale apparentemente perfetta e benestante e una socialità altrettanto soddisfacente. <b>L’American Housewife di Helen Ellis è una donna che cerca con tutte le sue forze di apparire il più forte possibile</b> di fronte a una società che la vorrebbe tutta d’un pezzo, quando essere di essere d’un pezzo solo sembra una vana e lontana illusione.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Continua a leggere sul <a href="https://centrostudiamericani.org/casalinghe-americane-di-helen-ellis/" target="_blank"><span style="color: #6fa8dc;">sito della biblioteca del Centro Studi Americani ➞</span></a></p>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.4963655-31.524438812353537 -128.12863449999998 90 153.12136549999997tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-80003692841986061212022-09-05T12:30:00.013+02:002022-09-05T12:30:00.162+02:00Una varietà di suoni umani: "Follie di Brooklyn" di Paul Auster<p style="text-align: center;">Per approfondire Brooklyn e il romanzo, ti consiglio di ascoltare <u><span style="color: #3d85c6;">la prima puntata del podcast </span></u><i style="font-weight: bold;"><u><span style="color: #3d85c6;">Storie letterarie</span></u> </i>dedicata a Auster e il suo romanzo.</p><p><br /></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2nF014spA3nalNptzFiYzf_QZKXQqZKEmI3eu3bPYfbqUjpKFQ6bLL44biZa1AxeZ2xqaIWElZRam0Xp6psy9usjwkNSMrfSGdSnWBH0QOA4zIF2pyaBmPYcEwvzZvBOSgBEs9ftouTCc3Dy1i1L2OaPsNQ9HmSo29OYnqlMBVAAhfWLgzsIsH87RtA/s4032/IMG_2749.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2nF014spA3nalNptzFiYzf_QZKXQqZKEmI3eu3bPYfbqUjpKFQ6bLL44biZa1AxeZ2xqaIWElZRam0Xp6psy9usjwkNSMrfSGdSnWBH0QOA4zIF2pyaBmPYcEwvzZvBOSgBEs9ftouTCc3Dy1i1L2OaPsNQ9HmSo29OYnqlMBVAAhfWLgzsIsH87RtA/s16000/IMG_2749.png" /></a></div><br /><p></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p><p><b><span style="color: #cc0000;">Autore:</span> </b>Paul Auster</p><p><b><span style="color: #cc0000;">Titolo:</span> </b>Follie di Brooklyn</p><p><b><span style="color: #cc0000;">Titolo originale:</span> </b>Brooklyn Follies</p><p><b><span style="color: #cc0000;">Edizione:</span> </b>Einaudi, 2014</p><p><b><span style="color: #cc0000;">Traduzione: </span></b>Massimo Bocchiola</p><p><br /></p><p style="text-align: justify;">Nathan Glass sta cercando un posto dove morire. Un posto tranquillo, silenzioso. Curioso che scelga proprio Brooklyn sotto consiglio di un suo amico, <b>un quartiere pieno di vita e cultura</b> che si insinua silenziosamente in gran parte delle pagine di questo libro. Follie di Brooklyn sembra iniziare come il miglior romanzo di Samuel Beckett (al punto da sembrare un omaggio alle prime pagine di Malone muore, Malone Dies) e <b>se non fosse per l’apertura che lo sfondo urbano di New York suggerisce al lettore</b>, potrebbe proprio sembrare così. Se da un lato i romanzi di Beckett – soprattutto la famosa <i>Trilogia</i> – lasciano un senso di incompletezza e chiusura, <b><i>Follie di Brooklyn</i></b> fa tutto il contrario, pur aprendosi su un’apparente nota di una fine preannunciata.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p></p><blockquote style="text-align: justify;">Le spiegai che probabilmente entro l’anno sarei morto, e non me ne fregava un cazzo di fare progetti.</blockquote><p style="text-align: justify;"> </p><p></p><p style="text-align: justify;">Nathan Glass si presenta come l’uomo più cinico e detestabile del quartiere, “un po’ cattivo a volte” (4) e abbastanza disilluso riguardo l’amore e gli affetti. Tuttavia, l’uomo quasi sessantenne e con un tumore, decide che è giunto il momento di fare qualcosa, “trovare un modo per ricominciare a vivere; ma anche se non fossi vissuto, ero costretto a fare qualche cosa di più che mettermi a sedere e aspettare la fine” (5). <b><i>Follie di Brooklyn</i></b> illude nuovamente il lettore, che pensa di star leggendo <b>la storia di un uomo in attesa della morte</b>, alle prese con un bizzarro progetto chiamato <i>Il libro della follia umana</i> in cui riversare “il racconto di tutti gli svarioni e i capitomboli, i pasticci e i pastrocchi, le topiche e le goffaggini in cui ero caduta nella mia lunga e movimentata carriera di uomo” (7).</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>Glass è il rocambolesco narratore di una storia più grande di lui che lo include solo marginalmente</b>. Attraverso la ormai nota tendenza di Auster a far rivolgere il proprio narratore direttamente al lettore, Nathan sembra indirizzare la sua attenzione verso i personaggi che orbitano intorno alla sua vita. Sebbene questa sembri ormai sull’orlo della fine, paradossalmente saranno proprio il nipote e <b>altre bizzarre figure</b> che lo salveranno da questa caduta libera verso il baratro fisico, emotivo e psicologico.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il progetto di Nathan di scrivere un libro sulla follia umana si trasforma ben presto nella storia che egli stesso, come narratore, racconta a noi lettori. La follia diventa quella bizzarra quotidianità e ordinarietà che è presente solo nei romanzi di Paul Auster. Non è un caso che insieme a Glass, altri strani personaggi dalle abitudini fuori dall’ordinario abitino le pagine di questo libro, <b>esseri umani alla deriva che ritraggono un quadro più che realistico</b>: un vecchio collezionista recidivo che ingenuamente si fa tentare da pratiche illegali che possano renderlo ricco e famoso; un ex dottorando di letteratura alla deriva finito a lavorare per il collezionista; una donna all’apparenza irraggiungibile e che poi si rivela essere la più ordinaria – e anche mediocre – figura di tutta la storia; una bambina che fa un voto di silenzio per amore della madre, capace di risvegliare due uomini ormai intorpiditi dalla vita.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Le vite di questi strani ma ordinari personaggi si intrecciano perfettamente al paesaggio urbano di una delle città preferite da Auster–New York. Come unico libro che l’autore ha deliberatamente scritto per essere una <b>commedia</b> (Auster e Siegumfeldt 229), <b>la città non diventa una trappola </b>per l’essere umano come succede, per esempio, in <b><i>Trilogia di New York</i></b>. La ragione si trova nella scelta, più che familiare per Auster, di concentrare il romanzo nella zona più artistica di New York, Brooklyn, che assume tratti per lo più positivi. Il titolo del romanzo diventa così più comprensibile, non solo per via dell’ovvio riferimento al borough newyorkese, ma <b>grazie all’apertura e, allo stesso tempo, ambiguità del significato delle “follie”</b>. Non sono dell’idea che queste si riferiscano in prima battuta al libro della follia umana di Glass. Per quello che lo riguarda, il manoscritto serve come trampolino di lancio per agganciare le vite “di ordinaria follia” alla quotidiana divergenza della vita del narratore e dei suoi compagni di viaggio. Al contrario, le follie del titolo sembrano proprio trovarsi in questo stato di ordinarietà che Auster decide di rappresentare nel colorato, storico e multiculturale distretto di Brooklyn.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p></p><blockquote style="text-align: justify;">Dopo tutti quegli anni nei sobborghi trovo che la città mi sia consona, e mi sono già affezionato al mio quartiere, con il suo mutevole calderone di bianchi e mori e neri, il suo coro a più strati di accenti esotici, i suoi bambini e i suoi alberi, le sue famiglie piccolo-borghesi che faticano, le coppie lesbiche, i negozi di alimentari coreani, il santone indiano barbuto in tunica bianca che si inchina ogni volta che ci incontriamo per la strada, i nani e gli storpi, i vecchi pensionati che arrancano a passettini sul marciapiede, le campane delle chiese e i diecimila cani, la popolazione sotterranea di rovistarifiuti senzacasa solitari che spingono i carrelli del supermercato lungo i viali e cercano bottiglie nella spazzatura. (157)</blockquote><p style="text-align: justify;"> </p><p></p><p style="text-align: justify;">Non è un caso che tutti i personaggi ritrovino una parte di sé stessi in questo luogo abitato storicamente da persone eclettiche, artistiche, un po’ perse, forse, nel caos di una metropoli come New York. <b>Brooklyn diventa in questo modo la follia ordinaria per eccellenza</b>, uno spazio immaginato da Auster come un rifugio dalla perdita di sé, un luogo dove ritrovarsi e essere altro, uno spazio di opportunità per vivere identità -anche sessuali- diverse (Schaub 390).</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">La nipote di Glass ritrova sé stessa dentro la multiculturalità di Brooklyn, tanto quanto la figlia di lei, che si inserisce in un clima che, pur non avendo mai conosciuto prima, le sembra familiare, accogliente e caldo.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p></p><blockquote style="text-align: justify;">Da completa estranea alla vita della metropoli che era, si adattò in fretta al nuovo ambiente e si sentì quasi subito a casa nel quartiere. [...] Sentiva parlare in spagnolo e in coreano, in russo e in cinese, in arabo e in greco, in giapponese, in tedesco e in francese, ma invece di sentirsi intimidita o perplessa esultava di questa varietà di suoni umani. (197)</blockquote><p style="text-align: justify;"> </p><p></p><p style="text-align: justify;">La leggerezza con cui Auster riesce a tessere le fila di questa storia rende il romanzo una “comedy” in cui la sofferenza umana è legata in modo naturale alla vita di tutti i giorni. È Auster stesso a chiarire che questa nostalgica prospettiva nei confronti dell’ordinario non è casuale, poiché era lui stesso ad avere bisogno di guardare alla vita da questa angolazione (Auster e Siegumfeldt 229). Forse è proprio questa sua necessità ad aver reso <b>la rappresentazione di Brooklyn il più conforme possibile alle aspettative dei lettori e delle lettrici</b>. Il ritratto urbano della metropoli, per quanto variegato e differenziato, ne esce un po’ appiattito dall’immaginazione del famoso “American Dream” (Schaub 397), che vede una New York e una Brooklyn sempre inclusive e multiculturali fino alla nostalgia di qualcosa che, forse, non è mai davvero esistito in questi termini.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Il romanzo non termina in modo prevedibile né coerente con la leggerezza con cui la storia viene narrata e forse è proprio il freno che viene tirato improvvisamente nelle ultime pagine a rendere il libro ancora più godibile. Visto dall’angolazione del finale, <b><i>Follie di Brooklyn</i></b> assume un ulteriore significato, ancora diverso ma allo stesso tempo coerente con gli altri possibili.</p><span><a name='more'></a></span><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>Bibliografia.</b></p><p style="text-align: justify;">Auster, Paul. <i>Follie di Brooklyn</i>. Traduzione di Massimo Bocchiola, Torino, Einaudi, 2014. Auster, Paul e I. B. Siegumfeldt. A Life in Words. New York, Seven Stories Press, 2017.</p><p style="text-align: justify;">Schaub, Christoph. “Brooklyn Cosmopolitanisms: Situated Imaginations of Metropolitan Cultures in Paul Auster’s ‘The Brooklyn Follies’ and Mos Def’s ‘Black on Both Sides’”. <i>Amerikastudien/American Studies</i>, vol. 56, no. 3, 2011, pp. 381-401.</p>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.496365513.592549663821153 -22.6598845 70.213017336178837 47.652615499999996tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-74821869704109420272022-08-17T12:00:00.001+02:002022-08-17T12:00:00.157+02:00Una favola dolceamara: "Klara e il sole" di Kazuo Ishiguro<p style="text-align: justify;"><b><span style="color: #6fa8dc;"></span></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span style="color: #6fa8dc;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjeyVNtOkD0TeWh2IjOJ46BluONVjxGhih6_41ubYRzxkvoG3S9chDW_YTsDOMSImVX-zQe84M6HVtTByU7pjbT6qRNT6q14B3_ZQrnZqd_dPccIPlMZ5wz9JlA27GBnr53W2v1GfzA3L2K53Jbac-F0Jhjpco-agyxZoENfu7pY3Go_JPD0wuDeNurbw" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img alt="" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjeyVNtOkD0TeWh2IjOJ46BluONVjxGhih6_41ubYRzxkvoG3S9chDW_YTsDOMSImVX-zQe84M6HVtTByU7pjbT6qRNT6q14B3_ZQrnZqd_dPccIPlMZ5wz9JlA27GBnr53W2v1GfzA3L2K53Jbac-F0Jhjpco-agyxZoENfu7pY3Go_JPD0wuDeNurbw=s16000" /></a></span><span><b style="color: #6fa8dc; font-weight: bold; text-align: justify;"><span style="color: #6fa8dc;"><br /></span></b></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span><b style="color: #6fa8dc; font-weight: bold; text-align: justify;"><span style="color: #6fa8dc;"><br /></span></b></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><span><b style="color: #6fa8dc; font-weight: bold; text-align: justify;"><span style="color: #6fa8dc;">Autore:</span></b><span style="text-align: justify;"> Kazuo Ishiguro</span></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b style="text-align: justify;"><span style="color: #6fa8dc;">Titolo:</span></b><span style="text-align: justify;"> Klara e il sole, Einaudi 2022</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><b><span style="color: #6fa8dc;">Titolo originale:</span></b> Klara and the Sun, Faber and Faber 2021</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><b><span style="color: #6fa8dc;">Traduzione:</span></b> Susanna Basso</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><blockquote>“Credo che a questo punto dovrei confessare che per me c'era da sempre un'altra ragione per voler stare in vetrina, una ragione che non aveva niente a che fare con il nutrimento del Sole o con l'essere scelti. A differenza di gran parte degli AA, a differenza di Rosa, avevo sempre desiderato vedere di più del fuori, e vederlo come si deve. Di conseguenza, quando la grata si alzò, la consapevolezza che adesso tra me e il marciapiede restava soltanto un vetro, che ero libera di vedere, da vicino e per intero, tante cose che avevo visto soltanto come spigoli e scorci, mi emozionò al punto che per un attimo quasi mi scordai del Sole e della sua gentilezza verso di noi.”</blockquote></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div><div style="text-align: justify;"><b>Klara è un androide dalle sembianze umane</b>, più esattamente un Amico Artificiale (Artificial Friend, AF) che non aspetta altro se non essere scelta da un bambino e uscire dal negozio dove la troviamo all’inizio del romanzo. Nonostante Klara sia circondata da androidi più o meno simili, <b>lei è speciale</b> e non solo per la generazione di cui fa parte il suo modello. Klara ha un innato desiderio di vedere il mondo esterno e la capacità, più che rara per una come lei, di <b>osservare attentamente ciò che la circonda</b>: persone, comportamenti, emozioni, oggetti e funzioni. Klara non si lascia sfuggire nulla, cerca di comprendere il mondo che all’inizio del romanzo vede attraverso la vetrina del suo negozio. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Quando la quattordicenne Josie decide di prenderla con sé, per Klara inizierà un’avventura non troppo pericolosa ma nemmeno priva di rischi per salvare ciò che rimane della sua nuova amica. Nel tempo passato a casa con lei, Klara impara tutto ciò che può sul mondo degli umani e le loro <b>complesse emozioni</b>, mentre questi ultimi cercano di comprendere a loro volta la complessità dell’androide.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Klara mette in crisi il modo in cui gli esseri umani si confrontano con l’altro</b>, che sia umano o meno. Sia la madre che il padre di Josie si chiedono più volte come rivolgersi a lei, come trattarla quando si trova in casa, se considerarla un’aspirapolvere o un effettivo membro della famiglia. L’unica che sembra non avere dubbi è il centro del mondo dell’androide, Josie, che durante la sua inevitabile crescita tratta Klara come tratterebbe la madre, il padre o qualsiasi altro essere umano che le gira intorno.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Klara viene ripetutamente messa di fronte a dei sacrifici</b>, più o meno importanti, da fare per salvare la fragile vita di Josie. Tali sfide pongono Klara sullo stesso piano di quegli umani che tanto provano a comprenderla e, in questo modo, <b>sfida la loro umanità</b> e mette in dubbio la loro capacità di amare e essere umani.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il punto di vista di questa storia non fa che confermare la sfida posta agli umani di questo romanzo. <b>È infatti Klara stessa la narratrice degli eventi</b>, è il suo lo sguardo sul mondo e sulle persone che la circondano. Questo aspetto rende la narrazione decisamente ironica, poiché filtrata dagli occhi di qualcuno che scopre il mondo degli umani a poco a poco, per la prima volta, registrandone tutta la complessità e le contraddizioni interne. Tuttavia, la narrazione non è al presente come ci si potrebbe aspettare. Klara, infatti, ricorda quei momenti passati con Josie e la sua famiglia, gli istanti di attesa e trepidazione al negozio, la venerazione che lei e gli altri AA hanno del Sole (la cui lettera maiuscola lo rende quasi una divinità). <b>La natura retrospettiva della narrazione del romanzo non fa altro che conferire a Klara un’aura sempre più simil-umana</b>, poiché nell’atto nel narrare lei non solo ricorda ma cerca di decodificare e comprendere le memorie della sua vita da androide. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><i><b>Klara e il sole</b></i> è un romanzo che si riesce difficilmente a inscatolare in una sola categoria. Nella fantascienza di Ishiguro c’è quel tocco di nostalgia di sentimenti puri e disinteressati e una dolcezza tale di gesti e parole che rendono la storia di Klara e delle persone che la circondano godibile su vari livelli. <b><i>Klara e il sole</i></b> si può leggere come un’allegoria delle modifiche genetiche, una distopia tecnologica con uno sguardo nostalgico al “mondo di prima”, o semplicemente una bellissima favola con un finale dolceamaro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b><i>Klara e il sole</i></b> ha la capacità di avvicinare chiunque abbia bisogno di una storia che riempia il cuore, anche solo per poco, di bontà, amicizia, amore e cura per il prossimo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><h3 style="text-align: justify;"><span style="color: #6fa8dc; font: roboto;">Per approfondire:</span></h3><div style="text-align: justify;">Alam, Rumaan. “Kazuo Ishiguro’s Deceptively Simple Story of AI”, The New Republic, 2021, <a href="https://bit.ly/3phZoYx">https://bit.ly/3phZoYx</a>. </div><div style="text-align: justify;">Canfailla, Sara. “In “Klara e il Sole” Kazuo Ishiguro torna a chiedersi cos’è che ci rende umani”, Il Libraio, 2021, <a href="https://bit.ly/3QDcn3n">https://bit.ly/3QDcn3n</a>. </div><div style="text-align: justify;">Elleboro, Camilla. “Klara e il sole di Kazuo Ishiguro. Il lato oscuro del potenziamento”, Il Chaos, <a href="https://bit.ly/3w2BG6w">https://bit.ly/3w2BG6w</a>. </div><div style="text-align: justify;">“Kazuo Ishiguro, Klara e il sole. Con Marco Balzano”. Rai Cultura, <a href="https://bit.ly/3SHtGSd">https://bit.ly/3SHtGSd</a>. </div><div style="text-align: justify;">Lambruschini, Debora. ‘Klara e il Sole’: la meccanica dei sentimenti e dell'umano nell'ultimo, intenso romanzo del premio Nobel Ishiguro”, Critica Letteraria, 2021, <a href="https://bit.ly/3SMlwYE">https://bit.ly/3SMlwYE</a>. </div><div style="text-align: justify;">Quinn, Annalisa. “Klara And The Sun' Asks What It Means To Be Human”, NPR, 2021, <a href="https://n.pr/3bPjAOD">https://n.pr/3bPjAOD</a>. </div></div><div><br /></div></div><p></p>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-4792949770293143982022-07-25T16:30:00.005+02:002022-07-25T17:02:00.607+02:00Le ore in giro. Tra le librerie di Stoccolma e non solo<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7c94xDV61w5i8qpIvtiDbCvmgy52Cx_hv8tLb9xpsGS0MMi7yWoyCZ97vlorfQqjwki11pYfNAYO90BKqC2LEcg1A1wdZPc6LSySTBQRUxPIhuOxhianqItuDE5SGpHK6USRdAE4lGPv3fXxgnaYyLtNKHhSPIj4RvTcF0upy4h7OEAKmleh-aGdkWQ/s4032/528F24B6-3565-47AB-8E5F-F9F9A0D49779.JPG" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7c94xDV61w5i8qpIvtiDbCvmgy52Cx_hv8tLb9xpsGS0MMi7yWoyCZ97vlorfQqjwki11pYfNAYO90BKqC2LEcg1A1wdZPc6LSySTBQRUxPIhuOxhianqItuDE5SGpHK6USRdAE4lGPv3fXxgnaYyLtNKHhSPIj4RvTcF0upy4h7OEAKmleh-aGdkWQ/s16000/528F24B6-3565-47AB-8E5F-F9F9A0D49779.JPG" /></a></div><div style="text-align: justify;">Quasi sei anni fa facevo il mio primo viaggio da sola e mi imbarcavo, tutta bardata e pronta per la neve, per <b>Stoccolma</b>. Piena di entusiasmo e un po' di paura - non nascondiamoci dietro a un dito - passavo giornate gelide ma meravigliose tra le strade della capitale svedese, esplorando scorci naturali e urbani di cui mi innamoravo e che mi facevano sognare una vita lì. Tra questi scorci, utilizzavo una buona parte del mio tempo per scoprire le librerie, svedesi e non, più belle e meno esplorate della città per capire le abitudini di lettura degli svedesi e <b>il mercato libresco di Stoccolma</b>. Un reportage di quel viaggio si trova <u><a href="https://leoredentroailibri.blogspot.com/2016/11/bokhandlarna-i-stockholm-le-librerie.html" target="_blank"><b>in questo articolo</b></a></u>, in cui vi racconto delle più belle librerie visitate e ne consiglio altre.</div><p></p><p style="text-align: justify;">Sei anni dopo quel viaggio sono tornata a Stoccolma - stavolta in ottima compagnia - e ho rivisitato quelle stesse librerie e scoperte di altre. Con un occhio un po' più attento a quelle abitudini svedesi che avevo provato a comprendere anni fa, <b>vi riporto qui sotto questa nuova esperienza di viaggio</b>, consigliandovi qualche luogo in più da visitare nel caso capitaste a Stoccolma e dintorni. Buona lettura!</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><h2 style="text-align: justify;">Alcune considerazioni...</h2><p style="text-align: justify;">Qualche premessa prima di iniziare a raccontarvi le librerie visitate. Come avevo spiegato sei anni fa nell'articolo segnalato poco sopra, <b>il prezzo dei libri in Svezia è più alto rispetto all'Italia</b>. Complice anche la situazione economica mondiale conseguenza degli ultimi due anni, non posso mentire dicendovi di aver speso poco per i libri che mi sono portata a casa - e di cui potete trovare un riepilogo in questo post su Instagram -.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Tuttavia, a fare un po' da <b>contraltare</b> a questa situazione c'è sicuramente <b>l'esperienza di visitare delle librerie sullo stampo di quelle inglesi</b>: ogni libreria svedese e, in particolare di Stoccolma, che sia di catena o indipendente ha una sua personalità. Prendiamo come esempio la catena di <b>Akademibokhandeln</b>, nata nel 1971 e con più di cento negozi sul territorio svedese. Ogni negozio, per quanto riconoscibile dal suo arredamento bianco e rosso, mantiene <b>un'originalità</b> nella proposta di libri tra le novità e i consigli dei librai. È davvero raro, dunque, fare la stessa esperienza di acquisto in due negozi diversi.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Si può forse ipotizzare che questa diversa esperienza di vita delle librerie svedesi sia dovuta alle <b>diverse abitudini di lettura degli svedesi stessi</b>. Come riportato da <u><b><a href="https://www.statista.com/statistics/543375/share-of-individuals-who-read-books-daily-in-sweden/" target="_blank">Statista</a></b></u>, il 45% degli svedesi legge libri ogni giorno, il che dovrebbe spiegare perché abbia beccato moltissimi lettori sparsi in giro per la città tra metropolitana, autobus, musei e bar. </p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;">Insomma, mi sembra un dato di fatto che nelle librerie svedesi si può fare un'esperienza diversa da quella italiana, sicuramente anche più rilassata. Questo particolare è dovuto alla presenza di <b>moltissimi posti dove sfogliare liberamente i libri</b>: poltrone, divanetti e sedie sparse in giro per i negozi. L'accoglienza del cliente-lettore sicuramente non manca in Svezia ed è una caratteristica di ogni libreria sul territorio, che siano di catena, indipendenti, di lusso o reader-friendly.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><h2 style="text-align: justify;">Le librerie</h2><h4 style="text-align: justify;">Science Fiction Bokhandeln - Västerlånggatan 48</h4><p style="text-align: justify;">La prima libreria di cui riconfermo l'unicità dopo sei anni è <b>Science Fiction Bokhandeln</b>, la libreria più magica di tutta Stoccolma. Specializzata in tutto ciò che può definirsi <b>nerd-friendly</b>, dalla fantascienza al fantasy passando per manga, anime, classici, giochi da tavolo e tutti i peluche, modellini di personaggi e gadget di cui non sapevi di avere bisogno. Ogni sezione della libreria è ben studiata - ovviamente la disposizione del 2022 è diversa dal 2016, potrete ben capire perché - e offre pochi libri in svedese e la maggior parte in inglese. Per quanto sia anche questa una libreria con più sedi in Svezia, qualsiasi lettore o lettrice non può evitare di visitarla almeno una volta. Situata nella zona vecchia della città, <b>Science Fiction Bokhandeln offre un'esperienza davvero unica</b> che non può non concludersi con una busta in stile Ritorno al Futuro per contenere tutti gli acquisti fatti.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><h4 style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7o-Zx2UD3E07CdAnq67cJ27KWsDoIK5wiWBbQr-9wyY7Yw-pf5gT89dw0Mnb5G7Bj1nZs3u4ZNpMHuhCBXsuaJiimIyp53rYANjxXBp4MSEBekITmrYT3fRkiFtEN4nYF2JlIahuCOdAg69KH8_KnDiQics8G48l4Es2ZJhkXhDeJXLcyB3zL-Q-3Ow/s4032/DF4F9F8D-E828-401A-890C-E4EB9C1F856C.JPG" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7o-Zx2UD3E07CdAnq67cJ27KWsDoIK5wiWBbQr-9wyY7Yw-pf5gT89dw0Mnb5G7Bj1nZs3u4ZNpMHuhCBXsuaJiimIyp53rYANjxXBp4MSEBekITmrYT3fRkiFtEN4nYF2JlIahuCOdAg69KH8_KnDiQics8G48l4Es2ZJhkXhDeJXLcyB3zL-Q-3Ow/s320/DF4F9F8D-E828-401A-890C-E4EB9C1F856C.JPG" width="240" /></a><span style="text-align: justify;"><div style="text-align: left;">ADLibris - Kungsgatan 15</div></span></div></h4><p style="text-align: justify;">Questa libreria è probabilmente la più grande che abbia visitato durante il mio soggiorno. Sono stata attirata dentro soprattutto grazie alla <b>vetrina spettacolare</b> che mi sono trovata di fronte mentre passeggiavo. Potete averne un assaggio sulla <u><a href="https://www.instagram.com/p/CUrpdQxsgP9/?hl=it" target="_blank">pagina Instagram</a></u> della libreria che, pur essendo una piccola catena è uno spettacolo per gli occhi. La libreria si trova in un quartiere commerciale della città, su una via molto grande piena di locali e negozi di marca. Nonostante ciò, i prezzi rimangono nella media delle librerie svedesi.</p><p style="text-align: justify;">L'altra particolarità di questo posto oltre alla grandezza, è la <b>vastità di prodotti non libreschi</b> che vengono venduti al piano di sotto, come gomitoli di lana e tutto il necessario per il cucito, l'uncinetto e il lavoro a maglia. Per quanto riguarda i libri invece, la maggior parte sono in svedese ma <b>c'è anche una vasta sezione di libri in inglese</b> al piano inferiore per i lettori internazionali. Ho anche trovato una rispettabilissima <u><a href="https://www.instagram.com/p/CPA3NImFUaK/?hl=it" target="_blank">sezione dedicata alla serie dei <b>Novellix</b></a></u>, dei libricini per la maggior parte in svedese ma con qualche incursione inglese in alcune edizioni dei classici locali e inglesi. Come libreria di quartiere per una catena che non conoscevo devo dire di essere rimasta sorpresa dalla scelta che i librai hanno fatto per quel che riguarda i libri consigliati in giro per il negozio. </p><h4 style="text-align: justify;"><br /><br />Rönnels Antikvariat - Birger Jarlsgatan 32B<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQUMohyDar5JoOGwu2nxuD7eLl8JG1D7DsbstowyRx-ZCxNNifeZz2brPYu0-FGj1i-BnnhcfzVzPcZS9N4LtFGslVVYywvn-POYKql9wP-cXmtkBb73uJDla4hWfXqX2xPS5gri74_ixt5nozuSRq_0gqeMGOgSbNuPqyayZ2eh-DMNbG2LhxvL-8RA/s4032/390C1B31-5583-42D3-B02B-670D7A579497.JPG" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQUMohyDar5JoOGwu2nxuD7eLl8JG1D7DsbstowyRx-ZCxNNifeZz2brPYu0-FGj1i-BnnhcfzVzPcZS9N4LtFGslVVYywvn-POYKql9wP-cXmtkBb73uJDla4hWfXqX2xPS5gri74_ixt5nozuSRq_0gqeMGOgSbNuPqyayZ2eh-DMNbG2LhxvL-8RA/s320/390C1B31-5583-42D3-B02B-670D7A579497.JPG" width="240" /></a></div></h4><p style="text-align: justify;">Su una delle vie più alla moda di Stoccolma, non lontano dalla biblioteca nazionale reale della città, si trova una delle librerie che non ero riuscita a visitare nel 2016. Tralascerò il fatto che per arrivarci quell'anno rischiai anche la vita, poiché un grosso pezzo di neve ghiacciata si staccò dai tetti soprastanti mentre cercavo di capire dove si trovasse la libreria, cascando a pochi metri dalla mia testa. Ma sono qui, viva e vegeta. Finalmente questa volta sono riuscita a trovare il negozio aperto e, senza rischiare la pelle, <b>mi sono innamorata di questo posto</b>.</p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigt3RTAoUiZtgE_sCSiJHuWvASpKvoeHKntPpTLFCVeaWsbBKUjGo96X6ZXuz0PMLfbN-7PSJKgLR0h2QCy1s1NVEo-0Vd8pB3suIuny71U6tGjJ6sOpmZp0yLiVJhcKZsofejstMGVjXPoOVThfuccqI9dZlJ1ueeVAZDjhidni6k1iH3U1ZStAvRYg/s4032/248F4AC0-A5BB-4876-9457-000DE6F02326.JPG" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigt3RTAoUiZtgE_sCSiJHuWvASpKvoeHKntPpTLFCVeaWsbBKUjGo96X6ZXuz0PMLfbN-7PSJKgLR0h2QCy1s1NVEo-0Vd8pB3suIuny71U6tGjJ6sOpmZp0yLiVJhcKZsofejstMGVjXPoOVThfuccqI9dZlJ1ueeVAZDjhidni6k1iH3U1ZStAvRYg/s320/248F4AC0-A5BB-4876-9457-000DE6F02326.JPG" width="240" /></a></div>La libreria vende sia libri di antiquariato che nuovo e usato. È molto grande, quasi infinita ai miei occhi e decisamente labirintica. Dopo lo spazio antistante l'ingresso con libri in svedese e qualche incursione di libri in inglese, <b>il negozio continua in diverse stanze ricavate</b>, alcune più grandi e altre più piccole che ospitano il doppio dei libri divisi per argomenti. Gli scaffali, nemmeno a dirli, sono pieni zeppi di libri dal pavimento al soffitto. Nascosta in un angolo c'è una scala che porta a un piano inferiore, <b>la parte più labirintica della libreria</b>, una specie di magazzino visitabile con una quantità di libri spaventosa. Questa è davvero una delle librerie più imperdibili di Stoccolma dopo la Science Fiction.<p></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><h2 style="text-align: justify;"><br /></h2><h2 style="text-align: justify;"><br /></h2><h2 style="text-align: justify;">Le librerie di Uppsala</h2><h4 style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieXlAEr2ouF5HXnhPVZlNaBxCJAClFXobaluvRC22ZBpKeaiN_PimWYXN6RlbyKXbITpWdJFxez8VwIvM7BTCOVn4xgryeyjkZs1CqlM-GhDoZyY32RbuyNks1nRwxUd01JDrnf2Kpl2MXHTEs07g9AL7ifD1EWUFGAOpInWI9c6zUuIKG_CAs2ofNvg/s4032/2BE81975-6D7F-40EB-AEAF-C0595CB9D25D.JPG" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieXlAEr2ouF5HXnhPVZlNaBxCJAClFXobaluvRC22ZBpKeaiN_PimWYXN6RlbyKXbITpWdJFxez8VwIvM7BTCOVn4xgryeyjkZs1CqlM-GhDoZyY32RbuyNks1nRwxUd01JDrnf2Kpl2MXHTEs07g9AL7ifD1EWUFGAOpInWI9c6zUuIKG_CAs2ofNvg/s320/2BE81975-6D7F-40EB-AEAF-C0595CB9D25D.JPG" width="240" /></a></div>Akademiebokhandeln</h4><p style="text-align: justify;">In una delle vie centrali della cittadina universitaria si trova un altro negozio di questa famosa libreria di catena svedese. L'immagine di copertina di questo articolo è presa proprio da questa grande libreria, divisa su due piani e che <b>vende sia libri in svedese che in inglese</b>. La parte in inglese, in particolare, è davvero vasta, al contrario di quello che succede in altri negozi di questa catena. <b>Spesso in Svezia è facile trovare promozioni molto vantaggiose sui libri in vendita</b>, come quattro libri al prezzo di tre, una delle tante presenti in questa libreria di Uppsala. È qui che ho trovato le Critical Editions della Norton che mi sono portata a casa.</p><h4 style="text-align: justify;"><br /><br /><br /><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijDi6ARqeI7hZYMbufsD1pe3GRwuGOdQ3ysWpV2znbM9IV3efcy5XzCeD7YlgFpKcqLO3C2QTJVmaUN_gZms1XqYWcKmPlS948ww__INVov0RGRInhbaPuBBhkHj_OL9m5-vEVzpDi2CYuGxabGAqBRfnnaOkdnnFhx07YKFOdCVgSXD_eHTxKHivABQ/s4032/1609936D-FBC1-4728-82C5-66E21DBAC743.JPG" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijDi6ARqeI7hZYMbufsD1pe3GRwuGOdQ3ysWpV2znbM9IV3efcy5XzCeD7YlgFpKcqLO3C2QTJVmaUN_gZms1XqYWcKmPlS948ww__INVov0RGRInhbaPuBBhkHj_OL9m5-vEVzpDi2CYuGxabGAqBRfnnaOkdnnFhx07YKFOdCVgSXD_eHTxKHivABQ/s320/1609936D-FBC1-4728-82C5-66E21DBAC743.JPG" width="240" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'interno dell'Uppsala English <br />Bookshop</td></tr></tbody></table></h4><h4 style="text-align: justify;">The Uppsala English Bookshop</h4><p style="text-align: justify;">Una delle sorprese più belle del viaggio in giornata a Uppsala è stata proprio questa libreria. In uno spazio ristretto ma ben riempito, <b>il negozio vende esclusivamente libri in inglese dalla narrativa alla saggistica, spaziando da argomenti di politica, critica letteraria, sociologia, psicologia e molto altro.</b> Se avessi potuto, mi sarei portata a casa molto di più di quello che ho preso effettivamente, perché c'era davvero moltissima scelta per tutti i tipi di lettori. Ad adornare gli spazi di questo posto, <b>le sportine di tela e i poster, sia appesi al muro che incorniciati, rendono questa libreria un rifugio speciale</b> non solo per gli studenti che vivono nella città ma per qualsiasi visitatore curioso.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><h2 style="text-align: justify;"><br /></h2><h2 style="text-align: justify;">Consigli extra per viaggiatori curiosi</h2><p style="text-align: justify;"><b>Downton Camper Café - Drottninggatan 28.</b> Nella via che porta alla città vecchia potete trovare un bar molto ampio dove fare una svedesissima fika paus con caffè e dolci e intrattenervi a giocare a scacchi o dama sui tavoli di legno messi a disposizione dei clienti. Io, ovviamente, ho perso miseramente a entrambi i giochi.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>John Scott's - Kungsgatan 37.</b> Vicino a ADLibris potete trovare questo particolarissimo pub in stile inglese con una sala dedicata ai reali britannici e con una parete piena di libri antichi - veri e finti. Nel caso vi stufaste di birre e altri alcolici, il pub offre anche una sala da biliardo e, udite udite, una sala dedicata al bowling. Esatto, tra una birra e l'altra potete farvi qualche tiro.</p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><b>Kungliga Biblioteket - Humlegårdsgatan 26.</b> La biblioteca nazionale svedese ospita ogni libro che viene pubblicato in Svezia. Oltre all'<u><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLn8P9XNUcnG3kVBmmE08nZstkOIie2JSXyt1oTJ6_3ccVSbSNVYMEmeFhXnpMxflHdwnssizRwMErtbEBJW-8xL90fuoZiRj31KT1PFg8cKmyQSGS_tHxBXdQi0HuudKzb789k-ujv38QYOlSSjhlvDo3z_fzQMN8xaclSWVLzFxfrQKOEXy2_KTR0A/s320/IMG_3838.HEIC" target="_blank"><b>edificio storico</b></a></u>, la biblioteca si sviluppa verso il basso in una <u><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGwNDRMBVVKhab76Iydb0acEfkkAjm-hNywF5jlZJ9VIGwTp_p-7yQe6m4LWsL9ypodowKAiwNblqy37EWxPgYZEEl-7_4HZGEZq5oqeSUu2cwYIG5ZQXoDp08R-lxHX_T1rOWTDWCyV2ghlpC5QoeKVXkcbtgJ_e0uxksRkykjQc5yxv1Tx-42asWiQ/s320/B13409B7-113C-43B4-9D20-0875C018FBB0.JPG" target="_blank"><b>struttura sovrastata da un soffitto di vetro</b></a></u> che illumina le sale lettura a vista. Al secondo piano - verso il basso - della struttura più moderna è collocata la <u><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNH-h0JmkoOgXWcGGGn3iZwZOQ3Pz3SG1-YZvrdmlDqwrYc7q7_9G16D0wQZAAUcQysE_2EE7H45CtP7OiyqjtTMMm2vNV8fbEuE1jAw2uXsTWav11IeJ3-BrY-Jv6cXPnIICyPnJldNthxZH3uTXngS2t-r2pD3Pzmky272-ZcZaYCkhAFaMYGhwdYA/s320/IMG_3851.HEIC" target="_blank"><b>"Bibbia del Diavolo"</b></a></u> o "Codex Gigas", un testo risalente al XII secolo e il manoscritto medievale più grande che esista al mondo. L'ingresso alla biblioteca e la visita al manoscritto sono completamente gratuiti.</p>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Stoccolma, Svezia59.329323499999987 18.06858089.161676875987645 -122.5564192 90 158.6935808tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-1881668530052379762022-06-09T09:00:00.002+02:002022-07-25T16:31:37.285+02:00Tra perdita e appartenenza di sangue. "Uno di noi" di Larry Watson per il Bright Lights Bookclub<p><b><span style="color: #93c47d;"></span></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><span style="color: #93c47d;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8Twv-a5nmDOazLYPoxGhEdd0xk7P2x3gtRnVj1nWxeozboS7680J021JNUjAVKhDUI3-OGhE8J0AkL0u1XfiI1tiaVIDbWhCtlxR1OAw65BmIs7R5YybPSO2SbYsLYKTQR1HaatifQ-wDdcKGgKqOwqMGdTP4dwEiRiauFjawxwblSEolfdeYg_fvvg/s4032/C3D52A78-A16D-40C4-A62D-751D231B7297.JPG" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8Twv-a5nmDOazLYPoxGhEdd0xk7P2x3gtRnVj1nWxeozboS7680J021JNUjAVKhDUI3-OGhE8J0AkL0u1XfiI1tiaVIDbWhCtlxR1OAw65BmIs7R5YybPSO2SbYsLYKTQR1HaatifQ-wDdcKGgKqOwqMGdTP4dwEiRiauFjawxwblSEolfdeYg_fvvg/s16000/C3D52A78-A16D-40C4-A62D-751D231B7297.JPG" /></a></span></b></div><b><span style="color: #93c47d;"><br />Autore: </span></b>Larry Watson <p></p><p><b><span style="color: #93c47d;">Titolo:</span> </b><i>Uno di noi</i></p><p><b><span style="color: #93c47d;">Titolo originale:</span> </b><i>Let Him Go</i></p><p><b><span style="color: #93c47d;">Edizione: </span></b>Mattioli, 2021</p><p><b><span style="color: #93c47d;">Traduzione:</span> </b>Nicola Manuppelli</p><p><br /></p><p>[...]</p><p><br /></p><p>Con il primo romanzo di Watson tradotto in Italia, Montana 1984, la regione occidentale emerge come protagonista sin dal titolo e con Uno di noi, sebbene non immediatamente riconoscibile, il paesaggio roccioso del Montana è lo scenario principale del romanzo. A riempire la cornice paesaggistica che, come argomenta il traduttore, non ha solo una funzione di contorno bensì dà ritmo alle azioni dei personaggi, è la storia di Margaret e George Blackledge (letteralmente la parte in piano di una parete rocciosa, da “ledge”). I due coniugi hanno perso il figlio in un incidente a cavallo e vengono privati anche del nipote Jimmy, l’unico che possa mantenere vivo il ricordo del defunto James.</p><p><br /></p><p>Il romanzo si apre nel settembre 1951, mentre George sta tornando a casa dopo il lavoro. Tuttavia, l’uomo trova una casa spoglia, svuotata da Margaret in procinto di partire. La donna è decisa a seguire la nuora Lorna, risposatasi con un tale Weboy il cui comportamento violento nei confronti di Lorna e del piccolo Jimmy preoccupano Margaret.</p><p><br /></p><p></p><blockquote><p>Cristo, Margaret. Vuoi davvero farlo?</p><p>Sì. Gli occhi di Margaret Blackledge non hanno perso la loro capacità di sorprendere: grandi, liquidi, di un blu intenso e incastonati in un viso le cui superfici e angoli sembrano scolpiti nel marmo.</p><p>Con me o senza di me?</p><p>Con te o senza di te. È una tua scelta.</p></blockquote><p></p><p><br /></p><p>La fermezza della donna richiama non solo il suo viso marmoreo ma anche il suo carattere deciso. Determinata a ricongiungersi con il nipote, la donna parte con il marito, meno impaziente di lei a mettersi nei guai, in un viaggio scandito dai ritmi della natura e dal duro e freddo paesaggio tra North Dakota e Montana. Oltre a rendere il paesaggio centrale in una missione dai risultati più che incerti, Uno di noi rivela la diversità dei rapporti famigliari e mette in dubbio la facilità con cui il sangue possa determinare l’appartenenza a una famiglia piuttosto che a un’altra. Il viaggio dei Blackledge li porterà a uno scontro – tanto ideologico quanto letterale – con il famigerato clan dei Weboy.</p><p><br /></p><p>L’elemento che scuote le sicurezze di Margaret è un’altra capo famiglia, Blanche Weboy, con la quale la donna mette in scena un vero e proprio teatrino in cui le regole sociali diventano un gioco di ruolo a cui solo Margaret sembra davvero credere. L’astuzia violenta e criminale di Blanche e della sua famiglia porterà al ribaltamento totale delle regole sociali che Margaret e George conoscono, minando l’esito positivo della loro missione e catapultandoli in una situazione dai risvolti tragici. </p><div><br /></div><div>Continua a leggere sul <a href="https://centrostudiamericani.org/uno-di-noi-intervista-a-nicola-manuppelli/" target="_blank"><span style="color: #3d85c6;">sito della Biblioteca del Centro Studi Americani </span><span style="color: #6fa8dc;">➞</span></a></div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.496365513.592549663821153 -22.6598845 70.213017336178837 47.652615499999996tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-28056001763416925702020-12-02T21:20:00.009+01:002020-12-02T21:31:07.258+01:00La solitudine di "Stoner", un romanzo senza epoca.<p><b></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtnw8LnhhAFNIjE3zwvscYQEpkBPvLlg7IT7j8vNJxI3fU_6CUX2lJ2YNgBrOAYCPU3ouFjXmAGdBmRxjMLafZH7r6hqDj8Ty84lvQerGCZUbf3k5o5hnER0QgOAzgLZfykVV8rltAAUUp/s1280/stoner.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="968" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtnw8LnhhAFNIjE3zwvscYQEpkBPvLlg7IT7j8vNJxI3fU_6CUX2lJ2YNgBrOAYCPU3ouFjXmAGdBmRxjMLafZH7r6hqDj8Ty84lvQerGCZUbf3k5o5hnER0QgOAzgLZfykVV8rltAAUUp/s16000/stoner.jpg" /></a></b></div><b><br /><span style="color: #cc0000;">Autore:</span> </b>John Williams<p></p><p><b><span style="color: #cc0000;">Titolo:</span> </b>Stoner</p><p><b><span style="color: #cc0000;">Anno di pubblicazione: </span></b>1965</p><p><b><span style="color: #cc0000;">Edizione:</span> </b>Fazi, 2016</p><p><b><span style="color: #cc0000;">Traduzione:</span> </b>Stefano Tummolini</p><p><i><br /></i></p><p><i>Stoner</i> è un libro semplice sotto diversi aspetti: la trama non presenta avvenimenti straordinari, il protagonista è lavoro da qualsivoglia rappresentazione di eroe letterario e anche la struttura narrativa di per sé non offre grandi novità a chi legge. Tuttavia, <b><i>Stoner</i> rappresenta per molti lettori, me compresa, uno dei libri più intensi e belli mai letti</b>.</p><p><br /></p><p><i>Stoner</i> viene scritto nell'arco di cinque-sette anni e viene pubblicato nel 1965, <b>senza disturbare troppo il mercato editoriale americano</b>: vende poco più di duemila copie e viene quasi dimenticato fino alla pubblicazione dell'edizione inglese negli anni '70. Da quel momento <i>Stoner</i> <b>inizia a farsi strada timidamente tra i lettori</b> fino ai giorni nostri, e come allora, anche noi ci chiediamo ancora ancora perché questo romanzo non abbia mai avuto davvero il riconoscimento che merita. </p><p><br /></p><p>Da un punto di vista storico-letterario, potremmo spingerci abbastanza oltre da dire che <b><i>Stoner</i> è stato scritto e pubblicato nel periodo sbagliato</b>. Una prosa come quella di Williams. non ha avuto abbastanza attrattiva per un mercato editoriale in piena transizione tra modernismo e postmodernismo. Accanto a un autore come Saul Bellow, che venne pubblicato nello stesso periodo dalla stessa casa editrice a cui John Williams aveva affidato Stoner, non c'erano molte speranze per uno scrittore come Williams; come non ce ne sarebbero state se fosse stato messo a confronto con qualsiasi altra opera letteraria del periodo. <b>Anche per un pubblico ancora abituato alle strutture moderniste, Stoner risultava fin troppo semplice</b>.</p><p><br /></p><p>Nella situazione letteraria attuale, però, <i>Stoner</i> potrebbe davvero trovare i suoi lettori e lettrici.</p><p><br /></p><p>Tuttavia, <b>ancora oggi questo romanzo rimane un mistero per chi lo legge</b> e per chi prova a trovare le ragioni dietro a tanto fascino. Come può un romanzo tanto semplice colpire così tanto a fondo nella sensibilità delle persone e rimanere nella memoria tanto a lungo? Sono domande che mi sono posta per mesi dopo averlo finito.</p><p><br /></p><p>La risposta, sempre un po' parziale e mai troppo soddisfacente, è arrivata in un periodo di difficoltà profonda in cui mi sentivo davvero molto triste e sola. <i>Stoner</i> mi è tornato in mente con una velocità spaventosa e...mi sono sentita meglio. <b>Ci sono libri, come Stoner, che non riesci a comprendere fino in fondo ma che toccano corde profonde come quella della solitudine</b>. Perché William Stoner, il protagonista, l'eroe del romanzo (come è stato definito da molti critici) è una persona sola e solitaria e la sua vita ci viene presentata sin dall'inizio in maniera semplice e lineare.</p><p><br /></p><p><b>La struttura del romanzo sfida narrativamente qualsiasi avanguardia letteraria</b>, che sia di stampo modernista o postmodernista, e ci spinge a leggere ogni parola con calma, lentezza e pazienza. L'effetto che le parole hanno su di noi è dovuto allo<b> stile semplice</b> ("plain", come è stato spesso definito in passato) di Williams, ma nella sua semplicità si percepisce <b>una cura nella scelta delle parole </b>in ciò che viene narrato che ho riscontrato solo in <i>Uomini e topi</i> di Steinbeck. Quasi un altro caso di <a href="https://leoredentroailibri.blogspot.com/2018/08/uominietopisteinbeck.html" target="_blank">poesia in prosa</a>, anche se le differenze nelle due tecniche narrative sono molto distinte.</p><p><br /></p><blockquote><p>William Stoner si iscrisse all'Università del Missouri nel 1910, all'età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato in Filosofia e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956. Non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido. Quando morì, i colleghi donarono alla biblioteca dell’università un manoscritto medievale, in segno di ricordo. Il manoscritto si trova ancora oggi nella sezione dei “Libri rari”, con la dedica: «Donato alla Biblioteca dell’Università del Missouri in memoria di William Stoner, dipartimento di Inglese. I suoi colleghi». Può capitare che qualche studente, imbattendosi nel suo nome, si chieda indolente chi fosse, ma di rado la curiosità si spinge oltre la semplice domanda occasionale. I colleghi di Stoner, che da vivo non l’avevano mai stimato gran che, oggi ne parlano raramente; per i più vecchi il suo nome è il monito della fine che li attende tutti, per i più giovani è soltanto un suono, che non evoca alcun passato o identità particolare cui associare loro stessi o le loro carriere.</p></blockquote><p><br /></p><p><b>La storia di Stoner ci viene presentata attraverso un narratore in terza persona</b>, che segue il personaggio in modo opposto a noi lettori: non si sbilancia troppo se non nell'esprimere candidamente una certa empatia per Stoner, pur riuscendo a mantenere una distanza che, paradossalmente, si scontra con il modo in cui Stoner viene caratterizzato e definito nel corso della storia. Se all'inizio la sensazione è quella di avere di fronte un vero e proprio personaggio apatico, una persona incapace di sentire emozioni o stimoli alla vita, con il passare delle pagine scopriamo <b>un personaggio che dedica la sua intera esistenza al "sentire la vita"</b>. Per Stoner la vita è rappresentata soprattutto dalla <b>letteratura</b>, che fa sentire vivo lui e ciò che lo circonda. Dice bene Mel Livatino - e come lui tanti altri critici contemporanei - quando sottolinea che Stoner viene distrutto dalla vita che si trova a vivere, <b>ma non viene sconfitto</b>. Ed è una consolazione amara per noi che leggiamo, ma una possibilità per rivalutare la nostra condizione.</p><p><br /></p><p>Stoner non viene sconfitto perché nonostante tutto è <b>consapevole di sé stesso</b>, non cede quando viene messo in dubbio il suo ruolo e il suo essere William Stoner.</p><p><br /></p><blockquote><p>Mentre sistemava la stanza, che lentamente cominciava a prendere forma, si rese conto che per molti anni, senza neanche accorgersene, come un segreto di cui vergognarsi, aveva nascosto un'immagine dentro di sé. Un'immagine che sembrava alludere a un luogo, ma che in realtà rappresentava lui. Era dunque se stesso che cercava di definire, via via che sistemava lo studio.</p></blockquote><p><br /></p><p><b>La solitudine e la tristezza di Stoner non possono sconfiggere nemmeno noi che leggiamo</b> con trasporto la vita di un uomo raccontata nell'unico modo in cui sarebbe potuta essere raccontata. Leo Robson non pensa che la riscoperta del valore di Stoner sia dovuta a un cambiamento culturale e in parte sono d'accordo con lui. <i>Stoner</i> è stato sicuramente figlio di una visione dell'esistenza umana diversa da quella dei contemporanei di John Williams, ma è c'è un altro punto importante da sottolineare.</p><p><br /></p><p><i>Stoner </i>è un <b>romanzo che non avrà mai un'epoca "giusta"</b> per essere apprezzato veramente. Tuttavia, <b>avrà sempre dei lettori pronti </b>a seguire pagina dopo pagina la vita di un uomo semplice che, in ogni sua piccola sfumatura, rappresenta un po' tutti noi. In passato, ora o in futuro, <i>Stoner </i>non verrà mai sconfitto definitivamente perché, come il suo protagonista, rappresenta il "mood of proud forbearance" (Robson), e che rimane intrappolato nella sua stessa bellezza che gli impedisce di trovare un posto specifico nel mondo e nella storia della letteratura.</p><p><br /></p><p>Ma è proprio grazie alla sua bellezza che Stoner troverà sempre qualcuno disposto a iniziarne la lettura.</p><p><br /></p><p><b><u>Bibliografia:</u></b></p><p>Livatino, Mel. "Revaluation: A Sadness Unto The Bone: John Williams’S Stoner". <i>The Sewanee Review</i>, 2010, pp. 417-422.</p><p>Robson, Leo. <a href="https://www.newyorker.com/magazine/2019/03/18/john-williams-and-the-canon-that-might-have-been" target="_blank">"John Williams And The Canon That Might Have Been"</a>. <i>The New Yorker</i>, no. March 18, 2019, 2019, pp. 71-77.</p><p>Wakefield, Dan. "John Williams, Plain Writer". <i>Ploughshares</i>, vol 7, no. 3/4, 1981, pp. 9-22.</p>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.496365513.592549663821153 -22.6598845 70.213017336178837 47.652615499999996tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-78125319238534612852020-11-05T14:30:00.018+01:002020-11-07T10:48:18.619+01:00Gli Stati Uniti attraverso la letteratura: "Un paese lontano" di Franco Moretti.<p><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZugwCBR735-Pbw1OGbmmydrMsQaqaikQ4THszDoqsCKLYq1uIuhW65CT9SHRjpIAvATugFuWc0onO3jH_ktuzJVPvwdSQfNsuPyqSDlDEYrYJR21jl_Je9koIZPzjan8Gcj9Vz3fsKcpD/s1280/photo_2020-11-05_14-05-50.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="960" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZugwCBR735-Pbw1OGbmmydrMsQaqaikQ4THszDoqsCKLYq1uIuhW65CT9SHRjpIAvATugFuWc0onO3jH_ktuzJVPvwdSQfNsuPyqSDlDEYrYJR21jl_Je9koIZPzjan8Gcj9Vz3fsKcpD/s16000/photo_2020-11-05_14-05-50.jpg" /></a> Esistono diversi modi per insegnare la letteratura agli studenti universitari: lezioni frontali, lettura e analisi dei testi, lunghi monologhi sulla storia della letteratura o illuminanti discorsi che intrecciano tutto ciò appena nominato e un aperto dibattito su cosa sia la letteratura. Avere degli insegnanti che riescono a coniugare queste abilità è uno dei regali più belli che si possa ricevere quando si studia. Credo che gli studenti di<b> Franco Moretti</b>, nel corso degli anni e indipendentemente dal luogo di provenienza, abbiano vissuto un’esperienza simile.</p><p><br /></p><p><b><i>Un paese lontano</i></b> è la dimostrazione in breve di cosa significhi per Moretti non solo conoscere a fondo la letteratura ma anche e soprattutto <b>saperla insegnare bene</b>. Non si tratta solo di un insegnamento appassionato, che a Moretti non manca, ma anche di una <b>capacità di saper connettere diverse discipline</b> e cogliere tutta una rete di elementi che rendono gli Stati Uniti il paese che è oggi.</p><p><br /></p><p><b><i>Un paese lontano</i></b> parte proprio da un <b>ciclo di lezioni sulla Literary History</b> che Moretti ha tenuto sia a Stanford che a Salerno – una linea rossa che mette in contatto due mondi tanto distanti che a detta dell’autore non dovrebbero presentare differenze per colui che è tenuto a insegnare la storia letteraria. È apprezzabile che in poche pagine di introduzione l’autore sottolinei <b>una necessità che va al di là dell’argomento del libro in sé</b>, ma che include un’idea dell’apprendimento universitario come un vero e proprio arricchimento, sia dalla parte del docente che da quello degli studenti. Il discorso si intreccia con perfezione al nucleo del saggio, ovvero la cultura americana: l’idea che tutti un po’ abbiamo di una società basata generalmente sul consumismo è riassunta dall’espressione usata nelle università americane – come Stanford – a inizio semestre, quando gli studenti devono fare lo<b> “shopping for classes”</b> e scegliere di conseguenza i corsi da frequentare. Il collegamento è presto fatto.</p><p><br /></p><p>Il fatto che cultura e apprendimento – della letteratura in questo caso ma il discorso può abbracciare altre discipline – siano così legate, è il punto di partenza di <b>una riflessione che Moretti porta avanti con una schematicità di struttura necessaria al mezzo</b>. Riflettere sulla storia della letteratura americana significa dover e poter riflettere non solo sulla storia americana ma anche sulla cultura che viene creata e che è allo stesso tempo alla basa di quella stessa storia.</p><p><br /></p><blockquote><p>'Forma' in Literary History significava in primo luogo: stile. Estrarre brani da un testo, e analizzarne il linguaggio funzionava bene in classe, e divenne una prassi prima ancora che me ne rendessi pienamente conto.</p></blockquote><p> </p><p>Non è un caso che <b>Moretti tenga particolarmente al concetto di “forma” e di “stile”</b> intese come elemento che in letteratura dà riconoscibilità all’opera: partire da loro non è solo il metodo che l’autore utilizza nel costruire questo saggio ma è anche il suo approccio preferito nel racconto delle opere letterarie e culturali al suo interno. In ogni capitolo Moretti <b>parte da un dettaglio e analizza l’intera opera culturale</b> anche con un certo trasporto che rende la lettura sicuramente meno noiosa di quanto potrebbe apparire.</p><p><br /></p><blockquote><p>La ragione principale stava nella letteratura stessa: dove, negli ultimi due secoli, il rapporto tra intreccio e stile si era progressivamente sbilanciato a favore di quest'ultimo.</p></blockquote><p> </p><p>Si tratta di <b>un approccio che unisce una lettura molto ravvicinata dal testo e lo sforzo interpretativo per dare una ragione al testo stesso</b>. Ecco che dalla lettura dei versi di Whitman e di Baudelaire messi a confronto fuoriescono due visioni opposte della modernità che si battono tra gli spettri della città di Parigi e il progresso di una nazione nascente. Entrambe le prospettive sono giustificate da una serie di eventi storici e culturali senza i quali quegli stessi testi non sarebbero probabilmente mai esistiti.</p><p><br /></p>Di <b>modernità</b> se ne parla anche nel capitolo dedicato a Hemingway e all’estetica del nuovo secolo. Moretti si sofferma su un tema che a me è sempre stato molto caro: <b>l’insolubilità del linguaggio quando è messo al servizio dell’inesprimibile</b>, ovvero la situazione in cui poeti e scrittori si sono trovati davanti gli orrori e l’incomprensibilità del primo conflitto mondiale.<div><br /><p></p><p>Quando si tratta di analizzare altre opere culturali, Moretti si rivolge al cinema, al teatro e all’arte. Dedica un capitolo al<b> confronto tra film Western e Noir </b>come generi cinematografici che rappresentano dei veri e propri “miti” americani, oggi radicati nell’immaginario culturale nel quale siamo tutti immersi.</p><p><br /></p><p>Immancabili all’appello anche Hopper e <b><i>Morte di un commesso viaggiatore</i></b>, anch’essi inseriti in una poetica in cui l’indugio nella forma letteraria e di ciò che ci viene mostrato si unisce alle diverse rappresentazioni degli Stati Uniti.</p><p><br /></p><p>Tutte le opere culturali nelle quali Franco Moretti ci guida in <b><i>Un paese lontano</i></b> sono rappresentative di una <b>sfumatura specifica della cultura americana</b> nello stile e nella forma in cui sono sviluppate. Moretti sembra provare a condurci all’idea che forma e contenuto sono <b>due aspetti inseparabili in un’opera</b>, soprattutto quando l’unione tra i due riesce a cogliere un dettaglio di qualcosa di più grande nella realtà esterna all’opera stessa.</p><p><br /></p><p>Il saggio di Moretti non è lungo ma è denso di informazioni che in passato l'autore ha avuto la possibilità di spalmare in una serie di corsi seminariali per l'università. La resa è comunque ottima anche se ridotta per cause di forza maggiore, ma è anche e soprattutto accessibile a chi non ha la minima idea nemmeno di cosa sia la Literary History.</p></div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com2Roma RM, Italia41.9027835 12.49636551.858572377816067 -57.816134500000004 81.946994622183922 82.8088655tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-58302768094375216542020-10-31T19:30:00.033+01:002020-11-01T12:54:44.465+01:00In fondo al libro #1: le origini e le fonti dei romanzi.<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWm93ZvWu0VjD8X6oPglEqHhHin1DW1N2PQOAgFMGgRt33a3WGHYzq1r20P7LSz33jlllBg-GOzL6qmhWrZJNB3Ezm4EJCkaSdUnx9Q5VaZcsl4P3dxFxJgJ-gi0LfkwfmygV2of8JnwTd/s2048/_DSC8235.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1417" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWm93ZvWu0VjD8X6oPglEqHhHin1DW1N2PQOAgFMGgRt33a3WGHYzq1r20P7LSz33jlllBg-GOzL6qmhWrZJNB3Ezm4EJCkaSdUnx9Q5VaZcsl4P3dxFxJgJ-gi0LfkwfmygV2of8JnwTd/s16000/_DSC8235.png" /></a></div><p>Quando si parla delle sorelle Brontë sembra quasi obbligatorio parlarne come un’entità unica e inseparabile, sia dal punto di vista letterario che personale. Tuttavia, credo sia doveroso mettere in risalto alcuni aspetti che nel tempo hanno reso questa prospettiva un po’ viziata e, qualche volta, limitante.</p><p><br /></p><p>Con la <b>prima puntata</b> di questa nuova edizione di #InFondoalLibro voglio affrontare con voi <b>l’origine e le fonti dei tre romanzi in lettura</b>, <b><i>Agnes Grey</i></b>, <b><i>Cime tempestose</i></b> e <b><i>Jane Eyre </i></b>e, laddove possibile, mettere in risalto proprio quella visione un po’ forzata del dover vedere più un quadro generale che i singoli dettagli al suo interno. Iniziamo.</p><p><br /></p><h2 style="text-align: left;"><b><span style="color: #9fc5e8;">Il contesto di Haworth.</span></b></h2><p>Il primo aspetto da considerare quando si parla della produzione letteraria delle Bronte è proprio il contesto in cui le sorelle sono cresciute: <b>Haworth</b>.</p><p><b><br /></b></p><p><b>Casa Brontë fu un luogo di ispirazione letteraria</b> per le sorelle sin dall’infanzia. Per quanto isolata potesse essere la loro vita nella canonica di Haworth, le sorelle hanno avuto modo di sperimentare un altro tipo di fermento che non fosse quello propriamente sociale. Infatti <b>il padre, Patrick, permetteva ai suoi figli e figlie di accedere a tutti i libri che la biblioteca di casa ospitava</b>: la Bibbia, <b><i>Le mille e una notte</i></b>, Shakespeare, Milton, le poesie di Percy Bysshe Shelley, i versi scandalosi – per l’epoca - di Lord Byron e l’immaginario romantico di Wordsworth erano solo alcune delle letture che animavano la mente dei piccoli Brontë. Insieme alle letture condivise che venivano fatte a casa Brontë, Anne, Charlotte, Emily e Branwell, loro fratello, condividevano anche una <b>strana passione per la lettura e il commento dei periodici e giornali locali</b>, come il <b>Blackwood’s Magazine</b>.</p><p><br /></p><p>Quindi, <b>alle storie di finzione si legavano fatti storici</b> a cui le Bronte, per quanto lontane dal fermento delle grandi città, vivevano con lo stesso ardore dal loro paesino nella brughiera inglese. A questi due poli opposti si aggiungono anche <b>le letture di carattere più manualistico</b>, ovvero libri di geografia che fornivano una base di realtà alle storie esotiche ambientate in luoghi lontani di cui le sorelle leggevano quotidianamente.</p><p><br /></p><p>Tutto questo materiale venne rielaborato in quelli che ora vengono chiamati <b><i>Juvenilia</i></b>, ovvero una <b>produzione letteraria delle sorelle risalente all’infanzia</b>. Dalla <b>collaborazione immaginativa</b> delle Brontë vennero alla luce due <b>mondi immaginari</b> su cui le sorelle e Branwell scrissero bozzetti e poesie per tutta la vita: la competizione tra Charlotte e Branwell diede vita al <b>regno africano di Angria</b>. Emily e Anne, invece, crearono il<b> regno di Gondal</b>, situato nel Pacifico. La creazione delle avventure tra i due regni era <b>legata in primo luogo alle espansioni coloniali del tempo</b> e all’interesse che stavano suscitando nel pubblico inglese. In secondo luogo, i protagonisti delle avventure di Gondal e Angria prendevano liberamente<b> ispirazione dai personaggi che abitavano i libri di storia</b> nella biblioteca di casa. Non è un caso che questi fossero persone realmente esistite e che ogni personaggio portasse con sé la voce del proprio creatore: <b>Emily era Parry</b>, un esploratore inglese contemporaneo ai Bronte, <b>Anne era Ross</b>, un ufficiale della marina militare britannica ed esploratore anch’egli; <b>Charlotte era il Duca di Wellington</b>, <b>Branwell invece Napoleone</b>, e non a caso questi due personaggi storici erano rivali in guerra tanto quanto lo erano anche Charlotte e Branwell nell’ambiente creativo.</p><p><br /></p><h2 style="text-align: left;"><span style="color: #9fc5e8;">I punti in comune.</span></h2><p>Ciò che spesso colpisce della produzione letteraria delle sorelle Brontë è <b>la loro somiglianza</b>. Abbiamo visto poco fa che questa è giustificata anche dalle letture e dai Juvenilia prodotti nell’infanzia dalle sorelle. È per questo motivo che in tutti e tre i romanzi si possono trovare<b> temi presi in prestito dagli scrittori romantici</b> che le sorelle avevano letto e ammirato sin da piccole: trame sensazionali che tengono incollati i lettori alle pagine come nel caso di <b><i>Cime tempestose</i></b>, ambientazioni esotiche che fanno da sfondo a storie nascoste come nel caso di <b><i>Jane Eyre</i></b> e ambientazioni e modalità narrative tipiche del gotico che aleggiano silenziose in tutti e tre i romanzi citati. <b>Tuttavia, è pur sempre vero che affrontare separatamente i tre romanzi può essere un’occasione utile per capirli singolarmente</b> e, come suggeriscono molti critici letterari, per <b>decostruire una serie di miti</b>, spesso sbagliati, legati all’immagine delle tre sorelle come nucleo letterario inseparabile.</p><p><br /></p><h2 style="text-align: left;"><span style="color: #9fc5e8;">Affrontati separatamente.</span></h2><p>Per quanto riguarda <b>le origini dei libri</b>, è davvero difficile risalire a quelle che potrebbero essere state le intenzioni originarie delle singole scrittrici poiché, per quanto riguarda soprattutto Emily e Anne, <b>non abbiamo praticamente nulla di scritto</b>. Si può intuire che per i romanzi delle due sorelle minori ci siano degli elementi che non solo li allontanano narrativamente da <b><i>Jane Eyre</i></b>, ma fanno sì che si distinguano come opere indipendenti. Inoltre, quasi sicuramente <b>queste differenze ricalcano i singoli approcci alla letteratura e l’atteggiamento alla vita delle loro scrittrici</b>. Tuttavia, questo diventa un problema nel momento in cui per più di ottant’anni la critica si è basata su un solo elemento per decretare il valore letterario delle opere e per affrontare la vita delle sorelle prese separatamente: <b>la testimonianza di Charlotte</b>.</p><p><br /></p><h3 style="text-align: left;"><span style="color: #9fc5e8;">Le sorelle attraverso gli occhi di Charlotte.</span></h3><p>Emily morì a soli trent’anni nel 1848 e la seguì l’anno successivo Anne, a soli ventinove anni. <b>Fu sempre Charlotte a decidere di pubblicare i suoi romanzi</b> e a convincere le sorelle a fare altrettanto; fu lei a farsi carico delle responsabilità letterarie delle sue opere e di quelle delle sorelle anche per le critiche rivolte alle stesse.<b> La sua impronta ha creato non pochi problemi</b>, soprattutto per la valutazione delle opere e della vita di Anne. Se per Emily la sorella maggiore riservò parole più chiare sul suo talento letterario, con Anne sembrò congedare il discorso affermando che la sorella non avesse particolari doti nella scrittura. <b>Il fatto curioso che non sempre viene menzionato è che è la stessa Charlotte ad ammettere privatamente di non riuscire a capire completamente Anne</b>: quando ne parla in riferimento al regalo di alcuni soldatini a Branwell con i quali giocarono lui e le sorelle insieme durante l’infanzia, Charlotte definisce i soldatini di Anne “<i>a queer little thing, very much like herself</i>” (“<i>degli esserini strani, molto simili a lei</i>”).</p><p><b><br /></b></p><p><b>Anne era un enigma agli occhi di Charlotte.</b> Anche in altre occasioni in età più adulta, Charlotte definisce “<i>gentle</i>” e “<i>dear</i>” la sorella, quando dall’ultima lettera scritta da Anne in punto di morte e dalla vita stessa condotta dalla più piccola delle sorelle, fuoriesce un ritratto del tutto diverso dalla fragile creatura che Charlotte descrive.</p><p><br /></p><h3 style="text-align: left;"><span style="color: #9fc5e8;">Anne e <i>Agnes Grey</i>.</span></h3><p>Come abbiamo visto, <b>Anne sembra essere la figura più enigmatica</b> tra le tre, anche a livello letterario. I suoi due romanzi sono sempre stati ignorati dalla critica o recensiti negativamente, anche a causa dell’influenza di Charlotte.</p><p><br /></p><p>Al contrario di quello che era stato raccontato da Charlotte, <b>Anne era stata una scrittrice molto proficua e attenta sin da giovane</b>. A ventisette anni scrisse della sua infanzia in un poemetto molto toccante, “<b>Self-Communion</b>”, in cui ricorda di essere stata una “bambina senza speranze”, “debole”, spaventata, ingenua, titubante e “anelante a un amore che la proteggesse”, perché era il “suo unico rifugio dalla disperazione”.</p><p><br /></p><p>Più che consapevole di sé stessa, <b>Anne aveva sempre desiderato l’indipendenza</b>: a diciannove anni, molto ben prima delle sorelle maggiori, partì in cerca di un lavoro come istitutrice, un’esperienza che, come si può intuire, la ispirerà nella scrittura di <b><i>Agnes Grey</i></b> e influenzerà il suo atteggiamento nei confronti della professione. Come vedremo meglio nell’articolo sulle tematiche dei romanzi, <b><i>Agnes Grey</i></b> <b>è il primo romanzo che affronta la figura dell’istitutrice</b>, ancor prima di<b><i> Jane Eyre</i></b>, soprattutto da una prospettiva professionale. Infatti, ciò che interessa Anne della scrittura è il poter dire “la verità”, come annuncerà lei stessa nella prefazione al suo secondo romanzo, <b><i>The Tenant of Wildfell Hall</i></b> (<b><i>La signora di Wildfell Hall</i></b>). Che questa verità venisse espressa in maniera molto diretta è una qualità di Anne che veniva riconosciuta anche da Charlotte e che fu motivo di licenziamento per la famiglia per cui Anne lavorò come istitutrice. <b>Non è un caso che quando si parla di <i>Agnes Grey</i>, si definisca il suo tono come “razionalismo illuminato”</b>: da una parte questo riporta a un rigore razionale tipico di Anne, dall’altra parte però ci dà anche un’indicazione delle influenze letterarie dirette o meno sulla scrittrice: versi di poeti settecenteschi illuministi e testi religiosi le cui immagini e metafore si ritrovano spesso anche nel romanzo. <b>Anche in questo rifiuto parziale dell’esperienza letteraria del Romanticismo, che era stata fondamentale per Emily e Charlotte, si trova la differenza tra Anne e le sorelle</b>.</p><p><br /></p><h3 style="text-align: left;"><span style="color: #9fc5e8;">Emily e <i>Cime tempestose</i>.</span></h3><p>Tra tutte le sorelle, quella di cui abbiamo meno informazioni è sicuramente Emily. <b>Le testimonianze che abbiamo di lei sono poche ma fanno un ritratto bene o male coerente di una persona abbastanza introversa, taciturna e rigida</b>. Tra Charlotte, Anne ed Emily fu proprio quest’ultima a rifiutarsi fino all’ultimo di dare alle stampe non solo le poesie che aveva composto ma anche l’unico romanzo scritto, che era proprio <b><i>Cime tempestose</i></b>.</p><p><br /></p><p>Per quanto riguarda <b>i documenti a noi giunti scritti da Emily</b>, sappiamo che insieme ad Anne nel 1834 <b>aveva iniziato un diario giornaliero</b> da aggiornare ogni quattro anni. In una pagina di questo diario, si possono notare anche brevi bozzetti sul regno di Gondal, che poi Emily avrebbe riportato sotto forma di poesie negli anni successivi.</p><p><br /></p><p>La vita e la produzione letteraria di Emily è quella <b>più legata a Haworth</b> rispetto alle sorelle. Questo interesse nella brughiera si nota molto bene in <b><i>Cime tempestose</i></b>, soprattutto se paragonato a <b><i>Jane Eyre</i></b>: se nel romanzo di Charlotte i paesaggi sono sì riconoscibili ma poco riconducibili a luoghi familiari, in quello di <b>Emily i riferimenti alla brughiera e a paesaggi simili allo Yorkshire sono fin troppo evidenti</b>. Alcuni dicono che per la proprietà di Wuthering Heights, Emily si fosse ispirata a quello che ora è il rudere di Top Withens che si trova proprio fuori Haworth. </p><p><br /></p><p>Quando nel 1835 Emily ritornò definitivamente a Haworth, dedicherà il resto della sua vita a scrivere le poesie del ciclo di Gondal e Angria. Il fatto curioso e rilevante di <b>queste poesie è che ritraggono personaggi con passioni tanto violente e crudeli come quelle descritte in <i>Cime tempestose</i></b>. Emily ebbe all’incirca dieci anni di preparazione per scrivere il romanzo, che iniziò indicativamente verso ottobre del 1845 e terminò nel giugno del 1846. Ci sono alcune congetture sul fatto che prima di morire, Emily avesse iniziato una versione estesa di <b><i>Cime tempestose</i></b>, ma non è mai stato trovato alcun documento del genere, né riferimenti alla sua stesura.</p><p><br /></p><h3 style="text-align: left;"><span style="color: #9fc5e8;">Charlotte e <i>Jane Eyre</i>.</span></h3><p>Tra le tre sorelle, <b>Charlotte era sicuramente quella dal carattere e dalla salute più forte</b>. Che questa sicurezza nascondesse una fragilità di base si può intuire dal modo in cui si avvicinava ai giochi “letterari” che faceva insieme al fratello e alle sorelle durante l’infanzia. <b>Lo spirito competitivo della giovane scrittrice la portava a sperimentare in continuazione con forme letterarie e personaggi diversi</b>, ispirati dai suoi eroi romantici (soprattutto Byroniani) e dalle letture di avventure lontane nel tempo e nello spazio. Il gioco si trasformava in sfide che Charlotte prendeva con una serietà tale da risultare in resoconti della sua stessa attività letteraria. Uno di questi presenta anche modalità metaletterarie (i personaggi del regno di Angria narrano le loro stesse avventure consapevoli che ci sia un’autrice a guidarli) che <b>definiscono Charlotte una scrittrice desiderosa di affermare la sua autorità creativa letteraria</b>. Questo viene confermato da Charlotte stessa nel 1830, quando a soli quattordici anni affronta per iscritto il suo processo creativo:</p><p><br /></p><p></p><blockquote>“Quanto si illudono in genere molte persone nelle loro idee sui grandi autori. Ogni frase pensano sia l’espressione di una mente straripante di sublime e di bello. Ahimè, se solo conoscessero la difficoltà che spesso impiego per portare con cura a conclusione un passaggio splendido, per evitare le ripetizioni troppo frequenti della stessa parola, per ritoccare e rifinire il periodo e per fare molte altre cose. Abbasserebbero presto l’alto standard su cui la nostra reputazione è fissata.”</blockquote><p> </p><p></p><p><b>La serie di esperienze letterarie dell’infanzia e dell’adolescenza darà modo a Charlotte di raccogliere più materiale possibile per i romanzi dell’età adulta</b>, soprattutto in relazione allo sviluppo di tematiche affrontate anche in <b><i>Jane Eyre</i></b>, come l’esplorazione dell’agire femminile in relazione al mondo esterno e alla propria identità. Sicuramente, l’esperienza più formativa per Charlotte fu il periodo di studio e insegnamento nella <b>scuola di Roe Head</b>, che le fornì ulteriore materiale per la prima parte delle vicende di Jane nell’omonimo romanzo.</p><p><b><span style="color: #6fa8dc;"><br /></span></b></p><p><b><span style="color: #6fa8dc;">Bibliografia di supporto:</span></b></p><p>Hoeveler, D. and Morse, D., 2016. <i>A Companion To The Brontës</i>. Blackwell Publishers.</p><p>Glen, H., 2003. <i>The Cambridge Companion To The Brontës</i>. Cambridge University Press.</p><p>Ingham, P., 2006. <i>The Brontes</i>. Oxford University Press.</p><p><span style="color: #6fa8dc;"><b><br /></b></span></p><p><span style="color: #6fa8dc;"><b>Sitografia di interesse (clicca sul testo):</b></span></p><p><a href="https://www.bl.uk/romantics-and-victorians/articles/melding-of-fantasy-and-realism-in-wuthering-heights" target="_blank">Melding fantasy and realism in Wuthering Heights</a></p><p><a href="https://www.bl.uk/collection-items/emily-brontes-diary-1837" target="_blank">Emily Brontë's diary paper, 1837</a></p><p><a href="https://www.bl.uk/romantics-and-victorians/articles/walking-the-landscape-of-wuthering-heights" target="_blank">Walking the landscape of Wuthering Heights</a></p><p><a href="https://www.bl.uk/collection-items/fair-copy-manuscript-of-charlotte-bronts-jane-eyre" target="_blank">Fair copy manuscript of Charlotte Brontë's Jane Eyre</a></p></div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-25904455453715628062020-10-06T15:00:00.000+02:002020-10-06T15:00:03.373+02:00Prendersi cura della lingua con "Potere alle parole" di Vera Gheno.Sono sempre stata convinta che le parole abbiano una <b>certa importanza</b>: il modo in cui le usiamo, il tono con il quale diamo loro voce e le infinite possibilità espressive che da esse possiamo trarre quotidianamente sono solo alcuni dei punti su cui si potrebbe riflettere per ore. Paradossalmente, al desiderio di migliorare le mie competenze linguistiche su tutti i fronti corrisponde una<b> capacità innata di fare figuracce</b> dicendo parole per altre – vi ho mai raccontato di quando su una recensione scrissi che un ristorante mi era sembrato un po’ “fatiscente” quando intendevo che fosse solo un po’ “vistoso”?<br />
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Anche se il mio non voleva essere proprio un gran complimento, i sensi di colpa per quel povero ristoratore mi perseguitano ancora oggi, ma di esempi potrei farne davvero tanti e credo ne abbiate anche voi un numero considerevole nascosto da qualche parte. Uno dei libri con cui mi sono dilettata quest’estate in piena sessione d’esami, mi ha aiutato a capire un po’ meglio non solo che <b>certe figuracce sono più comuni di quanto si pensi</b>, ma soprattutto che si può lavorare affinché <b>accadano con sempre meno frequenza</b>.<br />
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<h3>
<span style="color: #9da1bd;">Un saggio sulla lingua che riguarda noi.</span></h3>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjr7iU2KLhMoJQtc8PeuhkBaaS1R4yN34UNsZB8vYabW0u-01ArgiwpWbTsfQIdoMk_WAVnPmGme3Z3oXJrl98SPYe8qVbdtCOD8AfR6U9PVGQkUHwQJrN8OgMpSZ2V6DeWFbAsvQz55vvd/s1600/veragheno.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="853" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjr7iU2KLhMoJQtc8PeuhkBaaS1R4yN34UNsZB8vYabW0u-01ArgiwpWbTsfQIdoMk_WAVnPmGme3Z3oXJrl98SPYe8qVbdtCOD8AfR6U9PVGQkUHwQJrN8OgMpSZ2V6DeWFbAsvQz55vvd/s400/veragheno.jpg" width="265" /></a></div>
<b><i>Potere alle parole</i></b> è un <b>saggio divulgativo sulla lingua</b>, ma non si tratta del solito librone in cui ci viene spiegato perentoriamente come dovremmo parlare. Al di là del fatto che ci troviamo di fronte a un libro di poco più di centocinquanta pagine, con il saggio di <b>Vera Gheno</b>, <b>sociolinguista che ha collaborato con l’Accademia della Crusca e con Zanichelli</b>, le parole noia e paura dell’argomento perdono il loro potere. Ironico con un titolo del genere, vero?<br />
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Non credo di aver mai letto un saggio divulgativo di questo tipo: <b>conciso e chiaro nell’esposizione tanto quanto nel messaggio che vuole portare</b> a chi ha preso coraggio e ha iniziato a leggere. Infatti, chiunque può rendersi conto dalla prima pagina che <b>Vera Gheno è ben lontana dall’immagine mitica e paurosa del Linguista</b> che, forse, abbiamo sempre avuto un po’ tutti (ascoltarla dal vivo, poi, è una sorpresa ancora migliore).<br />
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Vera Gheno è capace di <b>rendere piacevole e soprattutto accessibile</b> anche alla persona più distante della materia <b>un argomento tanto ostico come quello della linguistica e della riflessione sulla lingua</b>. I motivi per cui questi discorsi risultano lontani dall’interesse comune sono tanti e diversi quanto i motivi per cui la sociolinguista riesce a renderli semplici, interessanti e anche divertenti. <br />
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È lei stessa ad affrontare un tasto dolente per tanti – me compresa – per cui è difficilissimo accettare non solo di poter sbagliare ma anche di poter cambiare anche nelle proprie competenze linguistiche. <b>Non si tratta di essere “professoroni” della lingua e nemmeno “whateveristi”</b> (termine coniato da Naomi Baron per parlare dello scarso interesse per la forma della comunicazione), <b>ma di essere consapevoli del proprio strumento linguistico</b>. L’obiettivo del saggio di Gheno non è insegnare a comunicare correttamente, quanto<b> proporre una riflessione collettiva sul modo in cui usiamo quotidianamente il linguaggio</b>. Nel libro si parla di situazioni comuni in cui tutti noi ci troviamo a muoverci ogni giorno.<br />
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<blockquote class="tr_bq">
“Un uomo apre, con trepidazione, una busta che contiene l’atteso referto medico. Legge che il risultato è <i>negativo</i>, ma non riesce a capire se esserne sollevato o se si deve preoccupare. […] Un cittadino, nella cabina elettorale, fissa con perplessità la scheda referendaria davanti a lui: non capisce il quesito, e di conseguenza non riesce a decidere se per esprimere la sua opinione deve barrare il ‘sì’ o il ‘no’. Una signora riceve una contravvenzione per essere entrata con l’automobile in una zona a traffico limitato. Eppure, il cartello luminoso oltre cui era passata, sicura di avere il via libera, diceva ‘varco attivo’.”</blockquote>
<br />
<h3>
<span style="color: #9da1bd;">I falsi miti dell'educazione linguistica da sfatare.</span></h3>
L’autrice tocca <b>argomenti “caldi” </b>nel dibattito pubblico – e aggiungerei anche animalesco, a volte – <b>che riguardano la lingua</b>, il modo in cui ci mettiamo in rapporto con essa e la bistrattiamo non solo usandola male ma anche tentando di salvarla anche a scapito del suo inevitabile cambiamento. Nel libro vengono affrontati i “<b>falsi miti dell’educazione linguistica</b>”, che ci portano a pensare in due modi opposti: da una parte troviamo “disdicevole” parlare il dialetto in qualsiasi circostanza o tendiamo a correggere gli altri per il bene del “io l’ho imparato così” credendo in una sola lingua corretta; dall’altra, invece, ci appropriamo indistintamente di parole non italiane quando quelle parole già esistono nella nostra lingua (“weekend” vi dice qualcosa? Che fine ha fatto il nostro caro “finesettimana”?) o ne usiamo altre senza mai considerare il loro contesto d’uso. <b>Non c’è una direzione più giusta dell’altra, tanto meno se ci dimentichiamo dell’importanza di continuare a riflettere sulla lingua anche individualmente.</b><br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
“Usare bene la lingua, oggi più che mai, non è una posa, non è un vezzo da ‘professorone’, ma una necessità per tutti”</blockquote>
<br />
Gli spunti di <b>riflessione sulla responsabilità di noi parlanti nel creare e mantenere viva la lingua</b> sono forse il regalo più bello che Vera Gheno possa fare a chi legge il suo libro. Nel parlare dei <i>grammarnazi</i>, di <i>piuttosto che</i> usati nel modo sbagliato, nel ruolo che i giovani e l’inglese hanno nel modificare apparentemente la lingua, Gheno risponde a una serie di domande che ci poniamo tutti, o meglio, tutti coloro che si chiedono se stiano usando le parole giuste.<br />
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<h3>
<span style="color: #9da1bd;">La parola chiave: curiosità.</span></h3>
Avere la <b>curiosità di scoprire la propria lingua</b> e di impararne di altre è il concetto chiave delle riflessioni di Vera Gheno in <b><i>Potere alle parole</i></b>, perché “più parole conosciamo, più siamo liberi di muoverci sopra la tastiera dell’espressione linguistica”. Le risposte di Vera Gheno non sono quelle di cui avremmo bisogno, ovvero delle rassicurazioni sul fatto che parliamo bene – quelle prescrizioni in stile ricetta del medico ma sulla lingua -, bensì <b>ci invitano a una riflessione collettiva da una parte e individuale dall’altra sul nostro rapporto quotidiano con l’italiano</b>, ricordandoci che "la vera libertà di una persona passa dalla conquista delle parole: più siamo competenti nel padroneggiarle […], più sarà completa e soddisfacente la nostra partecipazione alla società della comunicazione.”.<br />
<br />
Inizialmente la conclusione delle riflessioni dell'autrice lascia un po’ l’amaro in bocca, ma risulta essere un <b>gran consiglio</b> alla fine: <b>noi tutti siamo responsabili nel preservare la lingua</b> nel nostro piccolo spazio individuale, ma è proprio in quest’ultimo luogo non fisico che possiamo migliorare la consapevolezza dell’uso che facciamo della lingua influenzando positivamente chi ci sta attorno.<br />
<br />
Con <b><i>Potere alle parole</i></b> Vera Gheno si rivela proprio l’esperta di cui abbiamo bisogno, ovvero una sociolinguista capace di <b>accorciare le distanze</b> tra una materia spesso poco considerata e un <b>dibattito collettivo</b> sulla lingua al quale tutti noi dobbiamo prendere parte.<br />
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<h3>
<span style="color: #9da1bd;">Come ho scoperto Vera Gheno:</span></h3>
<div>
<span style="color: #a37b81;">▶</span> <a href="https://www.youtube.com/watch?v=BTZq2q_Cicg" target="_blank"><u>Il potere delle parole giuste | Vera Gheno | TEDxMontebelluna</u></a> </div>
<div>
<span style="color: #a37b81;">▶</span> <a href="https://www.youtube.com/watch?v=dMGtm94GgvA" target="_blank"><u>Dalla Parole Ostili alle Parole O_stili | Vera Gheno | TEDxYouth@Bologna</u></a></div>
Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Rome, Metropolitan City of Rome, Italy41.9027835 12.496365541.524646 11.850918499999999 42.280921 13.1418125tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-18427637947846752462020-10-01T15:00:00.000+02:002020-10-01T15:00:04.922+02:00In fondo al libro: un viaggio letterario nella brughiera con le sorelle Brontë.Qualche settimana fa su <a href="https://www.instagram.com/p/CEwsz7Pn-K3/?utm_source=ig_web_copy_link" target="_blank">Instagram</a> ti parlavo del fatto che avrei ricominciato a vivere in maniera normale verso la metà di settembre, non appena sarei tornata a Roma. Così è stato e la fine degli esami che tanto mi hanno spossata nei mesi scorsi ha portato con sé anche la voglia di creare nuovi contenuti e progetti per il blog.<br />
<br />
Con questa incredibile - e anche abbastanza organizzata - voglia di fare, ho ritirato fuori dal cassetto un <b>progetto che avevo iniziato un paio di anni</b> fa e che è giunto il momento di riprendere.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2GjXM-AA3Qmc_XmsVdrvPwh3Jh2zD4G1wIOzd5UaZbG_GzPwqWIng49c_UA0kXrxWmUxWSVwjHemMflaQWWFXiTxvP1A_GztsZ_idMhiwm6ya58vVn64qkFszoI9wA7BERfrepnDGCYDv/s1600/sorelle+bronte.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1006" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2GjXM-AA3Qmc_XmsVdrvPwh3Jh2zD4G1wIOzd5UaZbG_GzPwqWIng49c_UA0kXrxWmUxWSVwjHemMflaQWWFXiTxvP1A_GztsZ_idMhiwm6ya58vVn64qkFszoI9wA7BERfrepnDGCYDv/s400/sorelle+bronte.jpg" width="313" /></a></div>
<h1>
<b><span style="color: #3d85c6;">In fondo al libro: un viaggio letterario.</span></b></h1>
Dal <b>1 ottobre 2020</b> riparte #InFondoAlLibro, <b>un viaggio letterario a tappe in cui analizziamo e confrontiamo tre romanzi da diverse prospettive</b>. Le tre scrittrici protagoniste di questo nuovo viaggio appartengono allo stesso ambiente famigliare e sono uno dei pochi esempi in letteratura in cui nella stessa casa si formano tre penne diverse di uguale valore letterario:<b> le sorelle Brontë</b>. In particolare, ho scelto i tre romanzi inclusi nella recente e bellissima edizione che la Oscar Vault mi ha inviato, <b><i>I capolavori delle impareggiabili penne sororali</i></b>: <b><i>Jane Eyre</i></b> di Charlotte, <b><i>Cime tempestose</i></b> di Emily e <b><i>Agnes Grey</i></b> di Anne.<br />
<br />
<h2>
<b><span style="color: #3d85c6;">Come si svolge il progetto?</span></b></h2>
Come dicevo qualche riga sopra, <b>#InFondoalLibro si svolgerà a tappe qui sul blog</b>, ma ci saranno degli <b>approfondimenti sui canali social</b>, in modo che ci possa essere un confronto saltuario ma costante sulla lettura - insomma, come avviene di solito su Instagram.<br />
<br />
Ogni mese circa ci saranno degli <b>articoli di approfondimento qui sul blog</b> con una tematica specifica:<br />
<ul type="”disc”">
<li>per <b>ottobre</b> è prevista la tappa sulla <b>genesi e origine</b> di ogni romanzo messo a confronto. Puoi farti un’idea in <a href="https://leoredentroailibri.blogspot.com/2018/11/infondoallibro1.html" target="_blank">questo articolo</a> di qualche anno fa in cui ti raccontavo la genesi di <b><i>Frankenstein</i></b> di Shelley, <b><i>Dr. Jekyll e Mr. Hyde</i></b> di Stevenson, e di <b><i>Arthur Gordon Pym</i></b> di Poe.<br />
</li>
<li>per <b>novembre</b> la tappa fissata riguarda la <b>struttura narrativa dei romanzi</b>. Quali differenze e analogie ci sono tra le diverse narrazioni? Quale influenza ha la struttura narrativa di ogni singolo romanzo sulla storia che viene raccontata? Anche qui, puoi vedere un esempio di ciò che leggerai in <a href="https://leoredentroailibri.blogspot.com/2018/11/infondoallibro2.html" target="_blank">questo articolo</a>.</li>
<li>a <b>dicembre</b> affronteremo insieme la parte più corposa del progetto, ovvero le <b>tematiche</b> che possiamo trovare all’interno dei romanzi. Con quelli delle sorelle Brontë c’è davvero molto di cui parlare.</li>
<li>la <b>novità di quest’anno per #InFondoalLibro</b> riguarda la <b>tappa di traduzione</b>: insieme, sia qui sul blog che su Instagram (la modalità ancora è da decidere) e a data da definire, metteremo a <b>confronto le diverse traduzioni</b> fatte negli anni degli incipit dei tre romanzi <b>con le versioni originali</b>.</li>
</ul>
Insomma, come puoi vedere il programma è fitto e io devo tenermi al passo con tutta la ricerca da fare. Se vorrai, potrai seguirmi. <br />
<br />
<h2>
<b><span style="color: #3d85c6;">Come posso partecipare?</span></b></h2>
<b>#InFondoalLibro non è un gruppo di lettura</b>, ma sono felicissima di poter comunque avere accanto delle persone che leggeranno i romanzi insieme a me. Non c’è un ordine e nemmeno una scadenza, ma ho <b>qualche consiglio</b> da darti per rendere questo viaggio un po’ più piacevole.<br />
<br />
Questa volta non si tratterà di semplici recensioni ma di analisi dei testi e negli articoli e nei contenuti di approfondimento sarà inevitabile parlare dei romanzi nello specifico. Questo significa che se vuoi evitare i tanto odiati spoiler ti consiglio o di leggere i tre romanzi in contemporanea o di organizzarti in modo da non incappare in qualche sgradevole sorpresa.<br />
<br />
<h2>
<span style="color: #3d85c6;">Quale edizione scegliere?</span></h2>
Anche per quanto riguarda <b>l’edizione da leggere</b> hai piena libertà di scelta. Con l’occasione, io ho deciso di leggere i romanzi nell’edizione Oscar Vault, ma non è un vincolo al quale si è legati.<br />
<br />
Tuttavia, sai che ci tengo particolarmente alla cura e alla traduzione dei testi, perciò <b>le edizioni che ti consiglio</b> a breve sono quelle con le traduzioni più recenti e di buona qualità.<br />
<i><b><br />
</b></i> <i><b>Jane Eyre</b></i>.<br />
- Reali, Luisa, traduttrice. <i>Jane Eyre</i>. Charlotte Brontë, Mondadori, 2016. (questa è la stessa traduzione presente nel volume I capolavori delle impareggiabili penne sororali).<br />
- Sacchini, Stella. <i>Jane Eyre</i>. Charlotte Brontë, Feltrinelli, 2014. Lamberti, Luca, traduttore. <i>Jane Eyre</i>. Charlotte Brontë, Einaudi, 2017.<br />
<br />
<b><i>Cime tempestose</i></b>.<br />
- Giacobino, Margherita, traduttrice. <i>Cime tempestose</i>, Emily Brontë, Mondadori, 2016. (questa è la stessa traduzione presente nel volume <b><i>I capolavori delle impareggiabili penne sororali</i></b>).<br />
- Noulian, Laura, traduttrice. <i>Cime tempestose</i>, Emily Brontë, Feltrinelli, 2014.<br />
- Masini, Beatrice, traduttrice. <i>Cime tempestose</i>, Emily Brontë, BUR Rizzoli, 2017.<br />
<br />
<b><i>Agnes Grey</i></b>.<br />
- Zazo, Anna Luisa, traduttrice. <b><i>Agnes Grey</i></b>, Anne Brontë, Mondadori, 2019. (questa è la stessa traduzione presente nel volume I capolavori delle impareggiabili penne sororali).<br />
- Sestito, Marisa, traduttrice. <i><b>Agnes Grey</b></i>, Anne Brontë, Newton Compton, 2015.<br />
<br />
Ciò detto, è chiaro che se vorrai leggere i romanzi in lingua originale hai il via libera (e tutta la mia approvazione!).<br />
<br />
Se vorrai unirti ne sarò davvero felice. Intanto, diamo il via alle danze tra le brughiere nebbiose che ci accompagneranno per i prossimi mesi. Buona lettura e a presto!<br />
<br />
Francesca, Le ore dentro ai libri.Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-84521721844573053772020-08-05T12:00:00.000+02:002020-08-05T12:00:04.754+02:00Tra Irlanda, spazi interiori e autofiction: "Acqua salata" di Jessica Andrews.C'è stato un libro che ho letto negli ultimi mesi dal quale non mi aspettavo molto e, nonostante ciò, ha saputo sorprendermi nel profondo.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghptasRD_fo8v3HwPBCfozS0a08qOUDNttyh4qjGa8NRqP8d3v1nmFiZGSNQzQd5KlhofDRDmNF8PJSIovfH9a1p-AKCVLcQuNxaTuTrMUM6ISpAuCfYBc_Rz5b_iUcmsSg3S-VRqYHLq3/s1600/acquasalata.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghptasRD_fo8v3HwPBCfozS0a08qOUDNttyh4qjGa8NRqP8d3v1nmFiZGSNQzQd5KlhofDRDmNF8PJSIovfH9a1p-AKCVLcQuNxaTuTrMUM6ISpAuCfYBc_Rz5b_iUcmsSg3S-VRqYHLq3/s400/acquasalata.jpg" width="325" height="400" data-original-width="1041" data-original-height="1280" /></a></div><font color="#5899B4"><b>Autrice:</b></font> Jessica Andrews<br />
<font color="#5899B4"><b>Titolo:</b></font> Acqua salata<br />
<font color="#5899B4"><b>Titolo originale:</b></font> Saltwater<br />
<font color="#5899B4"><b>Anno di pubblicazione:</b></font> maggio 2019<br />
<font color="#5899B4"><b>Edizione:</b></font> NNEditore, 2020<br />
<font color="#5899B4"><b>Traduzione:</b></font> Silvia Rota Sperti<br />
<br />
<font color="#5899B4"><i>[Libro inviato dall'editore]</i></font><br />
<br />
<b><i>Acqua salata</i></b> di Jennifer Andrews è un romanzo che è stato più volte paragonato ai libri dell'irlandese <b>Sally Rooney</b> ma con la quale, secondo me, condivide davvero poco. La mia è una sensazione anche insaporita da un pregiudizio nei confronti di Rooney che non ho mai letto, ma che mi è stata confermata da chi, invece, ha letto entrambi.<br />
<br />
La storia che Jessica Andrews porta all'attenzione del lettore potrebbe rientrare in quella <b>auto-fiction</b> che ora sembra dominare il mercato editoriale, ma nasconde molto di più di ciò che a prima vista potrebbe sembrare un'autobiografia romanzata (cosa che l'autofiction non è, tra l'altro<small><a href='#Nota1'><b><sup>1</sup></b></a></small>).<br />
<br />
Andrews riesce a costruire <b>una storia abbastanza solida</b> soprattutto attraverso l'originalità della <b>struttura narrativa</b>, un mélange tra diario personale e intimo e le memorie di una giovane ragazza, e la credibilità di un personaggio ben costruito. Di solito le narrazioni in prima persona come quella di Jessica Andrews non sono le mie preferite, ma devo ammettere che il modo in cui l'autrice ha saputo gestire questa modalità narrativa funziona bene. Quella che può sembrare una contraddizione che muove la vicenda, ovvero l'età della protagonista, Lucy, che sembra affrontare un vero e proprio percorso terapeutico auto indotto attraverso la scrittura, è l’elemento che regge tutta la storia. <br />
<br />
Infatti <b>Lucy si muove in modo sconnesso tra gli eventi</b> del suo presente e del suo passato ai quali cerca di dare voce. A livello narrativo, ciò porta a una apparente frammentazione dell'io che viene mostrato a chi legge come la realtà che avviene sul momento ma che, molto probabilmente, è una rielaborazione del personaggio a distanza di anni. Il fatto che la rielaborazione - o manipolazione - degli eventi presenti e passati avvenga attraverso gli occhi di una giovane ragazza rende, paradossalmente, la storia ancora più credibile.<br />
<br />
Tuttavia, <b><i>Acqua salata</i></b> non è la tipica storia della ricerca di un significato nascosto nella propria infanzia, bensì quella di un <b>doloroso tentativo</b> di dirsi le verità più nascoste che non si ha mai avuto il coraggio di tirare fuori. Non a caso prima ho parlato di un percorso terapeutico auto-indotto, perché la frammentazione temporale e narrativa che Jessica Andrews ha tentato di mettere in atto con <b><i>Acqua salata</i></b> sembra muoversi proprio su questi binari. La scrittura di Andrews è reale in questo senso e <q>"di un'onestà disarmante"</q><small><a href='#Nota2'><b><sup>2</sup></b></a></small> nel mettere nero su bianco una delle fasi di crescita più dolorose della vita di una persona e in particolare di una ragazza.<br />
<br />
A riempire questa cornice narrativa anche ben bilanciata c'è un forte legame affettivo presente sin dall'inizio del romanzo. Il prologo propone subito lo stile della scrittrice che, sin dall'inizio, assorbe chi legge e fa ben sperare per quello che riguarda la struttura della narrazione. Uno stile del genere può non piacere, ma ciò non toglie che sia coerente - e anche ben usato - con la storia che viene narrata.<br />
<br />
<blockquote>Comincia con i nostri corpi. Pelle contro pelle. Il mio corpo esplode dal tuo. (p. 7)</blockquote><br />
Sembra come se <b>Andrews giochi continuamente con il confine metanarrativo della sua storia</b> nella quale la scrittura stessa viene resa parte attiva di ciò che viene raccontato. Lucy si interroga spesso sull'importanza del linguaggio e delle parole - suo fratello è nato con una quasi totale sordità ed è, quindi, incapace di comunicare - ma soprattutto su quello del narrare.<br />
<br />
<blockquote>Così tante parole. Da modellare sulle labbra o formare con le dita. Mi vanno di traverso le sillabe. (p. 68)</blockquote><br />
Oppure:<br />
<br />
<blockquote>La mia amica fa la parte di Maria nella recita scolastica, mentre io sono il narratore. Ho delle parole da dire e lei no. Mi dici che è la parte migliore, ma non ne sono sicura. (p. 75)</blockquote><br />
Le sillabe vanno di traverso e <b>la comunicazione diventa impossibile anche quando si hanno tutti gli strumenti per metterla in atto</b>. Ciò di cui Lucy è alla costante ricerca è il suo modo di comunicare, tant'è che nel momento in cui si trasferisce nel Donegal qualcosa in lei sembra cambiare silenziosamente.<br />
<br />
<blockquote>Credo che uno dei motivi per cui qui [nel Donegal] sono più calma sia il fatto di poter scegliere le mie parole. A Londra ero continuamente bombardata da messaggi pubblicitari sulla metro, tabelloni, manifesti, musica, annunci e frammenti di conversazioni altrui. Qui ci sono meno parole. [...] Devo cercare attivamente il resto del mondo per ricordarmi che esiste. (p. 68)</blockquote><br />
In questo modo, <b>l'Irlanda sembra diventare la controparte dello spazio interiore che Lucy sta ricercando</b>. Lucy si sente vuota e allo stesso tempo troppo piena di qualcosa che la opprime e dalla quale è dovuta scappare quando si è trasferita a Londra per frequentare l'università. Il "guscio" materno è il nucleo da cui si dipanano tutte queste riflessioni, il centro dei legami familiari che <b>rendono questo libro tanto intimo</b>. Lucy rielabora e racconta tutte le problematiche insieme a chi legge di lei, senza conoscere troppo bene la direzione di questo percorso interiore.<br />
<br />
Sembra come se Lucy avesse bisogno di riprendere un contatto sano con gli oggetti e le cose intorno a sé dopo essersi allontanata dall'involucro caldo ma opprimente della madre. <b>La narrazione si bilancia bene</b> tra le sezioni del libro che riflettono le fasi di questo percorso: dalla dimensione più interna e primitiva in cui Lucy desidera la madre, all'allontanamento violento che Lucy inizialmente giustifica come reazione al rifiuto di un legame da parte della madre. L'iniziale dimensione interna da cui Lucy fugge viene ricercata sotto i "cieli infiniti" d'Irlanda durante quel processo doloroso in cui anche il contatto con sé stesse diventa "claustrofobico" e doloroso.<br />
<br />
<b>L'elemento portante, la dominante, di questo romanzo è sicuramente la forte componente sensoriale</b>. Quasi tutto quello che viene narrato, sensazioni, emozioni e preoccupazioni vengono filtrate e narrate attraverso percezioni tattili, sonore, olfattive e di gusto. In alcuni punti del libro questo tipo di scrittura diventa forse troppo costruito, ma la rapidità tipica dei frammenti su cui la storia è costruita rende la lettura sicuramente più scorrevole.<br />
<br />
I frammenti scorrevoli:<br />
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<blockquote>Ero sempre stata la prima a svegliarmi e salivo in cima allo scivolo vestita dei miei pantaloni con le fragole, imparando la forma silenziosa del mattino. (p. 45)<br />
<br />
Vorrei costruire un muretto a secco. [...] Sarà un muretto piccolo, facile da scavalcare. Non voglio rinchiudere nessuno né escludere nessuno. [...] Tornerò a trovare il mio muretto di tanto in tanto. Dirò ad amici e amanti: "L'ho costruito io". E anche se non mi crederanno, mi passerò i pollici sulle cicatrici dei polpastrelli e saprò che è vero, e questo mi basterà. (p. 207)</blockquote><br />
Uno dei frammenti meno scorrevoli:<br />
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<blockquote>Faccio fatica a dormire nel cottage. Credo sia perché non ho molta gente con cui parlare e i pensieri mi restano intrappolati sottopelle come vesciche. Non sanno dove altro andare e vagano per il mio corpo mentre sono sdraiata a letto, sfregando contro i bordi. (p. 55)</blockquote><br />
Il <b>finale</b> mi ha soddisfatta: si percepisce che l'ultimo frammento, non meno doloroso degli altri, non sia la fine di quel percorso iniziato da Lucy ma che il cambiamento più importante sia comunque già avvenuto.<br />
<br />
Leggere questo libro è stato un po' come rivivere lo stesso percorso di distacco e riavvicinamento alle proprie origini e, devo ammettere, Jessica Andrews è riuscita a riproporre lo schema in maniera convincente e a tratti anche toccante.<br />
<br />
Una <i>piccola postilla</i> per finire. Ho trovato curioso che nel mondo anglosassone questo romanzo sia stato portato agli occhi dei lettori come la storia dell'ingresso nell'età adulta di una giovane ragazza del Nord dell'Inghilterra. Mi ha sorpreso scoprire quanto il pubblico si sia legato a questa definizione di <b>"working-class-girl novel"</b> (un romanzo con protagonista una ragazza della classe operaia) e sia rimasto sconvolto nello scoprire che <b>non si tratta di nulla di tutto ciò</b>. O meglio, <b>è la stessa Jessica Andrews a scrivere sul suo blog che tra le tematiche trattate nel romanzo ci sia anche quella della classe sociale</b>, ma ci tiene a specificare che più che la classe sociale in senso politico, <b>si tratti più del luogo da dove proveniamo come persone</b>, quello che definisce le nostre storie e noi stessi in quanto esseri umani. <br />
<br />
<blockquote>My novel (that word again) is mostly about bodies, desire and intimacy and the way that our perceptions of these things are influenced by the past and social class (or the places we come from, I suppose).<small><a href='#Nota3'><b><sup>3</sup></b></a></small><br />
</blockquote><br />
Nello stesso passaggio, Andrews ritorna anche sulla questione dell'autofiction che ho menzionato sopra, sottolineando il fatto che quando leggiamo <i>auto-fiction</i> bisogna soffermarsi più sulla <i>fiction</i> che sull'<i>auto</i>, ovvero trattare ciò che leggiamo come fatti finzionali, come letteratura; non come biografia.<br />
<br />
<blockquote>Here are a series of 'choice' extracts that are still in early stages and not in any kind of chronological order. It is autofiction which means that it is rooted in my experiences but it is still fictional. That is an important thing to remember. <small><a href='#Nota4'><b><sup>4</sup></b></a></small></blockquote><br />
Nel libro di Andrews non ho trovato grandi riflessioni sulle difficili condizioni delle famiglie del nord dell'Inghilterra - Lucy nasce e cresce a Sunderland - in riferimento anche al trasferimento della protagonista a Londra. Sebbene Jessica Andrews sia riuscita comunque a costruire uno sfondo sicuramente molto realistico dell'Inghilterra del nord-est negli anni '90, non credo che sia un aspetto particolarmente rilevante ai fini della storia che viene raccontata.<br />
<br />
<p id='Nota1'>[1] <a href="https://www.flavorwire.com/496570/2014-the-death-of-the-postmodern-novel-and-the-rise-of-autofiction">Sturgeon, J., 2020. <i>2014: The Death Of The Postmodern Novel And The Rise Of Autofiction.</i> [online] Flavorwire.</a></p><br />
<p id='Nota2'>[2] <a href="https://www.theguardian.com/books/2019/jun/01/saltwater-jessica-andrews-review">Cosslett, R., 2019. <i>Saltwater By Jessica Andrews Review – A Coming-Of-Age Debut Novel.</i> [online] The Guardian.</a></p><br />
<p id='Nota3'>[3] <a href="http://www.jessica-andrews.com/process">Andrews, J., 2017. <i>Process — Jessica Andrews. 14th March 2017.</i> [online] jessica-andrews.com.</a></p><br />
<p id='Nota4'>[4] Ibidem.</p>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Cologne, Germany50.937531 6.960278650.61747 6.3148316 51.257592 7.6057255999999995tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-78853020082711025212020-05-11T14:00:00.000+02:002020-08-02T23:34:30.907+02:00"Harry Potter" e il confine sottile della letteratura.È paradossale, ma quando si parla di letteratura bisognerebbe andarci con i piedi di piombo e anche con molta leggerezza. Il fatto è che parlare di letteratura per molti è diventato quasi un tabù, un argomento da maneggiare con cura e da non condividere. Forse il problema è proprio questo, perché per quanto la letteratura sia effettivamente un argomento complesso, importante e sì, anche delicato, non ci si può e né ci si deve aspettare che non possa essere di tutti.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3kckzS19Ki2NIzfiM5A4NDWVx3cWX1R2VZ1RH6OcOni1_FMdWmtmD3FuCjN7Ite5O_CkovZpFwqusihxi37b7JWMZPaOyaz1PWpuF1I0M4gcdd5n8-Es48oO3ZJfV-kTrUQ5F1anWMMfu/s1600/harrypoterkindle.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3kckzS19Ki2NIzfiM5A4NDWVx3cWX1R2VZ1RH6OcOni1_FMdWmtmD3FuCjN7Ite5O_CkovZpFwqusihxi37b7JWMZPaOyaz1PWpuF1I0M4gcdd5n8-Es48oO3ZJfV-kTrUQ5F1anWMMfu/s400/harrypoterkindle.jpg" width="323" height="400" data-original-width="985" data-original-height="1220" /></a></div><b>Definire cosa sia letteratura</b> è una questione spinosa e di certo non sarò io a dare una risposta definitiva (anche se in <a href="https://leoredentroailibri.blogspot.com/2019/09/utilitaletteratura.html">questo articolo</a> ci ho provato in maniera molto personale), ma ci si può <b>interrogare</b> con più facilità su una questione emersa da una mia recente rilettura. Parlo di <b><i>Harry Potter</i></b>, il fenomeno letterario e commerciale più grande degli ultimi vent’anni. Considerandone il successo e il fatto che, anche passati decenni le storie del mago più famoso della nostra epoca continuano a stimolare lettori vecchi e nuovi, mi sembra giusto farsi una domanda: <b>Harry Potter può essere considerato letteratura?</b><br />
<br />
<h2><span style="color: #254667;">Perché chiedersi se <b><i>Harry Potter</i></b> sia letteratura?</span></h2>Rileggere la saga di Rowling dopo un bel po’ di anni e ributtarsi tra le pagine con una consapevolezza letteraria più matura è stata una delle <b>decisioni più stimolanti che abbia preso ultimamente</b> in questo senso. Sono curiosa, sono una studiosa che nel mio piccolo si fa sempre – troppe – domande sul mondo e ci sono cascata anche con <b><i>Harry Potter</i></b>. Mi sono chiesta perché nonostante io legga Virginia Woolf, William Faulkner o Paul Auster, rileggere <b><i>Harry Potter</i></b> mi dà tanto piacere come aprire <b><i>L’urlo e il furore</i></b> o <b><i>Trilogia di New York</i></b>? Qual è l’elemento che rende <b><i>Harry Potter</i></b> tanto attraente ora quanto lo è stato ormai vent’anni fa?<br />
<br />
<h3><span style="color: #254667;">Alcuni aspetti da considerare.</span></h3>Al di là di quel microscopico senso di colpa per cui se ti piacciono i mattoni da cinquecento pagine o più ti sembra strano farti piacere romanzi più “leggeri”, <b>c’è anche altro da prendere in considerazione</b>. Prima di tutto, la questione diventa spinosa se non consideriamo due aspetti che potrebbero influenzare il giudizio: <b>la popolarità della saga</b> di <b><i>Harry Potter</i></b> e <b>l’effetto sociale</b> che ha avuto e continua ad avere anche a vent’anni di distanza. Per quanto riguarda il primo aspetto, può essere concesso il beneficio del dubbio per cui <b>se un libro ottiene un successo planetario come quello di Harry Potter possa comunque essere di buona qualità</b>. Il secondo aspetto è legato al primo, perché <b>quello stesso successo è stato scatenato da una serie di condizioni sociali ed economiche</b>, tra cui il fatto che <b>prima di <b><i>Harry Potter</i></b> la letteratura per ragazzi fosse ai suoi minimi storici</b> per numero di lettori <a href='#Nota1'><b>1</b></a>, ma ne ha anche create altrettante simili. Forse si è trattato di una vera e propria rivoluzione non tanto letteraria quanto economica e sociale. Il numero dei lettori bambini e adolescenti è cresciuto e la letteratura per ragazzi ha subito un’impennata notevole negli anni successivi – prima tra tutti la rinascita del tanto dibattuto Young Adult <a href='#Nota2'><b><sup>2</sup></b></a>.<br />
<br />
<br />
Come mi è stato giustamente fatto notare e come ho già sottolineato, <b>Rowling non ha messo in moto una rivoluzione propriamente letteraria</b> perché, se la consideriamo da questo punto di vista, la scrittrice non vanta di una prosa particolarmente raffinata né riconoscibile. Il punto è proprio che non avrebbe avuto senso e non ha senso considerare la questione sotto questo punto di vista per il semplice motivo per cui non si può far leggere a una bambina di dieci anni <b><i>Le onde</i></b> di Virginia Woolf o <b><i>Mentre morivo</i></b> di Faulkner. Non riuscirebbe ancora a seguire una prosa troppo complicata.<br />
Spezzo una lancia a favore di Rowling anche con una certa difficoltà – sono anni che prende scelte e rilascia affermazioni che non condivido – dicendo che <b>si tratta di una scrittrice la cui prosa è cresciuta in parallelo con l’uscita dei libri</b> e con i lettori che li leggevano. Rileggendo <b><i>Harry Potter</i></b> mi sono resa conto di quanto la narrazione maturi allo stesso ritmo degli stessi personaggi e della storia. Non entro nel merito della consapevolezza autoriale di questa scelta, ma per quanta fiducia possa dare alla Rowling del 1997 dubito che sia stato un piano studiato a tavolino. Bisogna tenere in considerazione l’aspetto narrativo della saga se si vuole rispondere anche parzialmente alla domanda iniziale. <br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDXcXoebXft0cNJ3_UQg_zcmiKzYZc4pdr8FvlYfhvCC3s5Y3LDS5yPTw3ynlER3qWWR_R56E-ozE8tP7lrYDGHyPkQz-9rToSBbYZXlNX35kgj75fGeOWfzPxMWiDr8F7iFSeWZARYJsy/s1600/harrypotter.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDXcXoebXft0cNJ3_UQg_zcmiKzYZc4pdr8FvlYfhvCC3s5Y3LDS5yPTw3ynlER3qWWR_R56E-ozE8tP7lrYDGHyPkQz-9rToSBbYZXlNX35kgj75fGeOWfzPxMWiDr8F7iFSeWZARYJsy/s320/harrypotter.jpg" width="259" height="320" data-original-width="750" data-original-height="926" /></a></div><h2><span style="color: #254667;">La vera abilità di J.K. Rowling.</span></h2>Non meno importante, però, è l’aspetto della storia che si lega alla narrazione. A Rowling è stato spesso criticata una struttura ripetitiva e noiosa dei libri <a href='#Nota3'><b><sup>3</sup></b></a> <a href='#Nota4'><b><sup>4</sup></b></a> <a href='#Nota5'><b><sup>5</sup></b></a> ed è innegabile che di sette romanzi almeno tre siano praticamente uguali in termini di struttura. Tuttavia, è anche vero che <b>una struttura tale è necessaria per la storia che è stata sviluppata</b> e che non avrebbe potuto essere diversa da com’è: è proprio la <b>ripetitività</b> dello schema portante a tenere incollati i lettori, soprattutto quelli più piccoli che si possono trovarsi di fronte a un nuovo volume, magari anche a distanza di mesi o anni. <b>Si tratta di una saga nata per bambini</b> e che proprio quei bambini ha visto crescere. Con questo non voglio mettere J.K. Rowling sullo stesso piano di Lewis Carroll o di altri autori di letteratura per ragazzi sicuramenti più abili di lei – e dei quali io conosco veramente pochissimo – perché non sarei sincera. Rowling non è una scrittrice perfetta, non lo è mai stata ma bisogna riconoscerle il merito di aver preso come esempi scrittori più capaci e all’epoca grandi di lei – Astrid Lindgren o Roald Dahl, per citarne due – e di aver dato vita a quella piccola rivoluzione sociale che abbraccia anche alcuni aspetti della letteratura per l’infanzia più in generale.<br />
<br />
<h3><span style="color: #254667;">La lezione dei grandi narratori dell'infanzia.</span></h3>L’elemento vincente è lo stesso di quegli scrittori del XX secolo a cui <b><i>Harry Potter</i></b> deve molto, ovvero il fatto di <b>aver trattato i propri lettori con il rispetto che meritavano</b>. Rowling non ha infiocchettato la storia di Harry di una leziosità nauseante, né ha reso lo sviluppo della storia semplice da digerire sia per i lettori che per i personaggi stessi. È come se, tra le pagine, venisse detto ai bambini ciò che molti adulti non riescono ad accettare: <b>la vita, che sia magica o no, ha i suoi punti di luce e di ombra con i quali bisogna convivere più o meno serenamente</b>. Il pregio di un messaggio del genere è di aver dato prima di tutto il diritto ai bambini di conoscere cosa sia la vita, ma di farne esperienza secondo i loro tempi e modalità. <b>Ai lettori di <b><i>Harry Potter</i></b> non vengono nascosti la morte, il dolore, la sofferenza, il male, la crudeltà ma vengono mostrati come aspetti reali, possibili e anche, come è giusto che sia, come entità che possono essere sconfitte</b>.<br />
<br />
Il confine della domanda posta all’inizio di questo articolo è davvero sottile e non credo esisterà una risposta definitiva che soddisferà tutti quanti. Tuttavia, è bene considerare tutti gli elementi di cui si è parlato per proporre e difendere la propria opinione. <b><i>Harry Potter</i></b> fa parte di una cultura e di un tempo ben preciso e molti lettori sono divisi tra chi afferma che tra cent’anni si parlerà ancora della saga e chi, invece, circoscrive il suo successo agli anni in cui è stata scritta. Io ho qualche dubbio riguardo i meriti letterari della saga di <b><i>Harry Potter</i></b>, soprattutto considerando gli aspetti narrativi, e ho anche riguardi nel considerarla meritevole di attenzione accademica letteraria come è successo in passato <a href='#Nota6'><b><sup>6</sup></b></a> <a href='#Nota7'><b><sup>7</sup></b></a>. <b>Però è chiaro che i propri meriti, che ogni tanto superano quel confine sottile della letteratura, li ha per i motivi espressi nelle righe precedenti</b>. Non ci si può rifiutare di vederne in un fenomeno come questo e nemmeno di negare l’etichetta di letteratura in senso lato a dei libri che, seppur in modo circoscritto, hanno plasmato più di una generazione. Non sarebbe giusto, né per la letteratura, né per i lettori.<br />
<br />
<br />
<h2><span style="color: #98aeb9;"><b>Bibliografia di riferimento (con note).</b></span></h2><br />
<p id='Nota1'><span style="color: #98aeb9;">[1]</span> Ross, Lauren. "The State Of Publishing: Young People Are Reading More Than You". <i>Mcsweeney's Internet Tendency</i>, 2011, <a href="https://www.mcsweeneys.net/articles/young-people-are-reading-more-than-you">https://www.mcsweeneys.net/articles/young-people-are-reading-more-than-you</a>.</p><br />
<p id='Nota2'><span style="color: #98aeb9;">[2]</span> Grady, Constance. "The Outsiders Reinvented Young Adult Fiction. Harry Potter Made It Inescapable.". <i>Vox</i>, 2017, <a href="https://www.vox.com/culture/2017/6/26/15841216/outsiders-harry-potter-ya-young-adult-se-hinton-jk-rowling">https://www.vox.com/culture/2017/6/26/15841216/outsiders-harry-potter-ya-young-adult-se-hinton-jk-rowling</a>.</p><br />
<p id='Nota3'><span style="color: #98aeb9;">[3]</span> Lezard, Nicholas. "Harry Potter's Big Con Is The Prose". <i>The Guardian</i>, 2007, <a href="https://www.vox.com/culture/2017/6/26/15841216/outsiders-harry-potter-ya-young-adult-se-hinton-jk-rowling">https://www.theguardian.com/books/booksblog/2007/jul/17/harrypottersbigconisthep</a>.</p><br />
<p id='Nota4'><span style="color: #98aeb9;">[4]</span> de Vise, Daniel. "Is Harry Potter Classic Children’S Literature?". <i>The Washington Post</i>, 2011, <a href="https://www.washingtonpost.com/blogs/college-inc/post/is-harry-potter-classic-childrens-literature/2011/07/16/gIQA0RS1HI_blog.html">https://www.washingtonpost.com/blogs/college-inc/post/is-harry-potter-classic-childrens-literature/2011/07/16/gIQA0RS1HI_blog.html</a> </p><br />
<p id='Nota5'><span style="color: #98aeb9;">[5]</span> Dickenson, Di. "As Harry Potter Turns 20, Let's Focus On Reading Pleasure Rather Than Literary Merit". <i>The Conversation</i>, 2017, <a href="https://theconversation.com/as-harry-potter-turns-20-lets-focus-on-reading-pleasure-rather-than-literary-merit-78333">https://theconversation.com/as-harry-potter-turns-20-lets-focus-on-reading-pleasure-rather-than-literary-merit-78333</a>.</p><br />
<p id='Nota6'><span style="color: #98aeb9;">[6]</span> Flood, Alison. "Harry Potter Course To Be Offered At Durham University". <i>The Guardian</i>, 2010, <a href="https://www.theguardian.com/books/2010/aug/19/harry-potter-course-durham-university">https://www.theguardian.com/books/2010/aug/19/harry-potter-course-durham-university</a>.</p><br />
<p id='Nota7'><span style="color: #98aeb9;">[7]</span> Rainey, Sarah. "You Can't Be Serious About Harry Potter!". <i>Telegraph.Co.Uk</i>, 2012, <a href="https://www.telegraph.co.uk/culture/books/9272352/You-cant-be-serious-about-Harry-Potter.html">https://www.telegraph.co.uk/culture/books/9272352/You-cant-be-serious-about-Harry-Potter.html</a>.</p><br />
<div align="right">Un ringraziamento enorme va alla mia carissima amica <b>Klara</b>, lettrice sicuramente più brava di me e compagna di chiacchierate sempre stimolanti sulla letteratura. Senza di lei e il suo prezioso aiuto, questo articolo sarebbe un’accozzaglia di idee sparse.</div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com2Rome, Metropolitan City of Rome, Italy41.9027835 12.496365541.524646 11.850918499999999 42.280921 13.1418125tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-15474279171454824292020-04-20T14:05:00.000+02:002020-08-02T23:23:05.119+02:00Un libro per la solitudine: "Sostiene Pereira" di Antonio TabucchiCi sono alcuni libri che ho letto in passato e dei quali non sono mai riuscita a scrivere nemmeno una parola. Pigrizia, paura o l'ignoto, <i style="font-weight: bold;">Se una notte d'inverno un viaggiatore</i> di Italo Calvino o <i style="font-weight: bold;">Trilogia di New York</i> di Paul Auster, ma anche il mio amato <i style="font-weight: bold;">L'urlo e il furore</i> di William Faulkner rientrano in questa lista. Ce n'è uno, però, che non ho mai affrontato per ragioni molto personali ed è <i style="font-weight: bold;">Sostiene Pereira </i>di Antonio Tabucchi. Visto il momento che tutti stiamo vivendo e il tempo passato che mi ha permesso di elaborare quello che mi frullava in testa, forse è arrivato il momento di parlarne.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh21R00clmMcW7M8PGKW8_9wvWhq-GI5Hs5S3zNjJ_HNy1qVu9O2mI-v6DuMcKdbxHzI4bxdm29z8ccAbJbQVIb4jXF3rILn-K9nsXwpVupU7IyK-1Uzi1CkYUs6_a3mmtOekpqtfMTeIPH/s1600/_DSC7168.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1064" data-original-width="1600" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh21R00clmMcW7M8PGKW8_9wvWhq-GI5Hs5S3zNjJ_HNy1qVu9O2mI-v6DuMcKdbxHzI4bxdm29z8ccAbJbQVIb4jXF3rILn-K9nsXwpVupU7IyK-1Uzi1CkYUs6_a3mmtOekpqtfMTeIPH/s400/_DSC7168.jpg" width="400" /></a></div>
<b style="color: #6aa84f;">Autore: </b>Antonio Tabucchi<br />
<b style="color: #6aa84f;">Titolo: </b>Sostiene Pereira<br />
<b style="color: #6aa84f;">Anno di pubblicazione: </b>1994<br />
<b style="color: #6aa84f;">Edizione: </b>Feltrinelli, 2014<br />
<span style="color: #6aa84f;"><b><br /></b></span>
<b style="color: #6aa84f;">Letto da: </b>Sergio Rubini<br />
<b style="color: #6aa84f;">Per: </b>Emons Audiolibri<br />
<br />
<span style="color: #6aa84f;"><b>La mia storia con Pereira: </b></span><br />
<br />
L'aspetto più affascinante della mia storia con <i style="font-weight: bold;">Sostiene Pereira</i> è che non l'ho mai letto in senso letterale, ma <b>ascoltato</b>. Era l'estate del 2018 e mi trovavo ormai da qualche giorno ricoverata in ospedale, da sola e molto triste. Capirete già a questo punto che ci sono un po' di punti di contatto con la situazione che stiamo vivendo tutti in questo periodo, presi molto alla lontana e soprattutto, per mia fortuna, dal punto di vista medico. Sto bene, sono sana e in salute e ciò che è successo nel 2018 fa parte solo del mio passato.<br />
<br />
Ero <b>sconsolata</b> perché non si riusciva bene a capire cosa avessi, molto <b>triste</b> perché lontana nel quotidiano da mia madre e da mio padre ed era uno dei primi importanti <b>allontanamenti</b> da entrambi. Avevo paura di rimanere sola, perché seppure la stanza nella quale mi trovavo ospitava altri pazienti, mi sentivo terribilmente sola. Il mal di testa faceva ormai parte delle mie giornate e non riuscivo a leggere nemmeno una riga dei libri che mia madre mi aveva portato in ospedale per farmi sentire "più a casa". Quindi c'era anche una buona dose di <b>frustrazione</b> per non potermi portare avanti nelle letture, nello studio e...nella vita. <b>Ho dovuto accettare un blocco improvviso alla mia quotidianità</b>, era estate e mi stavo anche abbastanza godendo un periodo di certa spensieratezza; avevo esami da fare davanti a me che mi avrebbero portato alla laurea e non mi stavo minimamente prendendo cura del mio corpo. Insomma, <b>vivevo da un po' di tempo in una specie di limbo dal quale entravo e uscivo per non sentire troppo il distacco da una vita passata che era finita bruscamente qualche mese prima</b>, dall'idea che di lì a breve avrei dovuto prendere una scelta che, seppur piccola nell'assoluto, per me era importantissima: cosa fare dopo la laurea. Ero spaventata e non volevo sentirlo. Arrivata e bloccata in ospedale, perciò, ero stata un po' costretta a fare i conti non tanto con la mia situazione di salute che sul momento non mi preoccupava più di tanto - ci avrei fatto i conti dopo, tornata a casa con il terrore di ammalarmi di nuovo - ma con il fatto di <b>dover improvvisamente cambiare le mie abitudini</b>. Anche alimentari, visto il digiuno totale - sì, anche di acqua - che ho dovuto fare per cinque giorni buoni.<br />
<br />
In questa complicata ma annebbiata situazione in cui sentivo i sintomi ma non la preoccupazione, un mio carissimo amico decise di venirmi a trovare portando con sé il suo <b>iPod </b>con dentro alcuni <b>audiolibri</b>, dopo aver saputo che non riuscivo a leggere niente. Per puro caso, portata dall'ispirazione e da un vago ricordo di quel titolo, decisi di iniziare l'ascolto di <i style="font-weight: bold;">Sostiene Pereira</i>, letto da <b>Sergio Rubini</b>. Fu amore.<br />
<br />
<span style="color: #6aa84f;"><b>Recensione:</b></span><br />
<span style="color: #6aa84f;"><b><br /></b></span>
Il primo <b>elemento </b>che attirò la mia attenzione durante l'ascolto dell'audiolibro fu il <b>ritmo</b>: il romanzo di Tabucchi letto da Rubini è forse la <b>melodia più ben scandita</b> che io abbia mai avuto il piacere di ascoltare; ritmi lenti ma sostenuti che danno un solido supporto alla storia di Pereira, un ritmo che riprende in parte anche la sua vita calma e ripetitiva. Anche lo stesso sintagma "Sostiene Pereira..." che apre paragrafi e capitoli del libro fa parte di <b>quella musica che la narrazione crea</b> in ogni pagina e che porta il lettore alla scoperta di questo uomo apparentemente mediocre.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg739-hKGCafyUiUk7dsu5Iwz_jRUN9bdkQwm31w_-5UBYBHylsZ9a35Sv_32UWhbUIAIJ069Ex9FKEJuTNlbGn8LUtkB5ph-aJtwnB77V0tDIFcA76okfIYnrjL2dG0PNCUEYFoUrWvNfU/s1600/sostienepereira.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="960" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg739-hKGCafyUiUk7dsu5Iwz_jRUN9bdkQwm31w_-5UBYBHylsZ9a35Sv_32UWhbUIAIJ069Ex9FKEJuTNlbGn8LUtkB5ph-aJtwnB77V0tDIFcA76okfIYnrjL2dG0PNCUEYFoUrWvNfU/s400/sostienepereira.jpg" width="300" /></a></div>
<b>Pereira non si scompone</b>, non si agita, svolge diligentemente il suo lavoro che lo mette in un contatto quotidiano con la letteratura, soprattutto quella francese che adora. Pereira è un uomo abitudinario e anche un po' piatto, ma <b>buono</b>. Solo quando <b>Monteiro Rossi </b>fa capolino nella sua vita, il ritmo della narrazione e della vita del protagonista cambia radicalmente, perché Pereira è fondamentalmente bloccato in quella stessa quotidianità e ancorato a un passato del quale non riesce a liberarsi; infatti, tutti i giorni Pereira parla al ritratto della moglie morta anni prima, le chiede consiglio e si confida con lei.<br />
<br />
Monteiro Rossi riesce inconsapevolmente a <b>sbloccare una leva nell'animo di Pereira</b>, il quale si risveglia da un torpore che inibisce tutte le sue facoltà più profonde. Il tempo in cui vive Pereira non è il presente, bensì <b>un passato chiuso nella bolla della sua quotidianità</b>. Il risveglio del personaggio è lento, graduale e accompagnato da una bellissima e nostalgica Lisbona che, con spirito molto umano, vive con la consapevolezza del passato rivolgendo sempre lo sguardo al futuro.<br />
<br />
Questa è forse la <b>lezione più importante</b> che <i style="font-weight: bold;">Sostiene Pereira</i> mi ha insegnato nel tempo. Si è posata dentro di me, ha macerato e ha dato i suoi frutti. Il dottor Cardoso, da cui Pereira si reca per curare la sua obesità, gli rivolge un appunto che racchiude lo spirito non solo di Lisbona, ma di tutto il romanzo e dell'umanità intera:<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
"la smetta di frequentare il passato, cerchi di frequentare il futuro."</blockquote>
<br />
Pereira, bloccato nella fotografia della moglie, prenderà sempre più consapevolezza di sé, del mondo intorno a lui e della tragicità della vita che, lasciando il lavoro da colonnista di necrologi, aveva forse tentato di rimuovere dalla sua vita.<br />
<br />
Ciò che, però, mi ha <b>aiutata </b>forse di più durante la degenza in ospedale è stata la <b>presenza costante del cibo nel romanzo</b>. <b>Pereira ama mangiare </b>e si gusta con una quasi religiosità le sue omelette e la sua limonata al Café Orquidea - che nella mia mente si materializzava come il Café A Brasileira di Lisbona che avevo visitato qualche mese prima in compagnia di mio papà e che compare anche nella copertina dell'edizione cartacea.<br />
<br />
Il cibo diventa piano piano per Pereira un momento di <b>confessione con sé stesso</b>, di riflessione e, come se iniziasse gradualmente ad alzare la testa dal piatto per guardarsi intorno, l'atto del mangiare diventa anche un momento di condivisione con il mondo.<br />
<br />
Dopo giorni intensi di digiuno, ascoltare di quelle deliziose omelette non faceva altro che <b>farmi tornare la voglia di mangiare e di uscire da dove mi trovavo</b>, ma in un modo inaspettato. Sapevo di avere qualcosa da fare dopo e in quei momenti di solitudine e tristezza era una grande consolazione. <b>Perché sapere che <u>c'è</u> qualcosa dopo, qualcosa che siamo curiosi di scoprire e di fare è una bella spinta per andare avanti</b> e non dimenticarsi che al di fuori della nostra esperienza di vita ce ne sono altre che non aspettano altro di essere scoperte.Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com1Roma RM, Italia41.9027835 12.496365541.524646 11.850918499999999 42.280921 13.1418125tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-28948233968887599532020-04-06T14:30:00.000+02:002020-08-02T23:21:32.435+02:00La questione della rappresentazione dell'altro. "Un altro tamburo" di William Melvin Kelley<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMyh0nR_RjKBUSq8aOuvw87HdEXB1QNx7-oAlA2kXc5OI48DxDsPjaFhRUxypZArpQcvf2DEoOspGl-tFHHeOwARBpffsQGLFHyXpsK5VHhhE-tFazbICBdkjX92QVE-RPseJo0aZqb4XY/s1600/melvinkelley+mod.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1037" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMyh0nR_RjKBUSq8aOuvw87HdEXB1QNx7-oAlA2kXc5OI48DxDsPjaFhRUxypZArpQcvf2DEoOspGl-tFHHeOwARBpffsQGLFHyXpsK5VHhhE-tFazbICBdkjX92QVE-RPseJo0aZqb4XY/s400/melvinkelley+mod.jpg" width="323" /></a></div><b><span style="color: #cc0000;">Autore:</span> </b>William Melvin Kelley<br />
<b><span style="color: #cc0000;">Titolo:</span> </b>Un altro tamburo<br />
<b><span style="color: #cc0000;">Titolo originale:</span> </b>A Different Drummer<br />
<b><span style="color: #cc0000;">Anno di pubblicazione:</span> </b>1962<br />
<b><span style="color: #cc0000;">Edizione:</span> </b>NN Editore, 2019<br />
<b><span style="color: #cc0000;">Traduzione:</span> </b>Martina Testa<br />
<br />
Quando mi si presenta sotto gli occhi un romanzo scritto in maniera non convenzionale non posso fare a meno di leggerlo tutto d'un fiato, come è successo con <i style="font-weight: bold;">Un altro tamburo </i>di William Melvin Kelley.<br />
<br />
<b>Autore afroamericano</b> venuto a mancare pochi anni fa, Kelley sembrerebbe a prima vista uno dei tanti autori neri che narrano storie dei neri d'America. La sorpresa di scoprire che non fosse così è stata ripagata con una lettura rapida, appassionante e molto profonda.<br />
<br />
Il <b>motore della narrazione</b> viene svelato subito nella premessa che apre la storia sin dalle prime pagine: nel 1957, a Sutton, una fittizia cittadina del sud degli Stati Uniti tutta la popolazione nera dello stato abbandona le loro case dopo che Tucker Caliban, il primo cittadino nero proprietario di un intero terreno, dà fuoco alla sua casa, uccide le sue bestie e distrugge la terra che gli appartiene. L'evento viene inserito in un <b>prologo</b>, "Lo stato", che dà alcune informazioni storiche sullo stato ex confederato dove si trova Sutton e sembra anticipare la particolarità narrativa di questo romanzo: si tratta di un estratto di un almanacco, inserito come premessa alla storia quasi a <b>sottolineare la veridicità degli eventi narrati</b>.<br />
<br />
Non è un caso, dunque, che <b>la narrazione</b> di quegli stessi eventi sia affidata a voci diverse e spesso contraddittorie che cercano quasi inutilmente di <b>dare un senso</b> a ciò che è successo. Il fatto che tutte le voci narranti appartengano alla <b>popolazione bianca</b> non fa che aumentare la peculiarità di <i style="font-weight: bold;">Un altro tamburo</i>: non è paradossale narrare la dipartita di una comunità da un punto di vista completamente esterno?<br />
<br />
La posizione di questi narratori, forse, mette in mostra proprio la <b>loro reticenza</b>: tra chi cerca di dare una lettura mitica degli eventi come succede con il signor Harper, il primo narratore che incontriamo, e chi invece è interessato a rileggere più se stesso che non Tucker nell'atto del narrare, tutti i narratori che si susseguono condividono un problema a monte: <b>una pretesa di superiorità</b> ormai radicata in una società come quella del Sud degli Stati Uniti che non riesce facilmente a disfarsi di pregiudizi e preconcetti nei confronti dei neri.<br />
<br />
Insomma, <b>il nucleo del problema degli abitanti di Sutton</b> - che è lo stesso di noi lettori - <b>non viene mai esplicitamente affrontato</b>, così che invece di cercare di trovare una ragione agli eventi, questi narratori confusi non fanno altro che portare avanti un tipo di <b>rappresentazione lontana</b> <b>da quella che dovrebbe essere la realtà</b>. Ed è forse proprio a quella realtà falsificata che Tucker ha voluto voltare le spalle. Secondo <b>Trudier Harris</b>, <b>la fuga di Tucker</b> non si realizza solamente in termini pratici, ma si tratta di una fuga dall'immaginazione narrativa di chiunque provi a intrappolarlo, che sia il signor Harper, David Willson o il lettore stesso. <b>Melvin Kelley è riuscito a costruire un personaggio sfaccettato e complesso attraverso l'uso del silenzio</b>. Tucker non proferisce quasi mai parola durante il romanzo e insieme a lui i neri che seguiranno il suo esempio lasceranno le loro vite senza dire nulla.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">Ora Tucker era così vicino che il signor Harper avrebbe potuto allungare una mano e dargli una pacca sulla spalla. Ma il vecchio si limitò a sussurrare, così piano che faticò a sentirlo persino Harry, che era lì a un passo. "Tucker? Ragazzo mio, cosa stai facendo?" Gli uomini aspettavano una risposta. [...] Tucker, però, non diede segno di riconoscerlo, si riempì soltanto la bisaccia.</blockquote><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div>Moltissima della scarna e introvabile bibliografia dedicata a Kelley si concentra soprattutto sul <b>portato mitico</b> di questo romanzo e non a caso. <b>La vicenda di Tucker viene preparata attraverso il capitolo "L'Africano"</b> in cui vengono narrate le vicende del suo antenato, fuggito incredibilmente per giorni dalla prigionia bianca una volta giunto nel Nuovo Mondo. Questa rappresentazione non fa che <b>aumentare l'aura mitica</b> attorno alla figura di Tucker Caliban, ma è giusto anche andare oltre e soffermarsi sulle modalità narrative su cui il libro poggia, perché <b>il mito non è tutto</b>.<br />
<br />
A mio avviso, <b>la rappresentazione è un problema cruciale</b> da affrontare quando si parla di <i style="font-weight: bold;">Un altro tamburo</i>: si tratta di una rappresentazione che, sviluppata attraverso la narrazione di ogni voce, mira a dare un ritratto dell'altro e di sé che, in questo caso, è falsata. <b>I narratori bianchi non mettono mai in discussione loro stessi quando affrontano la questione della fuga di Tucker </b>e né prendono in considerazione il fatto che possano non comprendere ciò che è successo.<br />
<br />
Il desiderio di trovare una ragione a tutti i costi è l'inizio di un fallimento più grande: la possibilità data loro dal gesto di Tucker di abbandonare una <b>rappresentazione binaria</b> in cui esistono neri e bianchi e in cui i due non possono essere uguali o alla pari. <b>L'unico narratore che sembra scavalcare questo binario è un bambino di otto anni</b>, il signor Leeland, l'unico che, in primo luogo, ammette i limiti della sua comprensione e l'unico che, tentando di comprendere mette se stesso e Tucker sullo stesso piano.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq"><i>Tucker ha perso una cosa che non sapeva di avere, non poteva sapere di averla persa. E' assurdo. Bisogna sapere di averla, una cosa, per sapere di averla persa, a meno che non perdi nel senso che vai a cercarla e scopri non è dove l'avevi lasciata, ma comunque se l'hai lasciata da qualche parte dovevi sapere di averla, non è la stessa cosa. Magari è come se qualcuno ti porta una cosa di notte mentre dormi, ma prima che la trovi al mattino, uno tipo Walter </i>[il fratello di Harold] <i>arriva e se la frega, e va a giocarci nel bosco e la lascia lì, dove non la troverai mai, e il giorno dopo la persona che te l'ha lasciata arriva e ti fa "Harold, l'hai trovata quella cosa che ti avevo lasciato?"</i></blockquote><br />
<b>L'autore ha saputo bilanciare bene la ricchezza delle tematiche sviluppate nel romanzo</b>, nonostante il fulcro del discorso sopracitato del piccolo Harold Leeland è stato forse lasciato in modo eccessivo all'immaginazione del lettore. <b>La perdita</b> viene citata per prima proprio da Tucker e sviluppata dal piccolo narratore, fino a chiudere il romanzo non solo a livello narrativo ma anche per il lettore.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXf3qn4Q9VKs6Q-xqjbRUgDdY0geSebiMDDOlUffatBnJlrqGQVTBeZ8-wAZ5XfiU-hGyOycRyBmvQIyLHhTFf2t0VBhkv1Uge2EiCwS9w-adDOXrlBzI7DoyL1oFg8BGa_lEDSfPrwgkp/s1600/Portrait_of_William_Melvin_Kelley_LCCN2004663124.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="420" data-original-width="285" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiXf3qn4Q9VKs6Q-xqjbRUgDdY0geSebiMDDOlUffatBnJlrqGQVTBeZ8-wAZ5XfiU-hGyOycRyBmvQIyLHhTFf2t0VBhkv1Uge2EiCwS9w-adDOXrlBzI7DoyL1oFg8BGa_lEDSfPrwgkp/s320/Portrait_of_William_Melvin_Kelley_LCCN2004663124.jpg" width="217" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">William Melvin Kelley nel 1963.</td></tr>
</tbody></table><b>E' forse la speranza che un po' si perde una volta finito di leggere</b>, per quell'amaro scontro con la realtà del quale il signor Leeland non può ancora rendersi conto. Ma Melvin Kelley riesce a far trapelare anche una nota finale positiva, data da quegli stessi eco opposti che rimbalzano di fronte agli occhi del lettore per tutto il romanzo.<br />
<br />
<i style="font-weight: bold;">Un altro tamburo</i> costringe a spostare la nostra attenzione dai poli precostituiti e<b> ci invita quasi teneramente all'inizio e violentemente alla fine a considerare anche altro</b>. Altri punti di vista, altre verità ma anche l'altro come un'entità uguale a noi, alla pari.<br />
<br />
Non sono un'esperta né una lettrice di letteratura afroamericana, ma già dalla narrazione di questo romanzo e dalla sua premessa si può capire che <b>l'autore aveva tentato di aprire la strada a un nuovo tipo di narrazioni per l'emancipazione della popolazione nera statunitense</b>. Il fatto che questo romanzo sia stato quasi dimenticato negli ultimi decenni non fa ben sperare, ma confido nel fatto che l'intento iniziale possa essere di ispirazione ancora oggi. In fondo, è questo il bello della letteratura.<br />
<br />
<div style="text-align: right;"><b>Piccola ma importante nota a margine: un ringraziamento speciale va a Martina Testa, la traduttrice del romanzo che ha inserito un'interessantissima post-fazione in cui parla proprio del lavoro dietro la traduzione di questo romanzo. Che si possa aprire anche una strada affinché questo spazio ai traduttori e traduttrici venga dato più spesso.</b></div><br />
<hr /><b>Bibliografia di supporto e citata:</b><br />
<div style="text-indent: 2em;">Harris, Trudier. “William Melvin Kelleys Real Live, Invisible South.” <i>South Central Review</i>, vol. 22, no. 1, 2005, pp. 26–47</div><div style="text-indent: 2em;">Anderson, Eric G, "The Real Live, Invisible Languages of "A Different Drummer": A Response to Trudier Harris" <i>South Central Review</i>, Vol. 22, No. 1, 2005, pp. 48-53</div><div style="text-indent: 2em;"><div style="text-indent: 2em;">Gilmartin, Sarah. “A Different Drummer by William Melvin Kelley: The New 'Stoner'?” <i>The Irish Times</i>, The Irish Times, 17 Nov. 2018, <a href="http://www.irishtimes.com/culture/books/a-different-drummer-by-william-melvin-kelley-the-new-stoner-1.3692233">www.irishtimes.com/culture/books/a-different-drummer-by-william-melvin-kelley-the-new-stoner-1.3692233</a>. </div><div style="text-indent: 2em;">Campbell, Jane. <i>Mythic Black Fiction: the Transformation of History.</i> University of Tennessee Press, 1989.</div></div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.496365541.524646 11.850918499999999 42.280921 13.1418125tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-24972600722092240852020-01-09T20:30:00.000+01:002020-08-02T23:21:32.237+02:00Le creature della letteratura: provare a capire "Moby Dick" di Herman Melville<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgEHgfzTM1KobX5VHXoSbhJwgxVIuOh-qVcPAN9Vz9KYTT47Ew7ed1Vwvy6D70Lx9_ZkGtRlCdeo2ixbdruuReatUzpLYOguPUIeahB0v0i5Cpz8MJhvkGAD6wx1w4KaIwjaCkN2kaoS20/s1600/photo_2020-01-08_23-21-51.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1168" data-original-width="1086" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgEHgfzTM1KobX5VHXoSbhJwgxVIuOh-qVcPAN9Vz9KYTT47Ew7ed1Vwvy6D70Lx9_ZkGtRlCdeo2ixbdruuReatUzpLYOguPUIeahB0v0i5Cpz8MJhvkGAD6wx1w4KaIwjaCkN2kaoS20/s400/photo_2020-01-08_23-21-51.jpg" width="371" /></a></div>
<b><span style="color: #3d85c6;">Autore:</span></b> Herman Melville<br />
<b><span style="color: #3d85c6;">Titolo:</span></b> Moby Dick<br />
<b><span style="color: #3d85c6;">Titolo originale:</span></b> Moby-Dick; or, The Whale<br />
<b><span style="color: #3d85c6;">Anno di pubblicazione:</span></b> 1851<br />
<span style="color: #3d85c6;"><b>Edizione: </b></span>Feltrinelli, 2016<br />
<span style="color: #3d85c6;"><b>Traduzione:</b></span> Alessandro Ceni<br />
<br />
E' sempre difficile parlare di classici, soprattutto se si tratta di romanzi con R maiuscola e anche molto lunghi, come nel nostro caso.<br />
<br />
E' capitato che per un senso di dovere a settembre del 2019 abbia deciso di intraprendere la lettura di <i style="font-weight: bold;">Moby Dick</i> di <b>Herman Melville</b> prima di ricominciare l'università. Il pensiero dietro a questa importante decisione era che iniziare una magistrale in Studi Inglesi e Americani senza aver letto uno dei romanzi più importanti della letteratura americana mi sembrava un po' una contraddizione in termini. E così, in compagnia di un'amica con la quale ho avuto la fortuna non solo di condividere la lettura e le impressioni suscitate da essa ma anche e soprattutto la frustrazione, ho iniziato e terminato questo lungo romanzo.<br />
<br />
La fortuna ha voluto che oltre ad una "semplice" lettura, questo romanzo sia stato sottoposto ad un'attenta analisi perché protagonista del primo esame di letteratura americana della magistrale. Ed ecco fatto che un libro che forse, senza critica, non avrei apprezzato a pieno ora è diventata <b>una delle letture migliori </b>dell'anno appena concluso.<br />
<br />
<b>Ma come si può parlare di un romanzo così vasto e così fitto? </b>Non è facile e mai lo sarà, soprattutto se si tratta di una vera e propria creatura vivente come <i style="font-weight: bold;">Moby Dick</i>. Credo che i romanzi giusti - non perfetti, perché la perfezione non esiste ed è anche noiosa - riescano a darti quello che a me ha donato questo romanzo, ovvero un nuovo modo di vedere la letteratura, di capirsi e capire il mondo.<br />
<br />
La trama di <i style="font-weight: bold;">Moby Dick </i>la conosciamo più o meno tutti: <b>Ishmael</b>, narratore omodiegetico - ovvero, presente nella storia narrata - si imbarca sulla baleniera <b>Pequod </b>in compagnia di un amico conosciuto in una locanda sull'isola di Nuntucket, <b>Queequeg</b>. Il desiderio di Ishmael di andare per mare è dovuto a quello che lui chiama <i>hypos</i>, un senso di depressione violenta a causa della quale deve impedirsi di "scendere intenzionalmente in strada e metodicamente sbatter giù il cappello dal capo alla gente" [1] e il cui unico rimedio è mettersi in mare il più presto possibile. Il capitano della baleniera è un personaggio che rappresenta l'<b>emblema del paradosso</b>, <b>Ahab</b>, con il quale Ishmael non solo non interagirà mai ma sarà anche il centro del suo sforzo di capire la sua esperienza a bordo della baleniera.<br />
<br />
<i style="font-weight: bold;">Moby Dick </i>è, infatti, una <b>narrazione retrospettiva</b>, il che significa che il narratore - nel nostro caso Ishmael - racconta i fatti dopo averli vissuti. Di solito, questo implica una serie di <b>problematiche</b> che rendono tutte le narrazioni retrospettive le più interessanti da analizzare. Una di queste è l'<b>affidabilità del narratore</b>: come possiamo sapere che ciò che Ishmael ci racconta sia ciò che è accaduto realmente e non solo la rappresentazione di ciò che il narratore pensa di aver vissuto? Una problematica ulteriore da affrontare è la <b>motivazione della narrazione</b>: perché Ishmael decide di iniziare a raccontare la sua tragica e traumatica esperienza sul Pequod?<br />
<br />
Non disperarti, perché non c'è una risposta del tutto esatta a queste domande. Si possono fare delle ipotesi, però, soprattutto sulla seconda domanda. Una delle ragioni per cui Ishmael decide di narrare la sua avventura è scritta tra le pagine che egli stesso scrive ed è la motivazione della maggior parte delle narrazioni retrospettive: la volontà di <b>capire ciò che è successo</b> e il tentativo di interpretarlo. Questo è ciò che succede al nostro protagonista-narratore.<br />
<br />
<i style="font-weight: bold;">Moby Dick</i> è romanzo che si presta a diverse e, forse, <b>infinite interpretazioni</b> ma ciò che forse fuoriesce dalla lettura di questo immenso tomo della letteratura è proprio la difficoltà di arrivare una soluzione definitiva.<br />
<br />
Ishmael prova, con non poche difficoltà e fallimenti, a <b>sviscerare questioni insolubili della natura umana universale</b>, come il problema del <b>giudizio</b> e del <b>pregiudizio</b> indirizzati rispettivamente sui personaggi di Queequeg e di Ahab. Con il primo, il narratore mostra il processo di presunta eliminazione del pregiudizio nei confronti di ciò che nel mondo occidentale viene considerato un "selvaggio", anche se, alla fine dei conti, la situazione si ribalta: è Queequeg, il cannibale proveniente da un mondo non civilizzato, ad accettare serenamente la coesistenza di più civiltà e ad affrontare, come un vero antropologo, i misteri della vita e della morte.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8ZDsrUnrq9Pbes67Vr7ur1FJYZPkIp_eUiukNQ_hZmfGPP_8pJAO4oiWyb_3pYhstpTw3oEMwJz1wT3WvJFb9iG7EGAvIYS3AX5ZO4sp53fvn307d4GjDH5iTCqP4HwVyU4TRTOzliykK/s1600/photo_2020-01-08_23-24-07.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="960" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi8ZDsrUnrq9Pbes67Vr7ur1FJYZPkIp_eUiukNQ_hZmfGPP_8pJAO4oiWyb_3pYhstpTw3oEMwJz1wT3WvJFb9iG7EGAvIYS3AX5ZO4sp53fvn307d4GjDH5iTCqP4HwVyU4TRTOzliykK/s400/photo_2020-01-08_23-24-07.jpg" width="300" /></a></div>
Con Ahab, la situazione si complica perché, come ho scritto prima, il capitano del Pequod rappresenta l'emblema del paradosso. Ahab ha il potere di attrarre a sé, come un magnete, ciò che lo circonda. Ha <b>abilità oratorie</b> non caratteristiche di un capitano di una baleniera, il che lo rende non solo meno plausibile come presenza su una baleniera ma anche un personaggio di una <b>tragicità profonda</b> in partenza. Ahab intimorisce perché misterioso, "inaccessibile" [2] e autoritario nel costringere - o convincere - tutto l'equipaggio a perseguire il suo scopo ultimo; trovare la Balena Bianca. Ma è soprattutto nell'<b>autorità </b>che Ishmael cerca la componente più umana e meno demoniaca di questo personaggio. Ahab, infatti, è anche un uomo con una storia ben precisa seppur mostrata velatamente e con maestria durante la narrazione, un uomo per il quale lo stesso Ishmael prova <b>compassione</b> e che comunque non riesce a interpretare e capire del tutto. Ahab rappresenta il paradosso in quanto personaggio narrativamente tragico da qualsiasi prospettiva lo si guardi.<br />
<br />
Lo stesso Moby Dick, la balena contro la quale Ahab cerca maniacalmente vendetta, può essere inclusa nella rappresentazione di qualcosa di <b>indefinibile</b>. Due sono i capitoli in cui si vede chiaramente lo sforzo di Ishmael nel tentare di capire questa <b>creatura che infesta il romanzo</b> come uno dei migliori fantasmi della finzione letteraria che mai appare ma è sempre presente. "Moby Dick" e "La bianchezza della balena" sono due capitoli antitetici che completano il quadro: il primo rientra a pieni titoli nel gruppo dei capitoli più tecnici sulle balene, che per molti lettori sono strazianti e infiniti - per non dire anche un po' pallosi, a tratti - e ci mostra il tentativo di <b>ridimensionare l'argomento "balena"</b> a qualcosa che possa dare conforto, come un discorso di natura storica su coloro che hanno incontrato la terribile creatura.<br />
<br />
Il secondo capitolo citato, invece, si muove su binari completamente diversi, rivelando da una parte l'impossibilità di definire qualcosa di così maestoso e <b>sublime come la Balena Bianca</b> e dall'altra la paura di non riuscirci. Moby Dick, la balena dalla bianchezza che è "nella sua essenza non tanto un colore quanto la visibile assenza di colore" [3], <b>rappresenta un po' quello spazio di "sconosciuto" </b>con il quale ogni essere umano, prima o poi, deve confrontarsi.<br />
<br />
Insomma, credo che <i style="font-weight: bold;">Moby Dick </i>rappresenti molte cose, molte letture che ogni persona che vi si avvicina anche solo parzialmente può dare al romanzo. Tuttavia, ritengo che proprio per questa capacità di offrire molteplici soluzioni - senza mai offrirne una definitiva, tra l'altro - di lettura e sensazioni contrastanti, questo romanzo rientri a pieni e meritati titoli nella definizione di letteratura. Non è facile e non lo sarà mai, ma credo che se letto attentamente, <b><i>Moby Dick</i></b> possa offrire ad ogni lettore qualcosa sempre di diverso. Questo fa <i style="font-weight: bold;">Moby Dick</i> ma questo fa, soprattutto, la Letteratura.<br />
<br />
<h3>
<span style="color: #3d85c6;"><b>Nota sulla traduzione:</b> </span></h3>
<i style="font-weight: bold;">Moby Dick</i> è un romanzo di difficile lettura, figuriamoci di traduzione. Alessandro Ceni, il traduttore che ha curato l'edizione Feltrinelli del romanzo, ha fatto un buon lavoro, a mio avviso. Ha deciso coraggiosamente di improntare i riferimenti di Ishmael al lettore - sin dal famoso incipit "Call me Ishmael" - con una seconda persona singolare anziché una seconda plurale. Discutibili, invece, le scelte traduttive dei dialoghi tra personaggi dalle parlate caratteristiche. L'oste della locanda a Nantucket finisce per prendere un vago sentore toscano, un regionalismo probabilmente usato per riprendere la trascrizione del linguaggio orale - e per forza sgrammaticato - dell'oste in lingua originale. Nel complesso, la ritengo una buona traduzione che non appiattisce per nulla lo stile <i>mutaforma</i> di Melville, un lavoro filologicamente attento e curato. La prefazione del traduttore, poi, è la ciliegina sulla torta da leggere assolutamente prima e anche dopo la lettura.<br />
<br />
[1] Capitolo 1. Parvenze (p. 21).<br />
[2] Capitolo 34. La mensa della cabina (p. 185).<br />
[3] Capitolo 42. La bianchezza della balena (p. 231)Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.49636550000002441.524646 11.850918500000024 42.280921 13.141812500000025tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-44256718993706627202020-01-03T18:00:00.000+01:002020-08-02T23:31:12.819+02:00Edimburgo tra libri, letteratura e menzioni d'onore<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZFltaa0qPplAMsC4Du-KK_y2SSdK-tp8jcZAGddF-Vu8DkEeHUPKlSheXjg3N92ed52tAmuGNKj_HTiWBWCIDXv2chbNq27q7_stcVjL83NZ_ufSq3n_YZQZRqy6beQhJ_gq6B8VdOKdr/s1600/Mappa%252Blibri.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="960" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiZFltaa0qPplAMsC4Du-KK_y2SSdK-tp8jcZAGddF-Vu8DkEeHUPKlSheXjg3N92ed52tAmuGNKj_HTiWBWCIDXv2chbNq27q7_stcVjL83NZ_ufSq3n_YZQZRqy6beQhJ_gq6B8VdOKdr/s400/Mappa%252Blibri.jpg" width="300" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La bellissima mappa di Edimburgo è <br />
una collaborazione con <a href="https://www.mapiful.com/" style="font-weight: bold;" target="_blank">Mapiful</a>.</td></tr>
</tbody></table>
Scoprire l'Inghilterra città dopo città sta diventando un'attività decisamente interessante, soprattutto perché si tratta di un agglomerato di storia, letteratura e cultura che viene costantemente valorizzato e donato agli occhi del pubblico (come non succede da altri parti...).<br />
<br />
Anche questa volta, come era successo a maggio con Londra, ho deciso di segnarmi su un taccuino i luoghi più emblematici di una delle città più letterarie d'Europa. Non avrei mai pensato che mi sarebbe piaciuta tanto come alla fine è successo; mi sono innamorata di Edimburgo e credo di poterla consigliare come meta per ogni tipo di viaggiatore - e di lettore.<br />
<br />
<br />
<h2>
<i><span style="color: #cc0000;">Le librerie</span></i></h2>
La prima scoperta che ho fatto su Edimburgo è stato il numero spropositato di librerie presenti. La città non è molto grande e credo che in quattro giorni si possa visitare tutta con una certa calma, ma la quantità di negozi di libri - usati e nuovi - mi è sembrata veramente impressionante in proporzione alla grandezza della città. Ne ho visitate diverse e ce ne sono alcune che mi sento assolutamente di consigliarti.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgL6kT6aO-XKkx-2OiH6ZwjZCpwbK75Y6wZ-r8fvDTRWfNjqkzC9IXSa5HBAJm3ovQw8hIQqlxpJqI7jLGTyatnaMnUCsgArUr8LmQrDeK1BW1gau6EWMLEsLQTZqyZ2rilmeIMPDNDHZbr/s1600/Tills.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgL6kT6aO-XKkx-2OiH6ZwjZCpwbK75Y6wZ-r8fvDTRWfNjqkzC9IXSa5HBAJm3ovQw8hIQqlxpJqI7jLGTyatnaMnUCsgArUr8LmQrDeK1BW1gau6EWMLEsLQTZqyZ2rilmeIMPDNDHZbr/s400/Tills.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Till's Bookshop</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b><i>Till's Bookshop</i> - 1 Hope Park Cres</b><br />
Iniziamo con una delle librerie più belle di sempre, <b>Till's Bookshop</b> che mi sono ritrovata letteralmente sotto l'appartamento che avevamo affittato per i due giorni di permanenza. Ringraziando il caso o chi per lui, ho trovato una delle librerie di seconda mano più belle di sempre. La <b>scelta dei libri è chiaramente curatissima</b> dall'anziano gestore del negozio, un signore avanti con l'età veramente gentile, disponibile e con uno dei toni di voce più pacati che abbia mai sentito (tanto che io e il mio ragazzo abbiamo fatto fatica a capire cosa ci stesse dicendo).<br />
La libreria è divisa per argomenti e gli scaffali sono <b>fitti di libri</b>, al punto che nella sezione di narrativa contemporanea si fa anche una certa fatica a tirarli fuori. Con mia grande sorpresa, la libreria offre una <b>vasta e curata sezione di critica letteraria e scienza</b> che ci ha attratto quasi subito e per colpa della quale siamo rimasti nel negozio per più di quaranta minuti. <b>I prezzi sono ridicoli</b>. Manuali di critica letteraria, antologie o saggi non superano le cinque sterline a volume.<br />
<br />
<b><i>Peter Bell Books </i>- 68 West Port</b><br />
Se siete allergici alla polvere, questo negozio di libri dell'usato non fa per voi. Non mi dilungherò sul fatto che la pulizia dei pavimenti in Inghilterra sembra essere una pratica sconosciuta, ma mi concentrerò anche qui sulla quantità infinita di libri esposti. Da <b>Peter Bell</b> dovrai passarci una giornata intera per riuscire a vedere tutto quello che offre, perché oltre ad essere un negozio grande, i l<b>ibri sono infilati in ogni angolo vuoto</b>. Anche in questo caso, la qualità dei libri è molto alta e ti fa quasi dimenticare gli strati di polvere per terra. La particolarità di questa libreria sono i <b>libri per bambini, classici e contemporanei</b> che avrei voluto volentieri portarmi a casa. I prezzi sono leggermente più alti di Till's, ma per essere una libreria sotto al castello di Edimburgo possiamo anche chiudere un occhio.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkfLe-zodQKPKoEw1j1C-BB-Sr_s0I-ufqJuYg4iaMT3mFtHJZ3WGiOSVIgSFMQcB579oum8E8CqV95Ez0g1GH9lx5Xe2o96N9a89C8IFcePrZY9DZtGaOJJjYpM_H88Dwl3HTu-cLsf02/s1600/Armchair.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkfLe-zodQKPKoEw1j1C-BB-Sr_s0I-ufqJuYg4iaMT3mFtHJZ3WGiOSVIgSFMQcB579oum8E8CqV95Ez0g1GH9lx5Xe2o96N9a89C8IFcePrZY9DZtGaOJJjYpM_H88Dwl3HTu-cLsf02/s400/Armchair.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Armchair Books</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b><i>Armchair Books </i>- 72-74 West Port</b><br />
Praticamente adiacente a Peter Bell, <b>Armchair Books è la libreria più labirintica</b> che abbia visitato nei miei pellegrinaggi esteri. Il cunicolo all'ingresso che mi ha accolta con tantissime edizioni delle opere di Tolkien, è stretto ma accogliente. La libreria è <b>illuminata fino al soffitto</b> e i libri, anche qui, sono infilati in angoli invisibili che solo gli occhi più attenti potranno scovare. Non vorrei essere ripetitiva nel dire che con questo negozio confermo l'elevata qualità dei libri usati che vengono venduti a Edimburgo, ma è così e devo sottolinearlo. Seppur apparentemente disordinata, poi, Armchair Books offre ai lettori un labirinto facilmente percorribile e riconoscibile: ogni sezione viene indicata e, nel <b>retro più disordinato</b> ho trovato delle chicche che non credevo possibile trovare, come una raccolta delle opere di Shakespeare risalente al XIX secolo.<br />
<br />
<i><b>Blackwell's </b>- </i><b>53-62 South Bridge</b><br />
Tra le librerie di catena che vale la pena di visitare c'è <b>Blackwell's</b>, situata in un edificio a tre piani. La libreria è veramente<b> immensa</b> e sempre piena di persone, mi ha offerto spunti di lettura interessanti e libri che non avevo visto nemmeno nelle librerie di Londra. Ogni sezione ha il suo spazio, la sua stanza e il suo addetto, in modo che se anche vi potreste perdere, c'è sempre qualcuno pronto a farvi trovare la strada per l'uscita o per la prossima sezione. Merita una menzione speciale quella di <b>critica letteraria e dei classici</b>, ma anche il terzo piano interamente dedicato alla <b>cancelleria</b> non è male...<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh05ntGhmVHc_cSqBS0hEpLhi6xcgeC2AjtrMg0jYTDCUYOhBuDNWxJZcNV5SjLMQJOxqhVdENdDwPlJwDyIvYzxcUVRVWJKncXPODCOv9qecmOSa_q28DabaecJ_hK1GXigzd93dBPePdO/s1600/mcnauTypeWr.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1500" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh05ntGhmVHc_cSqBS0hEpLhi6xcgeC2AjtrMg0jYTDCUYOhBuDNWxJZcNV5SjLMQJOxqhVdENdDwPlJwDyIvYzxcUVRVWJKncXPODCOv9qecmOSa_q28DabaecJ_hK1GXigzd93dBPePdO/s400/mcnauTypeWr.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Typewronger e McNaughtan's</td></tr>
</tbody></table>
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<b><i>Typewronger/McNaughtan's </i>- 39-49 Haddington Pl.</b><br />
Dall'altra parte della città, quella un po' più vittoriana, si trovano due<b> librerie comunicanti</b>. <b>McNaughtan's</b> è la libreria dell'usato più antica di Edimburgo e vende sia libri usati che da collezione. I prezzi, infatti, non sono bassissimi ma vale la pena farci un salto e sfogliare libri molto antichi seduti sul davanzale di una finestra nel retro del negozio (sì, ho visto una ragazza farlo molto comodamente...). McNaughtan's ospita accanto una libreria molto particolare e anche molto bella, <b>Typewronger Books</b>, che si definisce "la casa di una comunità di lettori, scrittori, artisti e musicisti". Effettivamente il negozio si presenta come un <b>perfetto salotto</b> in cui ci si sente liberi di sfogliare libri, sedersi su una comodissima poltrona di cui il fidanzato febbricitante ha fatto largo uso, e ascoltare la musica in filo diffusione. I prezzi dei libri sono quelli di copertina, ma visto che Typewronger è anche una<b> casa editrice indipendente</b>, vale la pena visitare questo posto così accogliente e magari portarsi a casa anche un libro o due.<br />
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<i><span style="color: #cc0000;">Luoghi d'interesse</span></i></h2>
Per quel che riguarda, invece, i luoghi di interesse da visitare cercherò di essere il più sintetica possibile per il bene di tutti, nonostante ci sarebbero da scrivere pagine e pagine al riguardo.<br />
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Edimburgo è una città che offre veramente tanto in termini di negozi, caffetterie, giardini e anche di cimiteri. Ebbene sì, Edimburgo è una delle città più spettrali d'Europa. Il <b>Greyfriars Cemetery</b>, infatti, viene ritenuto uno dei cimiteri più antichi, con tombe risalenti al XVI secolo che portano rappresentati teschi, ossa e angeli della morte che si allontanano decisamente dalle rappresentazioni della morte alle quali siamo abituati. L'aspetto più interessante è che, spesso, le tombe sono adagiate sui muri degli edifici adiacenti al cimitero, come se nulla fosse. Il <b>confine tra morte e vita</b>, in questa città, sembra essere più labile di quanto si pensi...<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimWAp4jT0yzG7AIjZGBHxtWn1zlMkbqi17Irj9yU5_01aGyoERrWSW3DMwD2NteDl1xP-8gPg5kHuOsdiALh2hW1zoTJK_-nuNJQ3ZMa_bC_rtvhOucQVHld3_42vUH4IIq95aQFZEZTDR/s1600/Frankenstein.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1017" data-original-width="1600" height="203" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimWAp4jT0yzG7AIjZGBHxtWn1zlMkbqi17Irj9yU5_01aGyoERrWSW3DMwD2NteDl1xP-8gPg5kHuOsdiALh2hW1zoTJK_-nuNJQ3ZMa_bC_rtvhOucQVHld3_42vUH4IIq95aQFZEZTDR/s320/Frankenstein.png" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Frankenstein Pub</td></tr>
</tbody></table>
A due passi dal cimitero ci sono due luoghi che gli <b>amanti della letteratura</b> non potranno fare a meno di visitare: il primo è il <b>The</b> <b>Elephant House</b>, ovvero la caffetteria dove J.K. Rowling ha scritto molte delle pagine che abbiamo amato di <i style="font-weight: bold;">Harry Potter</i>, un luogo frequentato anche da scrittori come <b>Ian Rankin </b>o Alexander McCall-Smith.<br />
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Il secondo luogo nel quale bisogna assolutamente entrare almeno una volta è <b>Frankenstein</b>, un pub decisamente in tema con la storia di Mary Shelley e tutto ciò che ad essa si è ispirato. Luci verdi al neon, gabbie, ampolle con strani liquidi, grosse manopole e un'atmosfera altrettanto inquietante. L'ingresso è libero e vi consiglio di prepararvi a prendere un bello spavento appena entrati...<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsDU60USTw4LfEdMBGXW7XGMIgS6UYrtTXn9FFePGH7_AHg4LG9U_F-Sascypvj26NjFW-sZKgu4QB8DEkGOBZ_798H5g8piLZvFZRQBvg9kZ02dhnsa_K5_k3AjaMC1kY3Sj3Ts2qmHt4/s1600/photo_2019-12-14_20-38-26.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="960" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsDU60USTw4LfEdMBGXW7XGMIgS6UYrtTXn9FFePGH7_AHg4LG9U_F-Sascypvj26NjFW-sZKgu4QB8DEkGOBZ_798H5g8piLZvFZRQBvg9kZ02dhnsa_K5_k3AjaMC1kY3Sj3Ts2qmHt4/s320/photo_2019-12-14_20-38-26.jpg" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Galaxy</td></tr>
</tbody></table>
Per gli amanti di <i style="font-weight: bold;">Harry Potter</i> come la sottoscritta - mi dispiace per voi altri blasfemi, ma Edimburgo è anche e soprattutto la città di Harry - ci sono due negozi che si dovrebbero visitare almeno una volta: <b>Museum Context</b>, un negozio di oggettistica molto particolare che assomiglia moltissimo a Mielandia o a Zonko, e <b>Galaxy</b>, un altro negozio decisamente dedicato al mondo di Harry Potter ma anche a quello più Nerd.<br />
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<i><span style="color: #cc0000;">Menzioni d'onore</span></i></h2>
Passiamo all'ultima sezione di questo lungo articolo: le menzioni d'onore. Negozi, bar, musei che ho visitato e ristoranti <i>on a budget</i> per chi, come la sottoscritta, non può permettersi pranzi e cene in compagnia della regina Elisabetta.<br />
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<b>The Milkman Coffee</b> - 7 Cockburn St.<br />
Una piccolissima caffetteria che fa un buon cappuccino e delle torte deliziose, dietro la stazione di Waverly e all'ingresso della città vecchia.<br />
<b>Camera Obscura & World of Illusions </b>- Royal Mile<br />
Una delle più antiche attrazioni turistiche costruite in Inghilterra, che offre tre piani di mostre interattive su illusioni ottiche, luce e colori. Divertentissimo e interessante per adulti e bambini.<br />
<b>Armstrongs Vintage </b>- 14 Teviot Pl. / 81-83 Grassmarket / 64-66 Clerk St.<br />
Oltre alle librerie dell'usato, Edimburgo offre moltissimi negozi di abiti usati e questo è il migliore per il rapporto qualità-prezzo. Vestiti vintage in ottime condizioni e a prezzi veramente ridicoli. Non fare come me, comprate qualcosa e portatelo a casa.<br />
<b>The Scotch Whiskey Experience</b><i> </i>- 365- 555 Royal Mile<br />
La Scozia, nemmeno a dirlo, è la patria del Whisky. In questo gigantesco edificio, oltre ad offrirti una mostra guidata nella storia e creazione, ti coccolano con una degustazione di vari tipi di Whisky da te scelti.<br />
<b>Royal Mile Tavern </b>- 127 High St<br />
Un ottimo pub a prezzi modici per mangiare, dopo una lunga passeggiata, hamburger e patatine e guastarsi una deliziosa birra - meglio la Guinness, ve lo dico io.<br />
<b>Checkpoint</b> - 3 Bristo Pl.<br />
Vicino all'università, questo posticino un po' nascosto ma molto spazioso offre piatti molto buoni e anche molto particolari, adatti anche per vegetariani e vegani. I prezzi non sono bassissimi ma nemmeno esagerati.Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Edimburgo, Regno Unito55.953252 -3.188266999999996255.810968 -3.5109904999999961 56.095535999999996 -2.8655434999999962tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-79199543555420708912019-12-24T15:15:00.000+01:002020-08-02T23:21:36.254+02:00Letture sotto l'albero - i libri da regalare<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEge0BJ365VXus2ca2PmZrjobucBk4adhD_YqExYlFEUYrF2FbGP0U55DAh6D4yxzY-qkElc-3UD2EdfeJhQ4ei3LC9jtVRwNWemZrtvkRaif_QgNXg4cQmSxceiuNjUfduTZaLF5HDbBwRM/s1600/photo_2019-12-24_15-05-25.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1229" data-original-width="925" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEge0BJ365VXus2ca2PmZrjobucBk4adhD_YqExYlFEUYrF2FbGP0U55DAh6D4yxzY-qkElc-3UD2EdfeJhQ4ei3LC9jtVRwNWemZrtvkRaif_QgNXg4cQmSxceiuNjUfduTZaLF5HDbBwRM/s400/photo_2019-12-24_15-05-25.jpg" width="300" /></a>Buongiorno lettrice e lettore e buone feste!<br />
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Devo ammettere che mi fa un po' strano rimettermi a scrivere un articolo per le letture sotto le feste, ma sono comunque contenta. Quest'anno, le letture non saranno propriamente a tema natalizio perché il primo semestre all'università mi ha dato una mazzata sulle spalle non indifferente e gli impegni sono triplicati.<br />
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Tanto perché ci piace cambiare - come alle scale di Hogwarts - ho deciso che per mantenere comunque la tradizione di <i style="font-weight: bold;">Letture sotto l'albero</i> non ti consiglierò libri che parlano solo del Natale ma romanzi e saggi che credo siano perfetti da dare in dono a chi amiamo di più. Ci sono libri che ho letto e che mi hanno riempito il cuore, altri la mente e altri ancora l'anima - addirittura, sì! - e credo che non ci sia regalo più bello del condividere le gioie della lettura con chi abbiamo vicino.<br />
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<span style="color: #cc0000;">Un libro per riempire il cuore</span></h2>
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Il primo che ho il piacere di consigliarti è un classico che, forse, viene letto troppo poco da adulti. Parlo di <i style="font-weight: bold;">Matilda</i> di <b>Roald Dahl</b>, romanzo meraviglioso e sincero sulle avventure di una bambina di cinque anni e mezzo alle prese con un mondo di adulti che non solo non la capisce, ma si fa anche beffa di lei. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV_6TACZFytZ1rGfamC7kGlZ1ngDfgZQF6J_cyKD8lprzEJIStdTuZs_wf89Lw3sxrUFAbTVSPlgq4w6cw8n3OPtS-rEkGkkB6jGzV4H5G5Ru7Yo0sX7Kge7sBL78Tbizx7-b9H1VFelYi/s1600/photo_2019-12-24_15-08-07.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="490" data-original-width="750" height="209" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV_6TACZFytZ1rGfamC7kGlZ1ngDfgZQF6J_cyKD8lprzEJIStdTuZs_wf89Lw3sxrUFAbTVSPlgq4w6cw8n3OPtS-rEkGkkB6jGzV4H5G5Ru7Yo0sX7Kge7sBL78Tbizx7-b9H1VFelYi/s320/photo_2019-12-24_15-08-07.jpg" width="320" /></a></div>
La storia, forse, è conosciuta ai più grazie all'adattamento cinematografico del 1996, film con il quale ho scoperto la storia quando ero una bambina. Matilda è una bambina sola nella sua famiglia, nei confronti della quale il narratore non risparmia taglienti critiche o commenti espliciti sull'ignoranza diffusa in casa Wormwood. Matilda, però, scopre piccolissima i <b>libri</b> che le daranno quella <b>compagnia e quell'amore</b> che sempre aveva sentito mancarle intorno. Il libro è abbastanza diverso dal film, perché sebbene <b>l'elemento magico</b> sia presente in entrambi, nel romanzo fa la sua apparizione dopo la metà. Sembra quasi che Dahl abbia voluto concentrarsi non tanto sulla "facile soluzione" che la magia avrebbe potuto offrire a Matilda per vendicarsi, in qualche modo, di questo mondo di <b>adulti incapace di ascoltare e comprendere la saggezza dei bambini e dei libri</b>, bensì sull'importanza di affrontare questo stesso mondo per potersene distaccare definitivamente. </div>
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<i style="font-weight: bold;">Matilda</i> non è un libro sdolcinato o intriso di una leziosità nauseabonda, tutto il contrario: si tratta di una <b>storia sincera, profonda e reale</b>, cosparsa di una tenerezza che solo i bambini e gli adulti più capaci ad ascoltare sapranno apprezzare. Lacrima assicurata a fine lettura.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGXd6U9lgz2bOOVYP9xleTYCt8Om5L9qtefotLHCYW8lfTLgsxHRMPvrN5avwAEtE2nzxfiNkfg98lIqehWu8DEoHYebJp7RCxiqNfSdzvSHmIVScCLsBza9kHOZ1vlmSjynAl-FXOdUo6/s1600/photo_2019-12-24_00-57-16.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="960" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGXd6U9lgz2bOOVYP9xleTYCt8Om5L9qtefotLHCYW8lfTLgsxHRMPvrN5avwAEtE2nzxfiNkfg98lIqehWu8DEoHYebJp7RCxiqNfSdzvSHmIVScCLsBza9kHOZ1vlmSjynAl-FXOdUo6/s320/photo_2019-12-24_00-57-16.jpg" width="240" /></a><span style="color: #3d85c6;">Un libro da leggere con calma</span></h2>
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Se c'è un libro che si trova sul mio comodino da più di due anni è <i style="font-weight: bold;">Scrivere la vita</i>: più di mille pagine di lettere scritte da <b>Vincent van Gogh</b> principalmente al fratello Theo. Questo non è un libro con il quale mettersi paletti se non quello di gustarselo piano piano quando se ne sente il bisogno. Chi conosce il genio tormentato di van Gogh sa quanto intense siano le sue rappresentazioni della realtà; le lettere riportano quella stessa<b> intensa passione</b> che il pittore metteva nel dipingere paesaggi reali e immaginari, tormentati come la sua anima. Vincent, infatti, era anche un <b>attento lettore</b> e, da ottimo osservatore della realtà, sapeva cogliere l'essenza di ciò che gli accadeva e leggeva al punto da sentirsene sopraffatto emotivamente. Non c'è raccolta di lettere altrettanto <b>bella, ricca e profonda</b> come questa di Vincent van Gogh.</div>
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<span style="color: #6aa84f;">I libri di Virginia per ricordarci l'importanza di esistere</span></h2>
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Sarà forse un po' scontato e la categoria non gli farà assolutamente giustizia, ma questo mi è sembrato l'unico modo per descrivere l'importanza dei saggi scritti negli anni da <b>Virginia Woolf</b>. Autrice del cuore per me e molte altre amiche, un'autrice che può far breccia anche negli animi maschili perché non c'è nessuno che parla di libri, letteratura, società come lei. <b>Ironica, pungente ma sempre profondissima</b>, Virginia Woolf è stata prolifica nella scrittura di articoli e saggi che affrontavano questioni spinose della sua - ma anche nostra - società. </div>
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Primo tra tutti, l'importanza della propria esistenza, della propria voce. Il primo saggio che ti consiglio, infatti, è il più famoso: <i style="font-weight: bold;">Una stanza tutta per sé</i>, da gustarsi senza pregiudizi e con una matita nella mano libera. </div>
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Altrettanta attenzione deve essere dedicata alla raccolta curata da Liliana Rampello, <i style="font-weight: bold;">Voltando pagina</i>. Non si può sbagliare con questo libro se si vuole avere una conoscenza approfondita - ma comunque da poter scandire in vari momenti e a proprio piacere - dell'amore sconfinato di Virginia Woolf per gli aspetti più dinamici della vita: i libri e la letteratura.</div>
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<span style="color: #e69138;">Libri da leggere tutti d'un fiato</span></h2>
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Perché sì, tutti hanno accanto lettori non proprio forti che hanno bisogno di un libro che non li spaventi. Ne ho due, uno in italiano e uno in inglese per chi vuole tentare la sorte.</div>
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<i style="font-weight: bold;">L'ignoto ignoto</i> di Mark Forsyth è un libricino che non sapevi di voler leggere. In pochissime pagine l'autore riesce a spiegare, anche con una certa intensità, un concetto al quale non si fa mai caso quando si entra in una libreria: il piacere di non trovare ciò che cercavi, ma ciò che ti serviva. E' quel libro nascosto nell'angolo dello scaffale, o quello schiacciato in mezzo a due mattoni giganti, ma anche quello in cassa insieme agli altri a cui non presti mai attenzione. Insomma, il piacere di trovare un libro che non sapevi ancora di volere.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNLNr37NQh9MV1euAMVEc8dXPDgYCWs-FmdXLwdCKJzLz4-nd1Ug0V6Wozxu-y4L4IkPzlNBEixm35P8XLB3p1RIjlQ0jo_UM0yTDt6f6BNgPpvGMyjjchd3BYbl02RXKIhtP45Q8XWlK9/s1600/photo_2019-12-24_00-56-00.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1155" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNLNr37NQh9MV1euAMVEc8dXPDgYCWs-FmdXLwdCKJzLz4-nd1Ug0V6Wozxu-y4L4IkPzlNBEixm35P8XLB3p1RIjlQ0jo_UM0yTDt6f6BNgPpvGMyjjchd3BYbl02RXKIhtP45Q8XWlK9/s320/photo_2019-12-24_00-56-00.jpg" width="288" /></a></div>
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<i style="font-weight: bold;">Art Matters</i> di Neil Gaiman - brillantemente illustrato da Chris Riddell - è un libro illustrato e quando Neil Gaiman parla, tutti tacciamo. Sebbene la prima parte di questo libro avrebbe potuto essere sviluppata meglio, la seconda è ciò su cui punterei tutto: l'importanza del fallimento come spinta per trovare la "propria arte", ovvero il proprio modo di raccontare la realtà, la tua storia e la tua mente.</div>
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Credo che anche per quest'anno sia tutto. Avrei voluto fare un lavoro diverso per questa rubrica, ma prendo spunto dall'ultimo libro che ti ho consigliato per farti capire - e far capire a me stessa - quanto sia <b>fondamentale avere la forza di mollare</b> per poter trovare alternative spesso migliori dei primi tentativi. Questi sono i <b>consigli di Neil Gaiman</b> per chi vuole intraprendere una carriera artistica, da freelance o qualsiasi attività che coinvolga la <b>creatività</b>:</div>
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<li>se hai un’idea di cosa vuoi fare o di cosa ti è stato chiesto di fare, vai e falla. Ed è più difficile di quanto suoni e, qualche volta alla fine, tanto più facile di quanto tu possa immaginare.</li>
<li>quando inizi, devi affrontare i problemi del fallimento. Devi avere la pelle dura, imparare che non tutti i progetti sopravviveranno.</li>
<li>mentre stai facendo una buona arte, fanne una tua, fai le cose che solo tu puoi fare. L’unica cosa che hai e che nessun altro ha sei tu. La tua voce, la tua mente, la tua storia, la tua visione delle cose. Perciò, scrivi e disegna e costruisci e suona e danza e vivi come solo tu sai fare.</li>
</ul>
E' su questa nota, spero positiva, che ti auguro tutto il bene, la serenità e la felicità del mondo per queste feste 2019. A presto!</div>
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Francesca, <i>Le ore dentro ai libri</i>.</div>
Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.49636550000002441.524646 11.850918500000024 42.280921 13.141812500000025tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-27219621954306627702019-09-20T14:00:00.000+02:002020-08-02T23:21:32.304+02:00Sull'utilità della letteratura e del leggere libriÈ un dibattito aperto da anni e ormai le risposte che ci vengono date sono innumerevoli, ma è giusto continuare a parlarne: perché leggere? La letteratura è utile? I libri hanno qualche utilità nella nostra vita?<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8xWvtDBuJQO3w5HrffN-KNkR47Ekhu1Of9S6xFRFOsBhPA1vyJoA7WfHLom8Xn6qhc90IoqUYKRh08vtzNZwtJHkrcVvpbYlRekGMN78vfqMWADFfw3cTzWC-A-OwB6vrN6h_Tipy1h3X/s1600/libriletteratura.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1150" data-original-width="750" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8xWvtDBuJQO3w5HrffN-KNkR47Ekhu1Of9S6xFRFOsBhPA1vyJoA7WfHLom8Xn6qhc90IoqUYKRh08vtzNZwtJHkrcVvpbYlRekGMN78vfqMWADFfw3cTzWC-A-OwB6vrN6h_Tipy1h3X/s640/libriletteratura.jpg" width="416" /></a>La domanda non potrebbe essere posta in tanti modi diversi e per alcuni lettori o lettrici la risposta è che l'utilità non esiste, la letteratura è inutile e leggere lo è altrettanto. Allora io, dalla mia umilissima sedia girevole - anche molto comoda - della camera da letto ti dico la mia e <b>ti racconto perché, secondo me, la letteratura sia ancora utile e leggere libri sia importante nella vita</b>.<br />
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Andiamo per gradi, perché è necessario fare delle premesse e definire soprattutto alcune questioni.<br />
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È chiaro, ma è sempre meglio specificare, che quando ci chiediamo se la letteratura sia utile non si può intendere la parola "<b>utilità</b>" in termini di ricavo materiale dall'uso dell'oggetto libro bensì bisogna estendere la definizione ad altri contesti che rendono la questione molto più interessante e complessa.<br />
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Esistono all'incirca <b>tre risposte standard e più comuni alla domanda</b> posta sopra che, in qualche modo, chiariscono la definizione di utilità in questo contesto. La prima risposta è <b>sì, la letteratura è utile perché arricchisce la propria vita</b>, il proprio bagaglio culturale, il lessico e soprattutto l'immaginazione. In questo caso non posso che concordare con una risposta del genere, anche se a mio parere <b>rimane un po' troppo superficiale</b> e poco esaustiva per i "non addetti ai lavori", ovvero i non lettori.<br />
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L'arricchimento personale e l'aumento del proprio bagaglio di conoscenze - grammaticali, culturali, lessicali e via dicendo - è un passaggio al quale si giunge <b>gradualmente</b> e del quale si ha una piena percezione solo dopo un bel po' di pratica. Passatemi il termine, ma per me è così: leggere è una pratica - o esercizio - che ha bisogno di essere coltivata e che, come le piante più belle del nostro giardino, metterà i fiori molto lentamente. <b>In una società come quella in cui viviamo oggi ci stiamo sempre più abituando alla velocità e all'immediatezza di informazioni da captare che riceviamo e scartiamo con estrema facilità</b>: la presenza sempre più massiccia delle serie TV, di film e di social network ci ha abituato a prediligere l'immediatezza e, in molti casi, la mancanza di una riflessione lenta sull'informazione che abbiamo recepito. <b>Far leggere libri, soffermarsi sulle pagine e dare la stessa importanza delle serie TV o dei film alla letteratura sembra ormai a molti un'utopia</b>.<br />
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Andare contro a questo nuovo sistema sarebbe una follia ed è per questo che secondo me è fondamentale e <b>necessario dare delle risposte più esaustive possibili</b> alla domanda posta sopra, non solo per rispetto nei nostri confronti ma anche e soprattutto di chi ci pone la domanda. Altro motivo per cui una risposta emotiva come questa prima proposta <b>può essere migliorata</b>.<br />
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Arriviamo alla seconda risposta più comune: la letteratura e i libri sono utili perché <b>aiutano a risolvere i problemi della vita</b>. E' capitato a tutti di leggere qualche pagina o finire un libro e sentirsi meglio, più leggeri o propositivi verso la vita. Penso alla famosa frase tratta da uno dei film preferiti di sempre, <i style="font-weight: bold;">Matilda sei mitica </i>(a sua volta tratto da <i style="font-weight: bold;">Matilda</i> di Roald Dahl):<br />
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: center;">
" Da questi libri veniva a Matilda un messaggio di speranza e di conforto: tu non sei sola. "</blockquote>
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E' chiaro a tutti noi lettori che i libri siano anche strumenti potentissimi di aiuto in momenti poco felici o che <b>possano funzionare come integratori o aiuto per l'umore</b> in periodi particolarmente positivi. Mi viene in mente anche il famoso libro <i style="font-weight: bold;">Curarsi con i libri</i> di Ella Berthoud e Susan Elderkin, le quali scrivono nella prefazione che "questo libro è un manuale di medicina con qualche differenza.". Al di là della <b>provocazione</b> - spero sia così - l'obiettivo di questo libro è consigliare una serie di romanzi o racconti che, a seconda dell'umore del lettore, dovrebbero "lavorare sulla psiche" per migliorare la sua situazione. Ho seguito solo una volta un consiglio delle due autrici: era il caso di <i style="font-weight: bold;">Nuova grammatica finlandese</i> di Diego Marani - recensito <a href="http://leoredentroailibri.blogspot.com/2017/04/nuovagrammaticafinlandese.html" target="_blank"><span style="color: #cc0000;"><b>qui sul blog</b></span></a> - che, a loro detta, era un romanzo ideale a chi avesse "problemi di identità". Sapevo che non mi avrebbe dato le risposte alle domande che avevo e così è stato, ma il libro mi è piaciuto comunque.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQpNP3M6WKxAHnWHjxSCvrmFJbnnAw1RvRRWKOoK5YiXWzrNS0tMwQikPTWlReydWLxrXsXyGN_fatvWGYS_4cgi2rwU22gsus2-3CW6sNWy4VYFE7xh9K1nJSgbiPhxzY4w3yHDJeQ4C-/s1600/libreria2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="750" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhQpNP3M6WKxAHnWHjxSCvrmFJbnnAw1RvRRWKOoK5YiXWzrNS0tMwQikPTWlReydWLxrXsXyGN_fatvWGYS_4cgi2rwU22gsus2-3CW6sNWy4VYFE7xh9K1nJSgbiPhxzY4w3yHDJeQ4C-/s400/libreria2.jpg" width="300" /></a></div>
Tuttavia, <b>un ragionamento simile deve essere fatto con cognizione di causa</b>: come è successo nel caso precedente, anche ora una riflessione su questa utilità dei libri e della letteratura rimane un po' semplicistica e oserei dire anche ingenua come il buon proposito di <i style="font-weight: bold;">Curarsi con i libri</i>. <b>Non ci si può aspettare ingenuamente che la lettura di un libro possa magicamente risolvere al posto nostro i problemi della nostra vita</b>. Ciò che ci si può aspettare da un libro è che ci indirizzi verso una strada che saremo noi, in seguito, a dover scrutare e decidere se è quella giusta per noi. Ma a questo punto ci arriviamo a breve.<br />
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La terza e ultima risposta alla domanda "E' utile leggere i libri e la letteratura?" è "<b>sì, per il puro piacere di farlo</b>". Affermazione più che legittima ma che può essere approfondita: il piacere di leggere proviene essenzialmente dalla percezione del libro o come "mezzo di intrattenimento" o "mezzo di divulgazione". <b>Tuttavia, quest'ultimo è un aspetto che non sempre deve essere per forza associato alla letteratura, perché non è detto che essa debba avere uno scopo e quindi essere "utile"</b> (al di là del fatto che la letteratura è letteratura e non divulgazione).<br />
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Vi ho sconvolto? Era quello che volevo. L'utilità della letteratura in senso divulgativo abbraccia degli ambiti che sono sempre stati il punto di forza per chi ha voluto far passare la lettura come esercizio necessario e obbligatorio a priori: la lettura e la letteratura sono utili per scopi morali, etici, divulgativi ed educativi. <b>Ma non è sempre così</b> e un ragionamento del genere non può essere così semplice e autoconclusivo.<br />
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Ce lo diceva anche <b>Oscar Wilde</b> con una delle frasi più famose della storia: "<b>L'arte è inutile</b>". Come possiamo prendere una citazione del genere da un artista? <b>Contestualizzandola e analizzandola</b>. Wilde mette in atto una vera e propria provocazione all'interno dell'unico grande principio della tendenza decadente dell'Estetismo, ovvero "<b>l'arte per l'arte</b>": altro non è che una <b>dichiarazione di indipendenza dell'arte</b> dagli scopi preconfezionati, ovvero quelli morali, etici, educativi e divulgativi che le erano sempre stati imposti. Se è pur vero che per Wilde e gli Estetici l'arte deve essere fruita e osservata per quello che è e per la sua bellezza, è altrettanto vero che <b>questa fruizione "estetica" deve avvenire anche e soprattutto in termini di giudizio di gusto, di rapporto tra oggetto e soggetto (un romanzo e un lettore) ma anche trovare un significato o un'interpretazione all'opera stessa</b>.<br />
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Ora riuniamo i punti. <b>E' proprio nell'interpretazione e nella capacità di dare significato ad un libro che si trova il centro della riflessione</b> sull'utilità della letteratura e di leggere libri.<br />
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Nel momento in cui si legge un libro e si dà ad esso un'interpretazione personale si attiva quell'utilità della letteratura e del leggere i libri. <b>Per questo, essi sono utili nel momento in cui ci permettono di analizzare e interpretare un libro</b>. Per quale motivo ciò avviene? Perché <b>i libri pongono domande e propongono riflessioni che a loro volta ne produrranno altre analoghe o contrarie a quella proposta</b>. Credo che l'errore più grande che si possa fare quando si legge un libro e si affronta la letteratura sia aspettarsi delle risposte. I libri non danno risposte, al massimo ne suggeriscono alcune che il lettore o lettrice saranno in grado di cogliere e rielaborare personalmente solo se la loro mente sarà aperta e disponibile a riceverle.<br />
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In breve, <b>i libri sono potenzialmente strumenti utilissimi solo se ne si conosce l'uso</b> e questo processo conoscitivo può avvenire solo con il tempo, leggendo pagine e pagine, fino a sviluppare quella coscienza da lettrice o lettore di cui parlavo prima.<br />
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Concludo aggiungendo che una riflessione del genere può tornare utile anche per capire <b>come far avvicinare i non-lettori ai libri</b>. Credere di poterli convincere con poche parole perentorie che leggere sia utile a loro, al loro animo, alla loro educazione e al loro vivere consapevolmente nel mondo è un errore di molti che spesso porta il non-lettore o la non-lettrice ad allontanarsi dalle pagine e non fare mai più ritorno.<br />
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Non ci si può aspettare che l'utilità della lettura e della letteratura venga capita in questo modo, perché bisogna concedere loro il fatto che non conoscano il mezzo o strumento-libro. <b>Bisogna conceder loro di passare questo percorso profondamente intimo verso il piacere della lettura in modo graduale</b> e, qualche volta, anche l'idea che possa diventare per loro un'attività secondaria e non di prima scelta.<br />
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<b>Consigli di lettura per l'argomento</b>:<br />
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<ul>
<li><i style="font-weight: bold;">Perché leggere i classici</i>, Italo Calvino (Mondadori). Nell'introduzione, Calvino ci ricorda quanto sia importante non solo leggere i classici ma farlo secondo i nostri tempi. Seguono a questa dei saggi su vari scrittori del passato, sia lontano che recente.</li>
<li><i style="font-weight: bold;">Di che cosa parliamo quando parliamo di libri</i>, Tim Parks (UTET). Saggio provocatorio sulla letteratura e i suoi libri, ben costruito nella struttura e anche nei contenuti.</li>
<li><i style="font-weight: bold;">Lezioni di letteratura</i>, Vladimir Nabokov (Adelphi). Nell'introduzione, Nabokov esprime con una certa schiettezza la sua personale idea di letteratura e di come dovrebbero essere letti i libri per costruire una buona identità di "lettore".</li>
<li><i style="font-weight: bold;">Granito e arcobaleno</i>, Virginia Woolf (Nuova Editrice Berti). Raccolta di scritti in cui l'autrice parla non solo della sua idea di letteratura ma anche della sua personale esperienza con la lettura. Sono consigliati tutti i saggi di Virginia Woolf in cui si parla di tali argomenti, come <i style="font-weight: bold;">Voltando pagina</i> (a cura di Liliana Rampello, Il Saggiatore).</li>
<li><i style="font-weight: bold;">Oltre abita il silenzio</i>, Enrico Terrinoni. Saggio sulla traduzione della letteratura in cui si percepisce l'amore e la necessità di avere la letteratura nelle nostre vite.</li>
</ul>
Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com0Roma RM, Italia41.9027835 12.49636550000002441.524646 11.850918500000024 42.280921 13.141812500000025tag:blogger.com,1999:blog-8650572777846239225.post-86486438500459502102019-09-14T14:00:00.000+02:002020-08-02T23:36:09.332+02:00#LeOreconTolkien: creare un intero universo con "Le due torri"<div class="tr_bq">Giunge un po' in ritardo il secondo appuntamento con <b>#LeOreconTolkien</b>, in cui ti aggiorno più che posso sulla lettura dei tre volumi de <i style="font-weight: bold;">Il Signore degli Anelli </i>(ti reindirizzo a <a class="url1" href="https://leoredentroailibri.blogspot.com/2019/06/leorecontolkien0.html" target="_blank"><span style="color: #6aa84f;">questo primissimo articolo</span></a> in cui ti spiego il progetto).</div><br />
Se l'effetto di essermi avvicinata a questo grande romanzo dopo <i style="font-weight: bold;">Lo Hobbit</i> era stato disorientante e impegnativo, con la lettura del secondo volume (<i>The Two Towers</i>) sono andata verso un netto miglioramento della situazione.<br />
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Non ti nascondo che intraprendere la lettura di questo grande romanzo in inglese non è cosa facile, perché per quanto possa conoscere e maneggiare la lingua mi risulta sempre più complesso tenere alta la concentrazione durante la lettura, soprattutto se si tratta di Tolkien. Non è impossibile, ma è comunque impegnativo come leggere qualsiasi libro in qualsiasi altra lingua che non sia la nostra.<br />
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Il problema non è stato comunque la lingua, se non per il fatto che mi sono presa più tempo per leggere tutto con attenzione, perché questo secondo volume, al contrario del primo, è decisamente più complesso sotto vari punti di vista.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA1V0xHG0KGB2aDlR8-Jd-W_HTAEDjj7gOP4_YPuu2M9N2Qo8_8QATN2yoPBx4MjTC5wYWxhubPx_GDSFpwANI2Lc2VRTiSiFXNxaslLOFm7BqDWPTIPc8PlZABIVWkrhQrwdUmfd40a5x/s1600/twotowers.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1038" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA1V0xHG0KGB2aDlR8-Jd-W_HTAEDjj7gOP4_YPuu2M9N2Qo8_8QATN2yoPBx4MjTC5wYWxhubPx_GDSFpwANI2Lc2VRTiSiFXNxaslLOFm7BqDWPTIPc8PlZABIVWkrhQrwdUmfd40a5x/s400/twotowers.jpg" width="323" /></a></div><br />
<h2><span style="color: #6aa84f;">La struttura narrativa del secondo volume</span></h2>Il volume si apre con il <b>Libro III</b> con il quale ci accorgiamo di un elemento che ritroveremo da ora per tutto il romanzo, ovvero la divisione tra la narrazione del percorso di <b>ciò che rimane della Compagnia dell'Anello</b> - Aragorn, Legolas e Gimli, ai quali poi si uniranno Pipino, Merry e Gandalf - e la narrazione del percorso di <b>Frodo e Sam</b>. Quindi, non ci troviamo di fronte ad una narrazione sullo stile di Manzoni, in cui le avventure separate dei personaggi si intrecciano nella narrazione di uno stesso capitolo, bensì proprio il contrario.<br />
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Un tipo di narrazione come quella che Tolkien ha deciso di usare ne <i style="font-weight: bold;">Il Signore degli Anelli</i> è di sicuro più impegnativa, soprattutto nel Libro III. Se nel volume de <i>La compagnia dell'Anello</i> il lettore si era trovato di fronte ad un <b>continuo movimento dell'azione</b> alternato a profonde riflessioni da parte dei personaggi - vedi ne <i>Il consiglio di Elrond -</i>, nel Libro III de <i>Le due torri</i> troviamo inizialmente <b>poca azione e molte, moltissime riflessioni</b>. Il personaggio più tormentato in questo momento è sicuramente Aragorn, il quale sente pesare su di sé non solo la responsabilità della buona riuscita della missione da parte di Frodo ma anche il salvataggio dei due hobbit, Merry e Pipino, caduti nelle mani degli orrendi Uruk-hai, gli orchi di Saruman.<br />
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Verso la fine di questo Libro III l'azione torna al suo apice in due dei momenti più belli del secondo volume: <b>la battaglia del Fosso di Helm</b> - la prima, epica descrizione di una battaglia dell'intero romanzo - e l'incontro con Saruman sconfitto nella sua Isengard ormai distrutta dagli Ent. Riporto qui sotto due passi tratti dal capitolo "Helm's Deep", "Il fosso di Helm", nel quale viene narrata la famosa battaglia.<br />
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<blockquote class="tr_bq">"The sky was now quickly clearing and the sinking moon was shining brightly. But the light brought little hope to the Riders of the Mark [la battaglia è combattuta in piena notte, elemento che arricchisce la narrazione di epicità e tumulto dello sconosciuto]. [...] Orcs and hillmen swarmed about its feet from end to end. Ropes with grappling hooks were hurled over the parapet faster than men could cut them or fling them back."</blockquote><br />
<blockquote class="tr_bq">"Il cielo schiariva rapidamente e la luna che si accingeva a coricarsi brillava intensamente. Ma la luce portò poca speranza ai Cavalieri del Mark. [...] Orchi e Uomini delle montagne brulicavano da un'estremità all'altra della cinta. Corde con ramponi venivano lanciate al di qua del parapetto con tale destrezza e rapidità che i combattenti non facevano in tempo a tagliarle né a respingerle."</blockquote><br />
Per citare il titolo di un famoso film di qualche anno fa...e alla fine arriva Gandalf:<br />
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<blockquote class="tr_bq">"There suddenly upon a ridge appeared a rider, clad in white, shining in the rising sun. Over the low hills the horns were sounding. Behind him, hastening down the long slopes, were a thousand men on foot; their swords were in their hands. Amid them strode a man tall and strong. His shield was red. As he came to the valley's brink, he set to his lips a great black horn and blew a ringing blast."</blockquote><br />
<blockquote class="tr_bq">"Ivi improvvisamente su una cresta apparve un cavaliere biancovestito, e splendente nel sole appena nato. Sui colli più bassi squillavano corni. Sui lunghi declivi alle sue spalle arrivavano a piedi mille Uomini brandendo la spada. Fra loro incedeva un Uomo alto e possente. Il suo scudo era rosso. Giunto all'orlo della vallata, si portò alle labbra un grande corno nero e ne trasse uno squillo vibrante."</blockquote><br />
Nel <b>Libro IV</b> l'azione è diluita in maniera più movimentata nella narrazione ed è qui che i lettori iniziano a rendersi conto del fardello che Frodo deve portare fino al Monte Fato. E' come se la narrazione di questo peso che inizia a farsi sentire sia riflessa nelle lande desolate che Frodo, Sam e Gollum - che si è unito a loro all'inizio del libro - attraversano.<br />
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<h2><span style="color: #6aa84f;">Un'attenzione particolare ai personaggi</span></h2><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgznBHLnWVDedcegPW1uvhEML0D3v4dNnlfSgy7PhlbLULaeZjz-jtgzakj4-KrFIsLnVamus90h8DxTWDexdzj8Vl05xDkUca_FcOn3QgnWefffpiaQOhqzy4hzmrEXB6OZ1KtVHyJKb_K/s1600/cavalierebianco.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="960" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgznBHLnWVDedcegPW1uvhEML0D3v4dNnlfSgy7PhlbLULaeZjz-jtgzakj4-KrFIsLnVamus90h8DxTWDexdzj8Vl05xDkUca_FcOn3QgnWefffpiaQOhqzy4hzmrEXB6OZ1KtVHyJKb_K/s400/cavalierebianco.jpg" width="300" /></a></div>Per quel che riguarda il Libro IV, ma più in generale tutto il secondo volume, uno dei <b>temi ricorrenti nella narrazione è sicuramente quello della crescita dei personaggi</b>. Molti di loro prendono sempre più coscienza di loro stessi, delle loro capacità e responsabilità via via che il viaggio si fa sempre più complesso.<br />
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<b>Aragorn</b>, ad esempio, ha un ruolo secondario rispetto a Gandalf in termini di guida fino alla caduta del mago alle Grotte di Moria. Ne <i>Le due torri</i>, invece, Aragorn è costretto a fare i conti con le sue responsabilità come guida di un gruppo, il che lo porterà ad una consapevolezza tale da poter assumere le sembianze proprie di un Re nell'ultimo volume.<br />
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Anche un altro personaggio di minor "statura" intraprende lo stesso cammino. Parlo di <b>Samvise Gamgee</b>, il cui apice di maturazione verrà però raggiunto nel terzo volume, nel quale il personaggio dovrà confrontarsi con pericoli e responsabilità molto importanti. La scena più toccante in cui Sam è indiscusso protagonista è quella in cui Sam si accascia in lacrime sul corpo apparentemente senza vita di Frodo - trafitto da Shelob - e inizia a chiedersi cosa avrebbe dovuto fare e se proseguire il cammino senza il suo padrone. Il susseguirsi di domande e riflessioni che Sam costruisce nelle pagine successive è a tratti anche comico ma rende alla perfezione la maturazione - esplicita - di questo ingenuo ma fondamentale personaggio.<br />
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Tra i <b>personaggi più interessanti</b> di questo secondo volume c'è sicuramente <b>Faramir</b>, che Frodo e Sam incontrano nel Libro IV. L'incontro segna un <b>punto molto importante</b> nella narrazione delle vicende dell'anello: Faramir è il fratello di Boromir, morto subito dopo essere caduto in tentazione e aver desiderato l'anello mettendo a rischio anche la vita di Frodo. In modo molto scaltro Faramir capisce che Frodo nasconde un segreto e, attraverso delle domande mirate, scopre dell'anello. Al contrario di Boromir, però, <b>Faramir per quanto attratto non cede alla tentazione</b> di possederlo e prende, inconsapevolmente, le distanze dal fratello. Pur essendo molto simili fisicamente - al punto che a Pipino per un momento sembra di vedere proprio Boromir - i due fratelli presentano sostanziali differenze caratteriali: Boromir cede alla tentazione dell'anello perché forse troppo ambizioso, al contrario di Faramir che non solo non desidera quella gloria decantata dal fratello ma rivela una nobiltà d'animo che Tolkien descrive in questo modo:<br />
<blockquote class="tr_bq">"[...] whatever be his descent from father to son, by some chance <b>the blood of Westernesse runs nearly true in him</b> [Gandalf parla di Denethor, padre di Boromir e Faramir]; <b>as it does in his other son, Faramir</b>, and yet did not in Boromir whom he loved best."</blockquote><blockquote class="tr_bq">"[...] quali che siano i suoi avi e i suoi padri, per uno strano caso il sangue dell'Ovesturia scorre quasi puro nelle sue vene e in quelle dell'altro suo figlio, Faramir; non così invece in quelle di Boromir, che pur era il suo preferito."</blockquote>La citazione vuole sottolineare non tanto una discendenza di sangue effettivamente esistente, quanto <b>l'integrità e il valore degli uomini di Númenor</b> (Westernesse) che scorre anche nel sangue di Faramir.<br />
La <b>nobiltà d'animo</b> del personaggio viene dimostrata nel momento in cui rifiuta l'anello:<br />
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<blockquote>"But fear no more! I would not take this thing, if it lay by the highway. Not were Minas Tirith falling in ruin and I alone could save her, so, using the weapon of the Dark Lord for her good and my glory. No, I do not wish for such triumph, Frodo son of Drogo."</blockquote><br />
<blockquote>"Ma non avere più timore! Io non m'impadronirei di codesto oggetto, neppure se lo trovassi lungo la strada, neppure se Minas Tirith stesse cadendo in rovina e io solo potessi salvarla, usando così l'arma dell'Oscuro Signore per il bene della mia città e per la mia gloria. No, non desidero tali trionfi, Frodo figlio di Drogo."</blockquote><br />
<h2><span style="color: #6aa84f;">Le lingue della Terra di Mezzo</span></h2><i>Le due torri</i> segna un passaggio importante anche per quel che riguarda la <b>creazione di un'intero universo</b> da parte di Tolkien. A mano a mano che si va avanti con la lettura si iniziano a notare differenze sostanziali nelle descrizioni che vengono fatte della Terra di Mezzo: come in universo verosimile, <b>le terre e i popoli che la abitano si caratterizzano per linguaggio, usi e costumi</b>. Il primo aspetto è quello che ho trovato più interessante e che avevo notato già durante la lettura del primo volume, nel quale si possono vedere le <b>differenze linguistiche tra i popoli</b> che abitano la Terra di Mezzo da un punto di vista scritto - vedi l'incisione nell'Anello che Gandalf spiega essere scritta nella lingua di Mordor, il Linguaggio Nero (Black Speech).<br />
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Ne <i>Le due torri</i> i diversi linguaggi e le differenze tra essi vengono alla luce nel loro uso abituale, ovvero <b>ne facciamo esperienza attraverso gli stessi personaggi</b>. Si iniziano a notare non solo veri e propri linguaggi finzionali creati <i>ad-hoc</i> da Tolkien, ma a livello narrativo l'autore riesce a trasformarli nei vari aspetti linguistici dell'inglese moderno o quello più antico. Mi spiego meglio:<br />
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Da un punto di vista della <b>struttura della storia</b>, nelle Appendici <b>Tolkien si pone come autore "finzionale"</b>, colui che ha tradotto il famoso <i>Libro Rosso</i> scritto prima da Bilbo, poi completato da Frodo, curato da Sam e tramandato dai discendenti di Pipino e Merry fino ai giorni nostri. Il Tolkien "autore finzionale" spiega nell'Appendice F.II <i>A proposito della traduzione </i>che nel riportare a noi lettori la storia ha dovuto lavorare sul testo originale e<b> tradurlo nell'inglese moderno</b>, rispettando le varie sfumature linguistiche.<br />
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Ecco che gli Hobbit parlano il <i>Common Speech</i> (Lingua Corrente), una lingua traslitterata nell'inglese moderno. Nell'Appendice F.II <i>A proposito della traduzione </i>Tolkien ci dice che:<br />
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<blockquote class="tr_bq">"In questo processo la differenza fra i diversi tipi di Ovestron (<i>Westron</i>) si è inevitabilmente affievolita, malgrado i tentativi di rappresentare tali differenze con variazioni nella nostra lingua; ma la divergenza fra pronuncia e idioma della Contea e Ovestron parlato dagli Elfi o dagli alti Uomini di Gondor era assai maggiore di quanto non risulti da questo libro. Gli Hobbit infatti parlavano per lo più un dialetto rustico, mentre a Gondor e a Rohan era in uso un linguaggio più antico, più puro e formale."</blockquote>L'inglese dei <b>nani</b>, ovvero il Common Speech che essi parlano in presenza di altre razze, presenta un enunciato "gutturale" e molto aspro; <b>il linguaggio di Rohan</b> assomiglia ad un inglese antico e formale perché come ci dice Tolkien "era abbastanza vicino alla Lingua Corrente e strettamente collegato all'antica lingua degli Hobbit settentrionali, e simile in qualche modo all'arcaico Ovestron."<br />
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Il <b>Tolkien autore "vero"</b> (quello esterno al testo, non più finzionale) ha invece creato un vero e proprio impianto linguistico sul quale si appoggia un universo intero. Le lingue che l'autore ha creato sono così ben costruite e articolate anche a livello grammaticale o morfologico da essere del tutto verosimili.<br />
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<div style="background-color: white; font-family: "montserrat";"><span style="color: #6aa84f;"><br />
</span></div><div style="text-align: right;"><div align="right" style="background-color: white; font-family: "montserrat";"><div style="border-radius: 10px; border: 5px solid rgb(106, 168, 79); overflow: hidden; width: 457.094px;"><div style="background-color: white; padding: 5px;"><span style="font-size: small; line-height: 0.5;">Le traduzioni dei passaggi citati o quelli direttamente riportati in italiano fanno riferimento a J.R.R. Tolkien, <i>Il Signore degli Anelli</i>, Bompiani, 2011. L'edizione è curata da Quirino Principe, l'introduzione è di Elémire Zolla e la traduzione di Vicky Alliata di Villafranca (con la quale non concordo su alcune scelte traduttive, ma questo è tutto un altro discorso...)</span></div></div></div></div>Francesca - Le ore dentro ai librihttp://www.blogger.com/profile/05569972209352915145noreply@blogger.com5Roma RM, Italia41.9027835 12.49636550000002441.524646 11.850918500000024 42.280921 13.141812500000025