giovedì 2 febbraio 2017

"Un figlio", Alejandro Palomas

Buongiorno lettore! Questa recensione fa parte delle letture per il Gruppo di Lettura della Libreria Pagina 272 di Roma, e quello del 9 gennaio è stato il mio primo incontro in assoluto. Non avrei mai immaginato che l'atmosfera suscitata dal trovarsi in una libreria potesse rendere l'esperienza ancora più godibile di quanto mi aspettassi. Perciò, buona lettura!

Autore: Alejandro Palomas
Titolo: Un figlio
Titolo originale: Un hijo
Paese: Spagna
Edizione acquistata: Neri Pozza, 2016
Tempo di lettura: 25 dicembre 2016 - 1 gennaio 2017

Recensione:

Non avevo grandi aspettative quando ho comprato il libro, ma mi ero incuriosita leggendo la trama online. Un figlio Ã¨ la storia di Guille, un bambino un po' introverso con una passione sfrenata per Mary Poppins che preoccupa il padre, la maestra e la psicologa scolastica che affianca il bambino. Avere i poteri magici di Mary Poppins risolverebbe tutto ciò che in sospeso per Guille, tra cui il mistero intorno a sua mamma, partita lontano per lavoro e non ancora tornata a casa, o suo padre che ogni sera si chiude nella sua stanza e piange, o addirittura aiuterebbe la sua amica Nazia a restare insieme a lui e non sposare un vecchio signore pakistano che nemmeno conosce. 

Devo ammettere che questo romanzo mi è piaciuto molto, sotto diversi punti di vista.
Ti spiego, però, perché fossi diffidente nei suoi confronti: leggendo la trama, avevo avuto il brutto presentimento che il romanzo trattasse l'orientamento sessuale in ambito infantile in maniera banale e aggressiva, un po' come avviene, a mio avviso troppo spesso, sui social. Il fatto che Guille sia un bambino "diverso" dagli altri, che gli piaccia un personaggio femminile mi aveva portata completamente fuori strada. Devo scusarmi con l'autore per aver pensato che tanta superficialità potesse essere mostrata anche in un romanzo, perché mi sono dovuta ricredere pochi capitoli dopo l'inizio.

Il romanzo, in sé, si inserisce in dei meccanismi particolarmente delicati perché inerenti al rapporto tra padre e figlio. 

Ti anticipo che la narrazione è divisa in più punti di vista, ogni capitolo è dedicato ad un personaggio che parla in prima persona. Il grande merito di Palomas rispetto al personaggio di Guille è stato proprio quello di essere riuscito a rimandarci l'immagine realistica di un bambino che pensa, parla e agisce. Parlare in prima persona, in questo caso, comportava una serie di rischi che l'autore ha evitato con grande maestria.

La narrazione di Guille è logica, lineare come quella di tutti i bambini, privi di preconcetti e osservatori puri del mondo intorno a loro. Grazie all'abilità di Palomas, il libro regala dei momenti veramente toccanti proprio per la loro semplicità.

La strategia di affidare la narrazione a più personaggi fa si che ognuno di loro sia caratterizzato dal proprio linguaggio ed esprima, naturalmente, visioni diverse della stessa scena. I migliori, per me, sono Guille e Manuel, suo padre; il meno interessante si è rivelato la psicologa che a mio avviso è risultata tracciata su dei luoghi comuni ma della quale è messa spesso in risalto la sensibilità nei confronti del bambino. 

Guille, perciò, è il centro del romanzo in quanto bambino e la sua voce è, tra tutte, la più veritiera. Ognuno, comunque, dà il suo contributo necessario alla storia ma si tratta pur sempre di adulti. Il fatto che la narrazione "infantile" sia solo una (la narrazione di Nazia non è presente, infatti) la mette in una posizione di supremazia rispetto alle altre, in modo da rendere non solo Guille protagonista ma anche motore inconsapevole dell'azione.

Palomas non esprime giudizi e non li fa esprimere a nessuno dei narratori, eccezion fatta per Manuel. Non è importante il "giusto o sbagliato" bensì ricostruire qualcosa che si è rotto a causa anche di verità nascoste. La "bugia" di Manuel, infatti, sembra quasi mirata a tenere unito il rotto senza ripararlo...un po' come nascondere le cose sotto al tappeto facendo finta che non ci sia il disordine. 

Il rotto si può riparare, ma solo ribaltando una situazione che non può essere: il titolo del libro è paradossale da questo punto di vista, perché Guille è tutto fuorché un figlio per il padre. Lui è la colonna portante, è lui che sostiene il padre e non il padre che sostiene il figlio. 

Sono arrivata alla fine del libro con il fiato sospeso e gli occhi lucidi, soprattutto perché non ho mai trovato tanta delicatezza nell'affrontare determinati problemi e renderli chiari agli occhi del lettore. 

Una volta giunti alla fine, il libro ci dà l'occasione di rileggerlo daccapo con una nuova consapevolezza e il fatto che vengano ridistribuite le carte in tavola rende questa sensazione ancora più forte.

Questo non credo voglia dire che una seconda lettura soffochi tutte le sensazioni provate durante la prima, anzi, forse proprio il contrario. Ti assicuro che rileggendo poche righe per scrivere questa recensione ho avuto i brividi come la prima volta.

Se sono rimasta un po' sul generico è per non rovinarti la sorpresa finale, per quale ti consiglio di preparare i fazzoletti. Lacrimuccia assicurata!

Fammi sapere cosa hai pensato del libro se l'hai letto, intanto ti auguro una buona serata e spero che la lettura sia stata di tuo gradimento!

Alla prossima,
Francesca, Le ore dentro ai libri.

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